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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AL CARDINALE VICARIO BASILIO POMPILI,
PRESIDENTE DELL'« OPERA
DELLA PRESERVAZIONE DELLA FEDE IN ROMA »

21 novembre 1915

 

A Lei, Signor Cardinale, che con belle parole Ci ha ora presentato gli ascritti alla «Opera della Preservazione della Fede in Roma », esprimiamo la Nostra viva riconoscenza; e i sensi del grato animo Nostro vogliamo attestati anche agli altri Signori Cardinali, che con la loro presenza rendono più solenne questa cara adunanza. Nulla infatti potrebbe riuscire a Noi più gradito che veder circondata dal favore dei più autorevoli personaggi l’Opera importantissima della « Preservazione della Fede in Roma »; imperocché a questa Noi vorremmo assicurato il plauso ed il favore di tutte le classi della società, e giova credere che la benevolenza del clero e del popolo sia per tener dietro a quella dei Cardinali qui presenti.

Un senso di dolorosa meraviglia ha turbato spesso l’animo Nostro, e dal Nostro labbro è uscita spontanea una domanda: perché l’«Opera della Preservazione della Fede in Roma » non è giunta ancora ad essere opera universale pel numero dei suoi ascritti, dei suoi aderenti e dei suoi fautori? Ci rallegrava certamente la notizia dei frutti da essa recati nei primi tre lustri della sua vita: ed oggi si è rinnovata la Nostra soddisfazione nell’ascoltare l’autorevole conferma che il Nostro Cardinale Vicario Ci ha dato delle « belle vittorie e delle soavi consolazioni », attribuite all’Opera suddetta. Ma poiché abbiamo inteso lo stesso Eminentissimo oratore soggiungere « pur troppo sarebbe necessario di fare di più », Ci è tornata un’altra volta sul labbro la domanda: Perché l’Opera della Preservazione della Fede in Roma non ha ancora acquistato quell’universale favore, che solo può renderla atta a corrispondere alla gravità del bisogno? Ci sia lecito, o dilettissimi figli, manifestare pubblicamente la risposta che ha risuonato tante volte nel segreto dell’anima Nostra: L’Opera della Preservazione della Fede in Roma non ha ancora conseguito il favore universale perché finora non se ne conosce universalmente l’importanza e la necessità. Non vi sia chi creda avere Noi la pretesa di indicare, quasi a modo di novità, il mezzo di raggiungere la desiderata universalità di favore verso l’Opera della Preservazione della Fede in Roma. A Noi piace soltanto di trarre buoni auspici dal convegno che gli ascritti e i promotori di quest’Opera ha oggi adunati alla Nostra presenza. Del personale favore dei singoli qua convenuti non è infatti da dubitare: il loro zelo apparve manifesto anche recentemente in molteplici occasioni. Potremmo ricordare ad esempio quanto di bene ha fatto in quest’anno medesimo il Comitato femminile dell’Opera in uno dei quartieri più bisognosi di Roma. Assai opportunamente però l’E.mo Nostro Vicario, nel prometterci continuazione di zelo e accrescimento di favore, ha parlato a nome « di quanti, o in un modo o nell’altro fanno parte dell’Opera ». Noi possiamo dunque dire che almeno i presenti conoscono bene ed apprezzano l’importanza dell’«Opera della Preservazione della Fede in Roma ». Ma il desiderio che hanno avuto di adunarsi oggi alla Nostra presenza non attesta il loro proposito di volersi adoperare in avvenire anche più efficacemente a favore dell’Opera stessa?

Or noi vi saremo grati, o diletti figli, se vorrete perseverare nello zelo che avete dimostrato fin qua; più grati ancora, se non vi spaventeranno i maggiori sacrifizi che le accresciute difficoltà dell’epoca nostra potranno forse richiedere da Voi. Ma Noi vorremmo sopratutto che il vostro proposito di adoperarvi più efficacemente a favore dell’«Opera della Preservazione della Fede in Roma » si traducesse in una cura più costante di far conoscere ad altri il gran pregio di quest’Opera. Basterebbe all’uopo che a quanti parenti ed amici vi fosse dato avvicinare, Voi domandaste animosi, se vedendo un fratello assalito da masnadieri, improvvisamente sbucati dalle foreste, lascerebbero derubar quel povero fratello di ogni suo più prezioso avere. No, mille volte no, risponderebbero quei parenti e quegli amici, memori dei precetti della carità e della giustizia. E allora perché non incalzereste Voi col mostrare i fratelli di Roma esposti agli assalti di ladri peggiori che i ladri usciti dalle foreste? Vi faremmo torto, o figliuoli, se non vi supponessimo consapevoli che la fede è un tesoro di gran lunga più prezioso di tutti i beni della terra, perché « radice e fondamento », di tutta la vita cristiana, perché senza di essa il cristiano « non può piacere a Dio », anzi viene ad essere una contraddizione con se stesso, in quanto che un fedele senza fede non si concepisce. Egli è perciò superfluo l’insistere nel dimostrare che a chi ruba la fede deve darsi il nome di ladro. Ma che cosa fanno cotesti emissari di Satana che in mezzo alla città santa innalzano templi ove a Dio si nega il vero culto, che erigono cattedre pestilenziali per diffondere errori in mezzo al popolo, che spargono a piene mani la menzogna e la calunnia contro la religione cattolica e i suoi ministri? Queste arti diaboliche sono altrettanti assalti alla fede dei figli di Roma, e sono assalti tanto più pericolosi quanto più frequenti, e quanto più insidiosi perché accompagnati troppo spesso dall’allettamento di vantaggi temporali! Oh poveri padri di famiglia, ai quali è offerta la gratuita educazione dei figli a prezzo del loro allontanamento dalla Chiesa!

