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BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 10 marzo 2010  

 


 

Basilica Vaticana
 

Ai partecipanti al Pellegrinaggio della Fondazione Don Carlo Gnocchi

Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di accogliervi in questa Basilica e di rivolgere a ciascuno il mio cordiale benvenuto. Saluto il pellegrinaggio promosso dalla Fondazione Don Carlo Gnocchi dopo la recente beatificazione di questa luminosa figura del clero milanese. Cari amici, ho ben presente la straordinaria attività che dispiegate in favore dei bambini in difficoltà, dei disabili, degli anziani, dei malati terminali e nel vasto ambito assistenziale e sanitario. Mediante i vostri progetti di solidarietà, vi sforzate di proseguire la benemerita opera iniziata dal beato Carlo Gnocchi, apostolo dei tempi moderni e genio della carità cristiana, che raccogliendo le sfide del suo tempo, si dedicò con ogni premura ai piccoli mutilati, vittime della guerra, nei quali scorgeva il volto di Dio. Sacerdote dinamico ed entusiasta e acuto educatore, visse integralmente il Vangelo nei differenti contesti di vita, nei quali operò con incessante zelo e con infaticabile ardore apostolico. In questo Anno sacerdotale, ancora una volta la Chiesa guarda a lui come a un modello da imitare. Il suo fulgido esempio sostenga l’impegno di quanti si dedicano al servizio dei più deboli e susciti nei sacerdoti il vivo desiderio di riscoprire e rinvigorire la consapevolezza dello straordinario dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo.

Concludiamo questo nostro incontro cantando la preghiera del Pater Noster.


Aula Paolo VI

San Bonaventura (2)

Cari fratelli e sorelle,

la scorsa settimana ho parlato della vita e della personalità di san Bonaventura da Bagnoregio. Questa mattina vorrei proseguirne la presentazione, soffermandomi su una parte della sua opera letteraria e della sua dottrina.

Come già dicevo, san Bonaventura, tra i vari meriti, ha avuto quello di interpretare autenticamente e fedelmente la figura di san Francesco d’Assisi, da lui venerato e studiato con grande amore. In particolar modo, ai tempi di san Bonaventura una corrente di Frati minori, detti “spirituali”, sosteneva che con san Francesco era stata inaugurata una fase totalmente nuova della storia, sarebbe apparso il “Vangelo eterno”, del quale parla l’Apocalisse, che sostituiva il Nuovo Testamento. Questo gruppo affermava che la Chiesa aveva ormai esaurito il proprio ruolo storico, e al suo posto subentrava una comunità carismatica di uomini liberi guidati interiormente dallo Spirito, cioè i “Francescani spirituali”. Alla base delle idee di tale gruppo vi erano gli scritti di un abate cistercense, Gioacchino da Fiore, morto nel 1202. Nelle sue opere, egli affermava un ritmo trinitario della storia. Considerava l’Antico Testamento come età del Padre, seguita dal tempo del Figlio, il tempo della Chiesa. Vi sarebbe stata ancora da aspettare la terza età, quella dello Spirito Santo. Tutta la storia andava così interpretata come una storia di progresso: dalla severità dell’Antico Testamento alla relativa libertà del tempo del Figlio, nella Chiesa, fino alla piena libertà dei Figli di Dio, nel periodo dello Spirito Santo, che sarebbe stato anche, finalmente, il periodo della pace tra gli uomini, della riconciliazione dei popoli e delle religioni. Gioacchino da Fiore aveva suscitato la speranza che l’inizio del nuovo tempo sarebbe venuto da un nuovo monachesimo. Così è comprensibile che un gruppo di Francescani pensasse di riconoscere in san Francesco d’Assisi l’iniziatore del tempo nuovo e nel suo Ordine la comunità del periodo nuovo – la comunità del tempo dello Spirito Santo, che lasciava dietro di sé la Chiesa gerarchica, per iniziare la nuova Chiesa dello Spirito, non più legata alle vecchie strutture.

Vi era dunque il rischio di un gravissimo fraintendimento del messaggio di san Francesco, della sua umile fedeltà al Vangelo e alla Chiesa, e tale equivoco comportava una visione erronea del Cristianesimo nel suo insieme.

