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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Il nome della suora

Martedì, 20 ottobre 2015

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.240, 21/10/2015)

Non abbiamo «un Dio meschino» e neppure «un Dio fermo». Il nostro è «un Dio che esce» per «cercare ognuno di noi». E quando ci trova, «ci abbraccia, ci bacia», perché è «un Dio che fa festa» e in cielo si fa «più festa per un peccatore che si converte» che «per un centinaio che rimangono giusti». Su questo amore «senza misura» del Padre il Pontefice è tornato nell’omelia della messa celebrata a Santa Marta martedì mattina, 20 ottobre.

Come di consueto Francesco ha preso spunto dalle letture della liturgia, in particolare dal brano della lettera ai Romani (5,12.15.17-19.20-21) nel quale san Paolo ricorda che «come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti». Si tratta — ha fatto notare il Papa — di «un riassunto della storia della salvezza», nel quale l’apostolo «ci dice come salva Dio, come ci ha salvati, come ci salva: come dà la salvezza che è l’amicizia fra noi e lui».

Il Pontefice ha collegato questo passo a quello della liturgia del giorno precedente, nel quale — ha rammentato — «abbiamo parlato dell’elemosina, abbiamo detto che Dio dà senza misura: dà se stesso, il suo Figlio». Anche stavolta il discorso verte su «questa idea: come dà Dio, in questo caso l’amicizia, la salvezza tutta nostra?». La risposta del Pontefice è che Dio «dà come dice che darà a noi quando facciamo un’opera buona: ci darà una misura buona, pigiata, colma, traboccante». Una generosità che richiama alla mente il concetto di «abbondanza». E non a caso, ha osservato Francesco, «questa parola “abbondanza” in questo brano viene ripetuta tre volte».

Dunque «Dio dà nell’abbondanza». Tant’è vero che Paolo, a mo’ di «riassunto finale» del suo discorso, afferma: «Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia». Ecco com’è «l’amore di Dio: senza misura. Tutto se stesso». Egli infatti, ha ricordato il Papa, «inviò suo Figlio, si abbassò per farsi compagno di strada, per camminare con noi: lui stesso camminò con noi, dall’inizio con il suo popolo».

Cosa significa allora «questa sovrabbondanza di darsi che è l’amore di Dio»?. Significa che «Dio non è un Dio meschino: lui non conosce la meschinità, lui dà tutto». Significa ancora che «Dio non è un Dio fermo: egli guarda, aspetta che noi ci convertiamo». In sostanza, ha sottolineato il Pontefice, «Dio è un Dio che esce: esce a cercare, a cercare ognuno di noi». Ogni giorno «lui ci cerca, ci sta cercando», come fa il pastore con la «pecora smarrita» o la donna con la «moneta perduta». Dio «cerca: sempre e così. Dio aspetta attivamente. Mai si stanca di aspettarci». Il suo atteggiamento è quello del «padre vecchio» che «ha visto venire, rientrare il figlio da lontano» e subito gli è andato incontro «ad abbracciarlo». Anche «Dio ci aspetta: sempre, con le porte aperte». Perché il suo cuore «non è chiuso: è sempre aperto». E «quando noi arriviamo come quel figlio, ci abbraccia, ci bacia: un Dio che fa festa». Gesù «lo dice esplicitamente parlando della giustificazione, cioè dei peccati perdonati: ci sarà più festa in cielo per un peccatore che si converte che per un centinaio che rimangono giusti». Questo «è l’amore di Dio; Dio ci ama così, senza misura».

Certo, ha riconosciuto Francesco, «non è facile, con i nostri criteri umani — siamo piccoli, noi, limitati — capire l’amore di Dio. Possiamo capire in questi gesti del Signore questa sovrabbondanza, ma capire tutto non è facile». In proposito il Papa ha rievocato la figura di una religiosa conosciuta durante il suo ministero a Buenos Aires. Era «una suora anziana, molto anziana, che tutta la vita aveva lavorato in un reparto dell’ospedale, e ancora lavorava lì» Aveva «più di 84 anni» ma lavorava «sempre con il sorriso. Aveva sicuramente l’esperienza dell’amore di Dio, perché parlava sempre dell’amore di Dio e faceva sentire questo amore». Per questo «le avevano dato un soprannome»: la chiamavano «la suora amore-di-Dio». Ed è «una grazia», ha commentato il Pontefice, «trovare questa gente, questi santi, a cui il Signore ha dato il dono di capire questo mistero, questa sovrabbondanza del suo amore».

Resta il fatto che «noi sempre abbiamo l’abitudine di misurare le situazioni, le cose con le misure che noi abbiamo: e le nostre misure sono piccole». Per questo — ha raccomandato Francesco — «ci farà bene chiedere allo Spirito Santo la grazia, pregare lo Spirito Santo, la grazia di avvicinarci almeno un po’ per capire questo amore e avere la voglia di essere abbracciati, baciati con quella misura senza limiti». San Paolo, in realtà, «aveva capito quanto brutto fosse il peccato, ma quanto grande fosse la sovrabbondanza dell’amore di Dio. A tal punto che si sente piccolo e in un momento, mosso dallo Spirito Santo, chiama Dio “papà”». Abitualmente «parla del Padre, il Padre», ma «in un momento dice: papà». Dunque, ha ribadito il Papa, «grazie allo Spirito posso dirgli “papà”». Da qui l’invito conclusivo: «Chiediamo la grazia di sentire questo amore, che è un amore di papà, un grande amore, senza limiti».

 



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