Oh poveri figli, ai quali è promesso un aiuto per la cadente età dei genitori, se genitori e figliuoli daranno il loro nome alla setta evangelica!

Non fa mestieri insistere più oltre, né descrivere il pericolo che minaccia la fede dei figli di Roma: basta percorrere le vie di quest’alma città per conoscere le arti molteplici, onde la fede cattolica è assalita in questa naturale sua sede. Né fa d’uopo spendere molte parole per mettere in rilievo la maggiore iniquità dell’assalto, appunto perché mosso contro il centro della cattolica religione. Oh! non vi è punto a temere che le porte dell’inferno possano aver prevalenza; ma nondimeno chi non vorrà lamentare, prima il danno che ne verrebbe a questa santa città e poi lo scandalo che ne avrebbe il mondo cattolico, se Lutero e Calvino giungessero a piantare stabilmente le loro tende nella città dei Papi? Voi sopratutto lo lamentereste, o diletti figli, che avete la sorte di apprezzare nel suo giusto valore il tesoro della fede, voi che a ragione deplorate con Noi quell’indifferentismo religioso, che è il primo effetto dell’atmosfera malsana in cui sono costretti a vivere i giovani dell’epoca nostra. Ma che gioverebbe la tardiva lagnanza? È d’uopo preservare la fede di questi nostri poveri fratelli, è d’uopo impedire che ai loro danni si compia l’esecrabile furto. Non Ci sembra, o figliuoli carissimi, che il Nostro linguaggio possa essere tacciato di esagerazione, se « opera di veri ladri » chiamiamo l’insieme degli assalti mossi contro la fede dei figli di Roma. Ma la congiura di questi ladri dev’essere distrutta da una forte organizzazione di difensori della fede, e questa voi l’avete nell’« opera della preservazione della fede in Roma », che opportunamente apre scuole e laboratorii, contrappone buone stampe alle stampe malvage, cura l’educazione dei fanciulli, riconduce genitori e figliuoli nel tempio santo di Dio. A quest’opera continuate dunque, o carissimi, a dare il vostro aiuto, soprattutto di quest’opera fate conoscere l’importanza e la necessità: solo mercé il vostro apostolato « l’opera della Preservazione della fede in Roma » conseguirà quel carattere di universalità, senza il quale se ne aspettano invano i frutti corrispondenti alla gravità dei bisogni. Torniamo col pensiero a ciò che abbiamo detto fin da principio.

L’odierno convegno degli appartenenti ai varii Comitati dell’opera, e sopratutto la presenza degli E.mi membri della Commissione Cardinalizia che ne zela lo sviluppo, Ci affidano dei nuovi incrementi che avrà « l’opera della Preservazione della fede in Roma » mercé la santa campagna che intraprenderanno in favore di essa gli ascritti della prima ora. Oh! si ricordi, così ai vicini come ai lontani, che il Signore comandò a ciascuno di noi « di aver pensiero del nostro prossimo », (E.ccl. XVII, 1); a niuno si lasci ignorare l’obbligo che ha di zelare la conservazione della fede in Roma, perché Roma appartiene ad ogni cattolico, perché ogni cattolico deve dirsi figlio « di quella Roma onde Cristo è romano ». Non vi sia tra voi, o figliuoli, chi si lasci spaventare dai sacrifizi che la nuova propaganda può trarre seco: in alto i cuori! Vi accresca forza e valore il pensiero della sublimità della causa a Voi affidata.

Quanto a Noi, o carissimi, Ci piace ripetere che « l’opera della preservazione della fede in Roma » Ci sta proprio a cuore. Se desideriamo l’estensione del regno di Gesù Cristo anche nelle più lontane regioni, e se Ci rallegriamo del trionfo dei nostri missionarii nel propagare la fede, con altrettanto ardore Noi desideriamo sieno allontanati i pericoli di perversione nei paesi già illuminati dal divin raggio della fede: vorremmo anzi dire che la propagazione della fede Ci apparirebbe vana, se non potesse contare sull’opera della preservazione della fede medesima. Di qui vorrà ognuno comprendere che Ci adopreremo sempre a favorire quest’opera; di qui nessuno vorrà meravigliare che, malgrado le attuali strettezze della Santa Sede, Noi abbiamo oggi determinato di elargire « all’opera della Preservazione della fede in Roma », uno straordinario sussidio di venticinquemila lire, in memoria del presente e grandissimo convegno. Ci è caro assicurare i Nostri figliuoli che quanto più lavoreranno in favore dell’« opera della Preservazione della fede in Roma », tanto più meritevoli si renderanno della Nostra benevolenza. Noi, inspirandoci fin d’ora a questa benevolenza, invochiamo le celesti benedizioni su quanti continueranno a favorire l’opera che Ci sta tanto a cuore.

La benedizione del Signore sia premio allo zelo degli E.mi Cardinali nel dirigere « l’opera della Preservazione della fede », mantenga ed accresca i buoni propositi ai quali oggi si informano i membri dei due Comitati, maschile e femminile: renda santamente feconde le industrie della Giunta amministrativa, e soprattutto ottenga che, così per la molteplicità dei frutti come per il numero dei suoi fautori e aderenti, « l’opera della Preservazione della fede in Roma » possa dirsi davvero: opera universale.

 

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