San Bonaventura, che nel 1257 divenne Ministro Generale dell’Ordine Francescano, si trovò di fronte ad una grave tensione all’interno del suo stesso Ordine a causa appunto di chi sosteneva la menzionata corrente dei “Francescani spirituali”, che si rifaceva a Gioacchino da Fiore. Proprio per rispondere a questo gruppo e ridare unità all’Ordine, san Bonaventura studiò con cura gli scritti autentici di Gioacchino da Fiore e quelli a lui attribuiti e, tenendo conto della necessità di presentare correttamente la figura e il messaggio del suo amato san Francesco, volle esporre una giusta visione della teologia della storia. San Bonaventura affrontò il problema proprio nell’ultima sua opera, una raccolta di conferenze ai monaci dello studio parigino, rimasta incompiuta e giuntaci attraverso le trascrizioni degli uditori, intitolata Hexaëmeron, cioè una spiegazione allegorica dei sei giorni della creazione. I Padri della Chiesa consideravano i sei o sette giorni del racconto sulla creazione come profezia della storia del mondo, dell’umanità. I setti giorni rappresentavano per loro sette periodi della storia, più tardi interpretati anche come sette millenni. Con Cristo saremmo entrati nell’ultimo, cioè il sesto periodo della storia, al quale seguirebbe poi il grande sabato di Dio. San Bonaventura suppone questa interpretazione storica del rapporto dei giorni della creazione, ma in un modo molto libero ed innovativo. Per lui due fenomeni del suo tempo rendono necessaria una nuova interpretazione del corso della storia:

Il primo: la figura di san Francesco, l’uomo totalmente unito a Cristo fino alla comunione delle stimmate, quasi un alter Christus, e con san Francesco la nuova comunità da lui creata, diversa dal monachesimo finora conosciuto. Questo fenomeno esigeva una nuova interpretazione, come novità di Dio apparsa in quel momento.

Il secondo: la posizione di Gioacchino da Fiore, che annunziava un nuovo monachesimo ed un periodo totalmente nuovo della storia, andando oltre la rivelazione del Nuovo Testamento, esigeva una risposta.

Da Ministro Generale dell’Ordine dei Francescani, san Bonaventura aveva visto subito che con la concezione spiritualistica, ispirata da Gioacchino da Fiore, l’Ordine non era governabile, ma andava logicamente verso l’anarchia. Due erano per lui le conseguenze:

La prima: la necessità pratica di strutture e di inserimento nella realtà della Chiesa gerarchica, della Chiesa reale, aveva bisogno di un fondamento teologico, anche perché gli altri, quelli che seguivano la concezione spiritualista, mostravano un apparente fondamento teologico.

La seconda: pur tenendo conto del realismo necessario, non bisognava perdere la novità della figura di san Francesco.

Come ha risposto san Bonaventura all’esigenza pratica e teorica? Della sua risposta posso dare qui solo un riassunto molto schematico ed incompleto in alcuni punti:

San Bonaventura respinge l’idea del ritmo trinitario della storia. Dio è uno per tutta la storia e non si divide in tre divinità. Di conseguenza, la storia è una, anche se è un cammino e – secondo san Bonaventura – un cammino di progresso.

Gesù Cristo è l’ultima parola di Dio – in Lui Dio ha detto tutto, donando e dicendo se stesso. Più che se stesso, Dio non può dire, né dare. Lo Spirito Santo è Spirito del Padre e del Figlio. Cristo stesso dice dello Spirito Santo: “…vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14, 26), “prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà” (Gv 16, 15). Quindi non c’è un altro Vangelo più alto, non c’è un'altra Chiesa da aspettare. Perciò anche l’Ordine di san Francesco deve inserirsi in questa Chiesa, nella sua fede, nel suo ordinamento gerarchico.

Questo non significa che la Chiesa sia immobile, fissa nel passato e non possa esserci novità in essa. “Opera Christi non deficiunt, sed proficiunt”, le opere di Cristo non vanno indietro, non vengono meno, ma progrediscono, dice il Santo nella lettera De tribus quaestionibus. Così san Bonaventura formula esplicitamente l’idea del progresso, e questa è una novità in confronto ai Padri della Chiesa e a gran parte dei suoi contemporanei. Per san Bonaventura Cristo non è più, come era per i Padri della Chiesa, la fine, ma il centro della storia; con Cristo la storia non finisce, ma comincia un nuovo periodo. Un'altra conseguenza è la seguente: fino a quel momento dominava l’idea che i Padri della Chiesa fossero stati il vertice assoluto della teologia, tutte le generazioni seguenti potevano solo essere loro discepole. Anche san Bonaventura riconosce i Padri come maestri per sempre, ma il fenomeno di san Francesco gli dà la certezza che la ricchezza della parola di Cristo è inesauribile e che anche nelle nuove generazioni possono apparire nuove luci. L’unicità di Cristo garantisce anche novità e rinnovamento in tutti i periodi della storia.

