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ALLOCUZIONE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AI CARDINALI DURANTE IL CONCISTORO SEGRETO 
NEL PALAZZO VATICANO


«ANTEQUAM ORDINEM»

10 marzo 1919

 

Venerabili Fratelli.

Prima di procedere alla nomina dei Vescovi per le sedi vacanti, il che è il principale motivo per cui vi abbiamo oggi qui convocati, Ci piace manifestarvi, con riferimento al Nostro dovere apostolico, quali sono attualmente le Nostre cure e preoccupazioni riguardo all’Oriente cristiano.

La Chiesa Orientale fu sempre oggetto di speciali premure da parte dei Romani Pontefici, i quali, dovendo provvedere al governo della Chiesa universale, attendono nel tempo stesso all’incremento e alla salute delle Chiese particolari, ed era ben giusto e naturale che rivolgessero le loro peculiari sollecitudini a quella Chiesa ove si ebbero, con gl’inizi dell’opera della redenzione, i primi fiori dell’Apostolato e del martirio, seguiti da insigni frutti di santità e di sapienza. E fu invero meraviglioso lo splendore di quella Chiesa ai felici tempi dell’unione, quando essa dava a questa Sede Apostolica Pontefici gloriosi, e quando quei grandi luminari d’ingegno, di virtù e di dottrina che furono Basilio, Atanasio, i due Gregori e il Crisostomo, rischiaravano tutto il mondo cristiano. Memori di così vetusta grandezza, i Nostri Predecessori non solo tutelarono la conservazione delle abitudini e delle tradizioni orientali separatamente da quelle latine, ma ebbero in grande onore i loro magnifici riti, prescrivendo che fossero mantenuti in tutta la loro purezza, affinché meglio risultasse la bellezza della Sposa di Cristo « cinta di vari colori nell’abito dorato ». È noto anzi che tali riti, per disposizione della Sede Apostolica, furono regolarmente celebrati nella stessa Roma, e che, mentre nel Calendario della Chiesa Romana s’inserivano i santi Pontefici e i Dottori d’Oriente, la liturgia latina si adornava delle loro sapienti omelie. Del resto sono numerosi i documenti della pontificia sollecitudine a favore della Chiesa Orientale, diretti sia a promuovere la prosperità con provvidenze di varia natura, sia a difendere e proteggere quelle cristianità, così spesso esposte alle incursioni nemiche. Non è questo il luogo di enumerare i caldi e pressanti inviti che i Nostri Predecessori rivolsero alle Chiese dissidenti, affinché quanto prima ritornassero a questo centro dell’unità e della vita, da cui si erano miseramente allontanate, e riprendessero quelle tradizioni di ossequio e di obbedienza verso questa Cattedra di Pietro, di cui diedero esempi splendidi i Padri Greci nei Concilî ecumenici di Efeso e di Calcedonia.

Anche Noi, appena assunti, per arcano disegno di Dio, al governo di questa Chiesa Romana, che è « radice e matrice della Chiesa Cattolica », rivolgemmo lo sguardo e la cura amorevole tanto alle Chiese di Oriente tuttora congiunte a questa Sede Apostolica, « dalla quale è nata l’unità sacerdotale », quanto a quelle che da essa si separarono; e, sulle tracce dei Nostri Predecessori, Ci proponemmo di richiamare le prime all’antico splendore, e di ricondurre le altre all’unità della fede.

Per prima cosa fondammo la Sacra Congregazione destinata esclusivamente a trattare gl’interessi della Chiesa Orientale; successivamente istituimmo un Istituto di studi dove tanto i latini come gli orientali, anche dissidenti, potessero acquisire una copiosa e profonda cultura di tutto l’Oriente cristiano. E per meglio dimostrare agli Orientali la Nostra benevolenza, onorammo tale Istituto col titolo di Pontificio, ponendolo sotto il Nostro speciale patrocinio, e riservammo a Noi stessi e ai Nostri Successori la prefettura della suddetta Congregazione.

