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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I IN OCCASIONE DELLA FESTA DI SANT’ANDREA,
PATRONO DEL PATRIARCATO ECUMENICO

[Istanbul, 28 novembre – 1 dicembre 2017]

 

A Sua Santità Bartolomeo
Arcivescovo di Costantinopoli
Patriarca ecumenico

Pur se lontano da Roma, in visita pastorale in Myanmar e in Bangladesh, desidero estendere i miei migliori auguri fraterni a lei, Santità, e ai membri del Santo Sinodo, al clero e ai monaci, come anche a tutti i fedeli riuniti per la divina liturgia nella chiesa patriarcale di san Giorgio, per la commemorazione liturgica di sant’Andrea apostolo, fratello di Simon Pietro e primo chiamato tra gli apostoli, santo patrono della Chiesa di Costantinopoli e del Patriarcato ecumenico. Quando il diacono nel corso della divina liturgia inviterà quanti sono lì riuniti a pregare «per coloro che viaggiano per terra, per mare e per cielo», vi chiedo di pregare anche per me.

La Delegazione da me inviata è un segno della mia solidarietà spirituale con la vostra preghiera di rendimento di grazie e di lode per tutto ciò che il nostro Dio Onnipotente e Misericordioso ha compiuto attraverso la testimonianza dell’apostolo Andrea. In modo analogo, la Delegazione del Patriarcato ecumenico, accolta a Roma lo scorso giugno, ci ha dimostrato la sua vicinanza mentre celebravamo le meravigliose opere compiute da Dio, fonte di ogni bene, attraverso gli apostoli Pietro e Paolo, santi patroni della Chiesa di Roma.

Gli apostoli proclamarono fino ai confini della terra, attraverso le parole e il sacrificio della loro vita, ciò che essi stessi avevano visto, ascoltato e sperimentato: la Parola di Vita, nostro Signore Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. Fare nostra tale proclamazione ci permette di entrare in comunione con il Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito Santo, che è il fondamento stesso della comunione che già unisce quanti sono battezzati nel nome della Santissima Trinità (cfr. 1 Gv 1, 1-3). Cattolici e ortodossi, professando insieme i dogmi dei primi sette concili ecumenici, credendo nell’efficacia dell’Eucaristia e degli altri sacramenti e preservando la successione apostolica del ministero dei vescovi, già sperimentano una profonda vicinanza reciproca (cfr. Unitatis redintegratio, n. 15). Oggi, in rendimento di grazie al Dio dell’amore, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo e in fedeltà all’insegnamento degli apostoli, riconosciamo quanto sia urgente crescere verso la piena e visibile comunione.

È motivo di gioia apprendere che alla vigilia della festa di Sant’Andrea, durante un incontro al quale lei, Santità, ha preso parte, è stato commemorato il cinquantesimo anniversario della visita di Papa Paolo VI al Fanar il 25 luglio 1967. Quel momento storico di comunione tra i Pastori della Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli richiama alla mente le parole del Patriarca Atenagora nell’accogliere Papa Paolo VI nella chiesa patriarcale di san Giorgio, dove siete riuniti oggi. Ritengo che quelle parole possano continuare a ispirare il dialogo tra le nostre Chiese: «Uniamo quel che è diviso, ovunque ciò sia possibile, attraverso atti in cui entrambe le Chiese sono coinvolte, dando forza aggiuntiva alle questioni di fede e alla disciplina canonica che abbiamo in comune. Conduciamo il dialogo teologico secondo il principio [di] piena comunità nei fondamenti della fede, libertà sia nel pensiero teologico, dove ciò è pio ed edificante ed ispirato dal corpo principale dei Padri, sia nella varietà delle usanze locali, come la Chiesa ha propiziato sin dagli inizi» (Tomos Agapis, Vatican-Phanar (1958-1970), pp. 382-383).

Le esprimo, Santità, la mia sentita gratitudine per la generosa e cordiale ospitalità che la metropolia di Leros del Patriarcato ecumenico, sotto la guida pastorale di Sua Eminenza Paisios, ha esteso ai membri del Comitato misto di coordinamento della Commissione internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Desidero di nuovo incoraggiare questo dialogo teologico. Il consenso raggiunto, tra cattolici e ortodossi, su alcuni principi teologici fondamentali che regolano il rapporto tra primato e sinodalità nella vita della Chiesa nel primo millennio, può servire a valutare, anche in maniera critica, alcune categorie e pratiche teologiche che si sono sviluppate nel secondo millennio in conformità a tali principi. Detto consenso può permetterci di prefigurare un modo comune d’intendere l’esercizio del ministero del Vescovo di Roma, nel contesto della sinodalità e al servizio della comunione della Chiesa nel contesto attuale. Questo compito delicato deve essere svolto in un clima di apertura reciproca e, soprattutto, in obbedienza alle richieste che lo Spirito Santo fa alla Chiesa.

Santità, amato fratello in Cristo, negli ultimi mesi ho seguito con grande interesse la sua partecipazione a importanti eventi internazionali che si sono svolti in tutto il mondo, riguardanti la cura del creato, la pacifica coesistenza tra popoli di culture e tradizioni religiose differenti, nonché la presenza dei cristiani in Medio Oriente. Il suo impegno, Santità, per me personalmente è una fonte di ispirazione, di sostegno e d’incoraggiamento poiché, come lei ben sa, condividiamo queste stesse preoccupazioni. È mia fervente speranza che cattolici e ortodossi possano promuovere iniziative comuni a livello locale riguardo a tali questioni, perché ci sono molti contesti in cui ortodossi e cattolici possono già lavorare insieme senza attendere il giorno della piena e visibile comunione.

Assicurandola del mio ricordo costante nella preghiera, è con sentimenti di caloroso affetto che scambio con lei, Santità, un abbraccio fraterno di pace.

Francesco



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