Certo, l’Ordine Francescano - così sottolinea - appartiene alla Chiesa di Gesù Cristo, alla Chiesa apostolica e non può costruirsi in uno spiritualismo utopico. Ma, allo stesso tempo, è valida la novità di tale Ordine nei confronti del monachesimo classico, e san Bonaventura – come ho detto nella Catechesi precedente – ha difeso questa novità contro gli attacchi del Clero secolare di Parigi: i Francescani non hanno un monastero fisso, possono essere presenti dappertutto per annunziare il Vangelo. Proprio la rottura con la stabilità, caratteristica del monachesimo, a favore di una nuova flessibilità, restituì alla Chiesa il dinamismo missionario.

A questo punto forse è utile dire che anche oggi esistono visioni secondo le quali tutta la storia della Chiesa nel secondo millennio sarebbe stata un declino permanente; alcuni vedono il declino già subito dopo il Nuovo Testamento. In realtà, “Opera Christi non deficiunt, sed proficiunt”, le opere di Cristo non vanno indietro, ma progrediscono. Che cosa sarebbe la Chiesa senza la nuova spiritualità dei Cistercensi, dei Francescani e Domenicani, della spiritualità di santa Teresa d’Avila e di san Giovanni della Croce, e così via? Anche oggi vale questa affermazione: “Opera Christi non deficiunt, sed proficiunt”, vanno avanti. San Bonaventura ci insegna l’insieme del necessario discernimento, anche severo, del realismo sobrio e dell’apertura a nuovi carismi donati da Cristo, nello Spirito Santo, alla sua Chiesa. E mentre si ripete questa idea del declino, c’è anche l’altra idea, questo “utopismo spiritualistico”, che si ripete. Sappiamo, infatti, come dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un’altra, totalmente “altra”. Un utopismo anarchico! E grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro, Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno difeso la novità del Concilio e dall’altra, nello stesso tempo, hanno difeso l’unicità e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia.

In questo senso, san Bonaventura, come Ministro Generale dei Francescani, prese una linea di governo nella quale era ben chiaro che il nuovo Ordine non poteva, come comunità, vivere alla stessa “altezza escatologica” di san Francesco, nel quale egli vede anticipato il mondo futuro, ma – guidato, allo stesso tempo, da sano realismo e dal coraggio spirituale – doveva avvicinarsi il più possibile alla realizzazione massima del Sermone della montagna, che per san Francesco fu la regola, pur tenendo conto dei limiti dell’uomo, segnato dal peccato originale.

Vediamo così che per san Bonaventura governare non era semplicemente un fare, ma era soprattutto pensare e pregare. Alla base del suo governo troviamo sempre la preghiera e il pensiero; tutte le sue decisioni risultano dalla riflessione, dal pensiero illuminato dalla preghiera. Il suo contatto intimo con Cristo ha accompagnato sempre il suo lavoro di Ministro Generale e perciò ha composto una serie di scritti teologico-mistici, che esprimono l’animo del suo governo e manifestano l’intenzione di guidare interiormente l’Ordine, di governare, cioè, non solo mediante comandi e strutture, ma guidando e illuminando le anime, orientando a Cristo.

Di questi suoi scritti, che sono l’anima del suo governo e che mostrano la strada da percorrere sia al singolo che alla comunità, vorrei menzionarne solo uno, il suo capolavoro, l’Itinerarium mentis in Deum, che è un “manuale” di contemplazione mistica. Questo libro fu concepito in un luogo di profonda spiritualità: il monte della Verna, dove san Francesco aveva ricevuto le stigmate. Nell’introduzione l’autore illustra le circostanze che diedero origine a questo suo scritto: “Mentre meditavo sulle possibilità dell’anima di ascendere a Dio, mi si presentò, tra l’altro, quell’evento mirabile occorso in quel luogo al beato Francesco, cioè la visione del Serafino alato in forma di Crocifisso. E su ciò meditando, subito mi avvidi che tale visione mi offriva l’estasi contemplativa del medesimo padre Francesco e insieme la via che ad esso conduce” (Itinerario della mente in Dio, Prologo, 2, in Opere di San Bonaventura. Opuscoli Teologici /1, Roma 1993, p. 499).

