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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN GEORGIA E AZERBAIJAN

(30 SETTEMBRE - 2 OTTOBRE 2016)

INCONTRO CON SUA SANTITÀ E BEATITUDINE ILIA II,
CATHOLICOS E PATRIARCA DI TUTTA LA GEORGIA

Palazzo del Patriarcato - Tbilisi
Venerdì, 30 settembre 2016

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Indirizzo di saluto del Patriarca Ilia II

Discorso del Santo Padre


 

Indirizzo di saluto del Patriarca Ilia II

Santità!

Siamo lieti di poterLa ospitare nella nostra terra e di darLe il più caloroso benvenuto a nome del popolo dato in sorte alla Santissima Madre di Dio, a nome della Chiesa fondata dagli Apostoli del nostro Signore Gesù Cristo: la Chiesa di Roma fu fondata dal santo Apostolo Pietro, mentre la Chiesa di Georgia da sant’Andrea il Primo Chiamato. Pietro ed Andrea erano fratelli ed anche noi abbiamo avuto e dobbiamo avere rapporti particolarmente cordiali.

La Georgia è un piccolo Paese con un passato colmo di molte traversie. Nella nostra terra vivono numerosi rappresentanti di diverse religioni ed etnie, che per secoli hanno avuto rapporti di amicizia sia tra di essi sia con il nostro popolo. Furono soprattutto la fede in Cristo e il grande cuore dei Georgiani ad aver permesso la creazione di un tale clima di ospitalità e di convivenza. I rappresentanti delle minoranze etniche lo hanno ben percepito e hanno risposto rispettando e sempre osservando il limite, oltre il quale l’amore svanisce.

Il nostro Paese ignora l’antisemitismo. La Georgia ha sempre considerato gli ebrei suoi figli e li ha sempre protetti durante le persecuzioni.

Viviamo in un tempo di profonde contraddizioni. Il mondo è teatro di processi complessi: se da una parte la scienza e la tecnologia fanno progressi significativi, dall’altra diventa sempre più povera la vita nello Spirito. In un brevissimo tempo, davanti ai nostri occhi, l’umanità è diventata indifesa, l’uomo sempre più freddo ed indifferente verso la sofferenza altrui, mentre il peccato si è moltiplicato ed è diventato legalizzato.

In simili circostanze l’individuo perde il corretto orientamento e non trova più la via persino per risolvere i propri problemi.

È un periodo difficile anche per la Chiesa, ma è nostro dovere aiutare il prossimo con l’amore, la pazienza e standogli vicini, affinché egli comprenda la verità, trovi la grazia e trasmetta gli insegnamenti di vita agli altri.

Un’altra sfida davanti a noi è la globalizzazione estesa su tutto il mondo. È un processo inevitabile con risvolti anche positivi, ma rappresenta pure una minaccia di rendere tutto monocorde. Pertanto, per conservare la propria identità, è dovere di ogni nazione difendere con fermezza la propria cultura, le tradizioni e i valori. Credo che tutti dobbiamo esserne consapevoli.

Oggi davanti a tutto il mondo si pone, con tutta la sua drammaticità, ancora, il problema costituito dagli eventi svoltisi negli ultimi anni nel Vicino Oriente e dalla migrazione, soprattutto in Europa, di milioni di persone perseguitate per motivi religiosi ed etnici.

È naturale che a loro vada tutta la nostra solidarietà. È naturale che ci preoccupiamo per loro noi che siamo stati vittime di simili traversie circa 25 anni orsono, e ancora dopo, quando fu violata l’integrità territoriale della Georgia.

Malgrado un forte sostegno dei Paesi occidentali, non è stato possibile né far ritornare nelle loro case oltre 500mila persone, divenute profughi o sfollati, né restaurare l’integrità territoriale del Paese.

Ciò che è avvenuto nelle parti integranti della Georgia – nella regione di Tskhxinvali e in Abcasia – è frutto dell’attività intensificata di forze separatiste. Simili attività rappresentano una grave minaccia non solo per i Paesi piccoli, ma anche per qualsiasi altro Stato. È necessario che i Paesi sviluppati e le organizzazioni internazionali facciano passi efficienti per evitare il caos del mondo.