Né soltanto al futuro bene della Chiesa d’Oriente, a cui appunto mira l’Istituto, Noi cercammo di provvedere; ma finché durò la terribile guerra, Noi spendemmo tutta l’opera Nostra per alleviare le immense miserie ond’erano oppresse le genti che abitavano nei territori della Russia, nei Balcani e in Turchia. Infatti scorgevamo qui intieri popoli massacrati fin quasi allo sterminio; là, schiere d’infelici abbandonare le loro case e rifugiarsi sui monti, vittime delle intemperie e dell’inedia; altrove, comunità cristiane disciolte, sacerdoti espulsi e imprigionati; chiese, monasteri, scuole, ospizi convertiti ad usi profani; i beni ecclesiastici e privati dilapidati e dispersi. A tutti questi mali procurammo di portar rimedio per quanto Ci fu possibile e senza distinzione alcuna di nazionalità o di religione. Ci preoccupammo soprattutto degli Armeni e degli abitanti della Siria e del Libano, come quelli che più frequentemente vedevamo afflitti dalle deportazioni, esposti alle torture della fame e persino trucidati in massa.

Perciò a favore degli Armeni in generale, e di coloro in particolare che erano o condannati a morte o bisognosi comunque del Nostro aiuto, personalmente e ripetutamente Ci siamo rivolti all’Imperatore degli Ottomani, ovvero ne abbiamo caldamente raccomandato la causa a quei Sovrani che Ci parevano su di lui maggiormente influenti. Riuscimmo così, col divino aiuto, a impedire in vari luoghi le stragi e a salvare non poche vite. Mossi a compassione dei numerosi orfanelli d’Armenia, aprimmo per loro un asilo a Costantinopoli. Per quanto riguarda la Siria e il Libano, per allontanarne i temuti orrori e per il vettovagliamento di quegli abitanti, abbiamo sollecitato l’intervento e l’appoggio dei vari governi. Tutti insomma gl’infelici d’Oriente Noi cercammo di soccorrere, con mezzi morali e materiali, coadiuvati in ciò dallo zelo dei Nostri rappresentanti. In verità, se in forza dell’armistizio tace per ora il fragore della guerra, non cessano però le Nostre preoccupazioni più vive per l’Oriente Cristiano. Colà infatti i più gravi sconvolgimenti politici e sociali, e le accese lotte di nazionalità impediscono tuttora il normale sviluppo della vita civile e religiosa, specialmente tra le popolazioni soggette all’Impero Russo, dove la proclamata libertà di culto aveva destato liete speranze di un migliore avvenire. Nelle altre parti d’Oriente, poi, è questo il luttuoso spettacolo: Missioni disperse; moltitudini di cristiani prive di chiese e di pastori; popoli che combattono al loro interno per i problemi della libertà e che sono ridotti alla mancanza di tutto.

Ma quello che Ci preoccupa in un modo assolutamente particolare è la sorte dei Luoghi Santi della Palestina, e ciò per quella speciale dignità e importanza per cui sono così venerati da ogni cristiano. E chi mai saprebbe ridire tutti gli sforzi compiuti dai Nostri Predecessori per riscattarli dal dominio degli infedeli, le fatiche e il sangue versato dai Cristiani d’Occidente nel corso dei secoli! Ed ora che, tra la grande esultanza di tutti i buoni, tali luoghi sono ritornati finalmente in mano ai Cristiani, vivissima è l’ansia Nostra per quello che di essi deciderà tra poco a Parigi il Congresso della Pace: poiché sarebbe certo un grave dolore per Noi e per tutti i fedeli Cristiani, se gl’infedeli venissero a trovarsi in Palestina in una posizione di privilegio e di preponderanza; molto più, poi, se quei santuari santissimi della Religione cristiana venissero affidati ai non cristiani.

Sappiamo pure che stranieri acattolici, forniti abbondantemente di mezzi, approfittando delle grandi miserie e rovine provocate dalla guerra in Palestina, vi stanno disseminando i loro errori. È davvero angoscioso il pensiero che proprio là, dove Gesù Cristo Signor Nostro acquistò per loro la vita eterna a prezzo del suo sangue, tante anime, perdendo la fede cattolica, corrano verso la dannazione. Sprovvisti di tutto, quei miseri Ci stendono supplici le braccia, implorando non solo viveri e indumenti, ma anche la riedificazione delle loro chiese, la riapertura delle scuole, il ristabilimento delle sacre Missioni. A tale scopo, per parte Nostra, Noi abbiamo già destinato una certa somma, e ben volentieri assai più saremmo disposti a dare se non ce lo impedissero le strettezze in cui versa la Sede Apostolica.

È però intenzione Nostra interessare tutti i Vescovi dell’orbe cattolico, perché prendano a cuore una causa così nobile suscitando in tutti i fedeli quel senso di fraterna carità che gli avi sempre nutrirono verso gli Orientali.

Confidando vivamente, il che più importa, che in ciò non mancherà il soccorso divino, passiamo alle nomine dei Vescovi.

 

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