Le sei ali del Serafino diventano così il simbolo di sei tappe che conducono progressivamente l’uomo dalla conoscenza di Dio attraverso l’osservazione del mondo e delle creature e attraverso l’esplorazione dell’anima stessa con le sue facoltà, fino all’unione appagante con la Trinità per mezzo di Cristo, a imitazione di san Francesco d’Assisi. Le ultime parole dell’Itinerarium di san Bonaventura, che rispondono alla domanda su come si possa raggiungere questa comunione mistica con Dio, andrebbero fatte scendere nel profondo del cuore: “Se ora brami sapere come ciò avvenga, (la comunione mistica con Dio) interroga la grazia, non la dottrina; il desiderio, non l’intelletto; il gemito della preghiera, non lo studio della lettera; lo sposo, non il maestro; Dio, non l’uomo; la caligine, non la chiarezza; non la luce, ma il fuoco che tutto infiamma e trasporta in Dio con le forti unzioni e gli ardentissimi affetti ... Entriamo dunque nella caligine, tacitiamo gli affanni, le passioni e i fantasmi; passiamo con Cristo Crocifisso da questo mondo al Padre, affinché, dopo averlo visto, diciamo con Filippo: ciò mi basta” (ibid., VII, 6).

Cari amici, accogliamo l’invito rivoltoci da san Bonaventura, il Dottore Serafico, e mettiamoci alla scuola del Maestro divino: ascoltiamo la sua Parola di vita e di verità, che risuona nell’intimo della nostra anima. Purifichiamo i nostri pensieri e le nostre azioni, affinché Egli possa abitare in noi, e noi possiamo intendere la sua Voce divina, che ci attrae verso la vera felicità.


Saluti:

Je suis heureux de vous accueillir chers pèlerins de langue française venant de France et du Canada. Je salue en particulier les professeurs et les élèves du collège Stanislas de Paris. Puissiez-vous maintenir ferme l’espérance chrétienne et en être les témoins quotidiens. N’hésitez pas à mettre le Christ au centre de votre vie. Que Dieu vous bénisse!

I offer a warm welcome to the many school groups present, including the Bruderhof group from England and the students of Saint Michael’s Holy Cross Secondary School in Dublin, Ireland. The developments taking place in Northern Ireland in these days are a promising sign of hope, and I pray that they will help to consolidate the future of peace desired by all. Upon the English-speaking pilgrims and visitors I invoke God’s abundant blessings.

Gerne heiße ich alle Gäste deutscher Sprache willkommen. Besonders grüße ich heute die Priester aus der Diözese Linz mit ihrem Bischof Ludwig Schwarz sowie den Rektor, die Kollegsgemeinschaft und die Ehemaligen des Collegio Teutonico di Santa Maria in Camposanto. Wie der heilige Bonaventura wollen wir uns in die Schule des Göttlichen Meisters begeben, sein lebendiges Wort aufnehmen, damit er in uns wohne und uns zur wahren Freude führe. Von Herzen segne ich euch alle.

Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de la Parroquia de Santa María Magdalena, de Dos Hermanas, acompañados por el Cardenal Carlos Amigo Vallejo. Siguiendo la enseñanza de san Buenaventura, os invito a continuar el camino cuaresmal de preparación para la Pascua, mediante la escucha atenta de la Palabra divina, la práctica de la caridad y la purificación del corazón. Muchas gracias.

Saúdo, com fraterna amizade, os grupos vindos de São Paulo, Rio de Janeiro, Ribeirão Preto e demais peregrinos de língua portuguesa, desejando que esta visita aos lugares santificados pela pregação e martírio dos Apóstolos Pedro e Paulo possa confirmar a todos na fé, esperança e caridade. A Virgem Mãe vos acompanhe e proteja!

Saluto in lingua polacca:

Serdecznie witam pielgrzymów z Polski. Siostry i bracia, w tym czasie Wielkiego Postu przyjmijmy zaproszenie świętego Bonawentury, by słuchać Bożego Słowa życia i prawdy, które rozbrzmiewa w głębi naszej duszy. Oczyszczajmy nasze myśli i nasze działanie, aby Chrystus był obecny wśród nas, a my byśmy rozumieli Jego nauczanie, które wskazuje drogi ku prawdziwemu szczęściu. Niech Bóg wam błogosławi.

Traduzione italiana:

Do un cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Polonia. Sorelle e fratelli, in questo tempo quaresimale accogliamo l’invito di San Bonaventura ad ascoltare la Divina parola di vita e di verità che risuona nell’intimo della nostra anima. Purifichiamo i nostri pensieri e le nostre azioni, affinché Cristo sia presente tra di noi, e noi possiamo accogliere il suo insegnamento che ci indica le vie verso la vera felicità. Dio vi benedica.