Atti terroristici, guerre, profughi, fame, malattie, problemi ecologici sono processi che accompagnano la nostra esistenza. La società progressista di oggi cerca di far fronte a queste sfide. Questo è positivo, ma lo sforzo profuso in tal senso mi ricorda una candela che segue anziché procedere gli eventi: si combatte infatti contro l’effetto e non contro la causa scatenante.

È nostro dovere ricordare agli esseri umani i valori spirituali, ricordare che senza fede in Dio la situazione non solo non potrà migliorare, ma, al contrario, peggiorerà, il processo assumerà dimensioni più ampie e diventerà sempre più grave. Questo perché l’uomo senza Dio preferisce quelle forme di sviluppo, crea attorno a sé quell’ambiente che per sua natura contraddice alla creazione di Dio. L’uomo senza Dio non potrà agire diversamente, perché il simile genera un simile e se ne trae diletto. Questo è un assioma e la situazione non migliorerà, finché non sarà superata la contraddizione poc’anzi accennata, finché i governanti non comprenderanno a fondo il significato della fede in Dio e non si adopereranno, affinché essa sia profondamente radicata nella società.

Quanto ai nostri rapporti, essi si datano a tempi antichissimi. Il primo rapporto tra la Roma cristiana e la Georgia risale al IV secolo, ai tempi di santa Nino, quando l’allora vescovo di Roma, rallegratosi per la proclamazione del cristianesimo a religione di Stato in Kartli, si congratulò con santa Nino con una missiva. D’altronde, anche Zabulone, padre di Nino, svolse un ruolo fondamentale nella cristianizzazione dei franchi, nel paese dei quali sembra essere stato pure sepolto.

Malgrado nel medioevo non avessimo più avuto i rapporti con la Chiesa di Roma nella sfera dottrinale, le nostre reciproche relazioni continuarono, abbracciando cultura, scienza, politica.

Come frutto diretto di queste relazioni, gli archivi e le biblioteche del Vaticano custodiscono molti documenti storici relativi alla Georgia. I microfilm di una parte, relativamente piccola, di essi ci sono stati donati dal Papa Giovanni Paolo II e oggi sono oggetto di conservazione e di studio nel Centro Nazionale dei Manoscritti “Korneli Kekelidze”.

Non vorrei dimenticare il merito, avuto dai cattolici georgiani nella lotta per l’indipendenza politica della Georgia e nello sviluppo culturale del nostro Paese. Vorrei parimenti ricordare l’aiuto, offerto alla Chiesa di Roma, per la formazione del clero georgiano in Europa.

Noi partecipiamo al dialogo teologico tra gli Ortodossi e i Cattolici. Presso il Patriarcato di Georgia sono già avviati i lavori di stesura di un’opera voluminosa, che illustrerà il cammino storico della Chiesa Cristiana indivisa (cioè, fino all’XI secolo) e il Vaticano ha già espresso la propria disponibilità a sostenere questa iniziativa.

Insieme alla Chiesa Cattolica in Georgia, abbiamo organizzato alcuni convegni sui temi di bioetica e riteniamo che questa direzione di ricerca possa creare una buona prospettiva di collaborazione.

Ancora, consideriamo molto importante la collaborazione che possiamo svolgere per la difesa dell’istituzione della famiglia.

Siamo tutti ben consapevoli che una famiglia forte e stabile è garante della forza e della stabilità di qualsiasi nazione e Stato; dunque è dovere di tutti noi provvedere alla sua difesa.

Santità, Le rinnovo il mio benvenuto! Con l’intercessione di sant’Andrea il Primo Chiamato e di san Pietro, Dio benedica i nostri Paesi e doni a tutto il creato la pace e il progresso spirituale!


Discorso del Santo Padre

Ringrazio Vostra Santità. Sono profondamente commosso di sentire l’“Ave Maria” che Sua Santità stessa ha composto. Soltanto da un cuore che tanto ama la Santa Madre di Dio, cuore di figlio e anche di bambino, può uscire una cosa così bella.

