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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Come una famiglia

Martedì, 26 settembre 2017

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVII, n.221, 27/09/2017)

È «familiarità» la parola chiave dell’omelia tenuta da Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta martedì 26 settembre. Il centro è la prospettiva che ogni cristiano ha di «sentirsi famiglia di Gesù», vivere in «vicinanza» con lui ogni momento della giornata, anche quelli apparentemente più banali.

È stato proprio Gesù a offrire questa opportunità a ogni uomo, facendo egli stesso — ha detto il Pontefice — «un passo in più nella vicinanza che ha con noi». È quanto emerge chiaramente dal vangelo del giorno (Luca, 8, 19-21) nel quale si legge che «Gesù era con tanta folla a predicare» mentre «venne la sua famiglia» a trovarlo. «E quando gli dicono che c’è lì sua madre, i suoi parenti, la sua famiglia», Gesù «allarga il concetto e dice: “Questa è la mia famiglia, loro, e questa, tutti, tutti quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”». Ecco, ha spiegato il Papa, il «passo in più» che fa Gesù. Il quale afferma: «Io ho una famiglia più larga di quella piccola nella quale sono venuto al mondo». In questo modo egli «ci fa pensare a noi che siamo la sua famiglia», cioè coloro «che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

Un gesto, quello di Gesù, che rimanda «al concetto di familiarità con Dio, di familiarità con Gesù». Infatti, ha detto Francesco, «noi possiamo essere discepoli, possiamo essere amici ma essere famigliari è più ancora». C’è un salto di qualità se si ripensa al «primo comandamento che abbiamo ricevuto nella persona del nostro padre Abramo», ossia: «Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile». Oggi quel comandamento «è cresciuto ed è più grande, è più largo: “Ascolta la parola di Dio. Mettila in pratica, così sarai la mia famiglia, avrai familiarità con me”».

Da qui, ha suggerito il Pontefice, ognuno può valutare il proprio rapporto con Gesù e chiedersi: «È un atteggiamento formale, educato? Io vado a pregare, poi vengo alle mie cose, mi dimentico di Gesù e faccio le mie cose, torno a pregare». È, cioè, un «atteggiamento diplomatico»? Oppure «è un atteggiamento famigliare», nel quale si sente «familiarità col Signore»?

Per rispondere bisogna comprendere «cosa significa questa parola che i padri spirituali nella Chiesa hanno usato tanto e ci hanno insegnato: la familiarità con Dio». A tale riguardo, il Papa ha dato delle indicazioni. Prima di tutto, significa «entrare nella casa di Gesù: entrare in quella atmosfera, vivere quella atmosfera, che è nella casa di Gesù. Vivere lì, contemplare, essere liberi, lì». Quelli infatti che «abitano la casa del Signore», giacché sono «figli» e «hanno familiarità con lui», sono anche «liberi». C’è una differenza sostanziale con chi non ha questa familiarità: Francesco ha richiamato un’espressione biblica, ovvero «i figli della schiava» e l’ha applicata a coloro che «sono cristiani ma non osano avvicinarsi, non osano avere questa familiarità col Signore, e sempre c’è una distanza che li separa dal Signore».

Quindi, ed è il secondo aspetto da considerare, «familiarità con Gesù significa stare con lui, guardarlo, ascoltare la sua parola, cercare di praticarla, parlare con lui». Un dialogo semplice, ha spiegato il Pontefice, in cui si parla con il Signore delle proprie cose, con «quella preghiera che si fa anche di strada: “Ma, Signore cosa pensi?”». Si tratta, del resto, di quella familiarità che avevano i santi. Il Papa ha ricordato, ad esempio, santa Teresa «che trovava il Signore dappertutto, era famigliare col Signore dappertutto, anche fra le pentole in cucina».

Ma oltre allo «stare con il Signore», ha aggiunto Francesco, è importante «rimanere nel Signore», come egli stesso «nel discorso dell’ultima cena» ha consigliato. Il pensiero, ha detto il Pontefice, va «all’inizio del Vangelo, quando Giovanni indica: “Questo è l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”. E Andrea e Giovanni andarono dietro Gesù: “Maestro, dove stai?” — “Venite e vedrete”». I due discepoli lo seguirono e, dice il Vangelo con una «frase bellissima: “Rimasero, stettero con lui tutta la giornata, tutta la serata”».

Occorre quindi, ha concluso, il Papa, procedere «in questo atteggiamento di familiarità col Signore», e non rimanere dei cristiani che si accontentano di avere un «atteggiamento buono col Signore, ma tu lì e io qui». L’invito del Signore è chiaro e più coinvolgente: «Siamo famiglia, voi siete la mia famiglia se ascoltate la mia parola e se la mettete in pratica». Occorre far proprio lo stile di chi, con i suoi problemi, durante la giornata, «va nel bus, nel metro, e interiormente parla col Signore o almeno sa che il Signore lo guarda, gli è vicino: questa è la familiarità, è vicinanza, è sentirsi della famiglia di Gesù».

 



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