Saluto in lingua ungherese:

Nagy szeretettel köszöntöm a magyar zarándokokat, elsősorban azokat, akik Munkácsról  érkeztek. A nagyböjti időszak különösképpen is a személyes megtérésre, az irgalmasság cselekedeteinek gyakorlására és Isten Igéjének meghallgatására hív bennünket. Ehhez kérem Számotokra a Mindenható Isten áldását.
Dicsértessék a Jézus Krisztus!

Traduzione italiana:

Do il benvenuto ai pellegrini di lingua ungherese, specialmente al gruppo di Mukachevo. La Quaresima ci invita con più decisione alla conversione per mezzo della preghiera, dell’esercizio delle opere di misericordia e dell’ascolto della Parola di Dio. Volentieri imparto la mia Benedizione su tutti voi. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Od srca pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a na poseban način vjernike iz župe Svetog Antuna Padovanskog iz Sesvetskih Sela. Ovo korizmeno vrijeme priprave za Uskrs neka učvrsti vašu vjeru u pobjedu našega Gospodina nad smrću. Hvaljen Isus i Marija!

Traduzione italiana:

Di cuore saluto tutti i pellegrini Croati, e in modo particolare i fedeli della parrocchia di San Antonio di Padova di Sesvetska Sela. Questo tempo quaresimale di preparazione alla Pasqua rafforzi la vostra fede nella vittoria di nostro Signore sulla morte. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

Srdečně zdravím skupinu zaměstnanců železnic z Brna!
Drazí, v duchovním usebrání postní doby prosme Pána o pravé a hluboké obrácení.
K tomu ze srdce žehnám vám i vašim drahým!
Chvála Kristu!

Traduzione italiana:

Un cordiale benvenuto al gruppo dei dipendenti delle ferrovie, di Brno!
Carissimi, in questo clima spirituale della Quaresima chiediamo al Signore una vera e profonda conversione.
Con questi voti benedico di cuore voi e i vostri cari!
Sia lodato Gesù Cristo!


Appello

Sono profondamente vicino alle persone colpite dal recente sisma in Turchia ed alle loro famiglie. A ciascuno assicuro la mia preghiera, mentre chiedo alla comunità internazionale di contribuire con prontezza e generosità ai soccorsi.

Il mio sentito cordoglio va anche alle vittime dell’atroce violenza, che insanguina la Nigeria e che non ha risparmiato nemmeno i bambini indifesi. Ancora una volta ripeto con animo accorato che la violenza non risolve i conflitti, ma soltanto ne accresce le tragiche conseguenze. Faccio appello a quanti nel Paese hanno responsabilità civili e religiose, affinché si adoperino per la sicurezza e la pacifica convivenza di tutta la popolazione. Esprimo, infine, la mia vicinanza ai Pastori e ai fedeli nigeriani e prego perché, forti e saldi nella speranza, siano autentici testimoni di riconciliazione.

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i Diaconi dell’Arcidiocesi di Milano ed invoco su ognuno di essi una copiosa effusione di doni celesti, a conferma dei loro generosi propositi di fedeltà a Cristo. Saluto i soci dell’Università della Terza Età, di Nardò, che nel contesto della loro attività hanno voluto partecipare a questo incontro. Li incoraggio a proseguire le loro iniziative culturali che rendono la Terza età un tempo propizio per la riflessione e il sapere. Saluto i fedeli che portano la Fiaccola Benedettina della pace, proveniente quest’anno da Colonia, dove è stata accesa dal Cardinale Joachim Meisner. Come simbolo di profondi valori umani e cristiani, essa sosta oggi presso le tombe degli Apostoli per proseguire per Montecassino e Cassino. Cari amici, faccio voti che tale manifestazione susciti in tutti un generoso impegno di solidarietà e di pace.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Cari giovani, il cammino quaresimale che stiamo percorrendo sia occasione di autentica conversione che vi conduca alla maturità della fede in Cristo. Cari ammalati, partecipando con amore alla sofferenza del Figlio di Dio incarnato, possiate condividere fin d'ora la gloria e la gioia della sua risurrezione. E voi, cari sposi novelli, trovate nell'alleanza che, a prezzo del suo sangue, Cristo ha stretto con la sua Chiesa, il sostegno e il modello del vostro patto coniugale e della vostra missione al servizio del Vangelo.

 

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