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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AL SACRO COLLEGIO DEI CARDINALI
NELLA VIGILIA DELLA SOLENNITÀ DEL NATALE

24 dicembre 1916

 

Al Cardinale Vincenzo Vannutelli,
decano del Sacro Collegio dei Cardinali.

Ancora una volta, ed è già purtroppo la terza, nel travagliato avanzare del Nostro Supremo Ministero, il dolce rito della Solennità Natalizia Ci offre di poter constatare quanto strettamente il Sacro Collegio sia unito alla Nostra Persona.

Ravvisiamo una prova di tale unione nel confortante compiacimento che i Cardinali di questa Romana Chiesa, sempre madre dei derelitti e sempre soccorritrice dei miseri, hanno voluto esprimere per l’umile opera Nostra, intesa a lenire, finché non sia restituita la pace, i mali della guerra. Ne sia lode al Signore Nostro Gesù Cristo che, coprendo della Sua persona le membra dei sofferenti, ispira, riceve, avvalora le opere della carità.

Ma argomento anche più chiaro di siffatta adesione Ci vien pôrto dalla identità di pensieri e di aspirazioni, che il Sacro Collegio, per bocca del Venerando Decano, alle cui parole conferiscono speciale valore la lunga esperienza e il vigile senno, ha dichiarato di aver comune col Capo della Chiesa.

Eco armoniosa dell’unanime coro degli Angeli, le cui limpide note non cessano di risonare possenti pur nel fragore delle armi e nelle esplosioni degli odii, la voce di Lei, Signor Cardinale, ha ripetuto l’augurio proprio di Gesù e della festività del suo Natale, l’augurio « della pacificazione degli uomini »; e non ha dimenticato, quasi a chiarimento della fin qui inesaudita preghiera, di fare caldi voti, affinché alla ricerca della pace, costante Nostro sospiro, non manchi per parte di alcuno quella condizione che all’annunzio di essa fu compagna anche nella grotta di Betlemme: pace agli uomini « di buona volontà ».

Quanto Ci giunge accetto questo voto, e come Ci sembri opportuno il monito che lo accompagna, Noi non Ci stancheremo di ripeterlo.

La necessaria condizione del buon volere menzionammo Noi in più documenti del Nostro Pontificato, ed il ricordo di essa, alla stessa guisa che il Nostro primo Predecessore, (2a – Petri, 1, 13), reputiamo dover Nostro di risvegliare mediante i Nostri moniti indirizzati a tutti indistintamente i figli Nostri «…iustum arbitror… suscitare vos in commotione ». E come infatti potrebbero i figli Nostri aspirare con Noi alla pace, a quella pace giusta e durevole che deve metter fine agli orrori della presente guerra, se nessun bene condizionato potè mai conseguirsi senza l’osservanza della condizione, e il « pax hominibus bonae voluntatis » suona oggi promessa condizionata né più né meno che quando echeggiò la prima volta sulla culla del nato Redentore?

Più e più volte, nel tremendo corso dell’orribile bufera che avvolge sì gran parte del mondo, leggendo le suppliche delle madri, delle spose, dei padri, dei figliuoli, e misurando collo sguardo e col cuore le rovine sociali e domestiche dell’immenso cataclisma, riandammo le lacrime versate da Gesù al cospetto di Gerusalemme peccatrice, incredula, proterva. Ma più che le lacrime, di per sé tanto eloquenti, Ci atterrirono le meste parole del Redentore, « quia si cognovisses et tu… quae ad pacem tibi, nunc autem abscondita sunt oculis tuis… eo quod non cognoveris tempus visitationis tuae ». Oh! conosca ora, fra gli angelici concenti ed il soave allettamento del Pacifico Bambino, conosca ora la terra « quae ad pacem sibi »: secondino i potenti, per arrestare il corso alla distruzione dei popoli, la voce di questo eccelso Senato: riflettano le Nazioni che la Chiesa, al lume della Fede, e mercé l’assistenza di Couli che è via, verità e vita, vede, anzi intuisce assai più lontano che non le pupille dell’umana fralezza; cedano alfine i contendenti alle replicate ammonizioni e alle preci del Padre della cristiana Famiglia, e preparino per le vie della giustizia, l’avvento e l’abbraccio della pace, affinché nuova spiegazione possa avere ai dì nostri la parola dell’antico salmista: « iustitia et pax osculatae sunt » (Salmo LXXXIV, 11).

A sperare non più lontano l’appagamento di questo Nostro voto Ci confortano le espiatrici sofferenze dei buoni e le sante invocazioni dei Nostri diletti figli, primi fra tutti i membri del Sacro Collegio.

E Noi, sicuri delle sorti della Chiesa, alla quale, tra le aspre e le liete vicende, non sarà mai per mancare la onnipotente mano di Dio, guardiamo con fiducia anche all’avvenire degli Stati, cui, nella sua misericordia, il Signore non fece insanabili.

Guardiamo fiduciosi anche Voi, signori Cardinali, ed a quanti Vi fanno degna corona, partecipi tutti, in varia misura, dell’esercizio di quella carità, che è stata sempre il fortunato retaggio, ed ora specialmente è il più nobile compito della Chiesa di Roma. Se a Voi, nel vostro affetto di figli, piacque di confortarCi colla preghiera della Chiesa: « Dominus conservet eum, vivificet eum », piace a Noi, alla Nostra volta, pregare il Padre Celeste perché « quos dedit mihi non perdam ex eis quemquam »; piace altresì scongiurarlo, perché attinta alla culla di Gesù « pax Dei, quae exsuperat omnem sensum, custodiat corda vestra et intelligentias vestras » (Philipp. IV, 7); piace infine confortarvi con quel pegno di paterno amore che, nelle difficoltà della vita, corrobora il cuore dei figli, e che Noi vi porgiamo, impartendovi con effusione di animo l’Apostolica Benedizione.

 

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