È per me una grande gioia e una grazia particolare incontrare Vostra Santità e Beatitudine e i venerabili Metropoliti, Arcivescovi e Vescovi, membri del Santo Sinodo. Saluto il Signor Primo Ministro e voi, illustri Rappresentanti del mondo accademico e della cultura.

Santità, Ella inaugurò una pagina nuova nelle relazioni tra la Chiesa Ortodossa di Georgia e la Chiesa Cattolica, compiendo la prima storica visita in Vaticano di un Patriarca georgiano. In quell’occasione scambiò con il Vescovo di Roma il bacio della pace e la promessa di pregare l’uno per l’altro. Così si sono potuti rinforzare i significativi legami, presenti tra noi fin dai primi secoli del cristianesimo. Essi si sono sviluppati e si mantengono rispettosi e cordiali, come manifestano anche la calorosa accoglienza qui riservata ai miei inviati e rappresentanti, le attività di studio e ricerca presso gli Archivi Vaticani e le Università Pontificie da parte di fedeli ortodossi georgiani, la presenza a Roma di una vostra comunità, ospitata in una chiesa della mia diocesi, e la collaborazione con la locale comunità cattolica, soprattutto di carattere culturale. Come pellegrino e amico, sono giunto in questa terra benedetta, mentre volge al culmine per i Cattolici l’Anno giubilare della Misericordia. Anche il santo Papa Giovanni Paolo II si era recato qui, primo tra i Successori di Pietro, in un momento estremamente importante, alle soglie del Giubileo del 2000: era venuto a rinsaldare i «vincoli profondi e forti» con la Sede di Roma (Discorso nella cerimonia di benvenuto, Tbilisi, 8 novembre 1999: Insegnamenti XXII,2 [1999], 843) e a ricordare quanto fosse necessario, alle soglie del terzo millennio, «il contributo della Georgia, antico crocevia di culture e tradizioni, per l’edificazione […] di una civiltà dell’amore» (Discorso nel Palazzo Patriarcale, Tbilisi, 8 novembre 1999: Insegnamenti XXII,2 [1999], 848).

Ora, la Provvidenza divina ci fa nuovamente incontrare e, di fronte a un mondo assetato di misericordia, di unità e di pace, ci chiede che quei vincoli tra noi ricevano nuovo slancio, rinnovato fervore, di cui il bacio della pace e il nostro abbraccio fraterno sono già un segno eloquente. La Chiesa Ortodossa di Georgia, radicata nella predicazione apostolica, in particolare nella figura dell’Apostolo Andrea, e la Chiesa di Roma, fondata sul martirio dell’Apostolo Pietro, hanno così la grazia di rinnovare oggi, in nome di Cristo e a sua gloria, la bellezza della fraternità apostolica. Pietro e Andrea erano infatti fratelli: Gesù li chiamò a lasciare le reti e a diventare, insieme, pescatori di uomini (cfr Mc 1,16-17). Carissimo Fratello, lasciamoci guardare nuovamente dal Signore Gesù, lasciamoci attirare ancora dal suo invito a lasciare ciò che ci trattiene dall’essere insieme annunciatori della sua presenza.

Ci sostiene in questo l’amore che trasformò la vita degli Apostoli. È l’amore senza eguali, che il Signore ha incarnato: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13); e che ci ha donato, perché ci amiamo gli uni gli altri come Lui ci ha amato (cfr Gv 15,12). A questo riguardo, il grande poeta di questa terra sembra rivolgere anche a noi alcune sue celebri parole: «Hai letto come gli apostoli scrivono dell’amore, come dicono, come lo lodano? Conoscilo, rivolgi la tua mente a queste parole: l’amore ci innalza» (S. RUSTAVELI, Il Cavaliere nella pelle di tigre, Tbilisi 1988, stanza 785). Davvero l’amore del Signore ci innalza, perché ci permette di elevarci al di sopra delle incomprensioni del passato, dei calcoli del presente e dei timori per l’avvenire.

Il popolo georgiano ha testimoniato nei secoli la grandezza di questo amore. È in esso che ha trovato la forza di rialzarsi dopo innumerevoli prove; è in esso che si è elevato fino alle vette di una straordinaria bellezza artistica. Senza l’amore, infatti, come ha scritto un altro grande poeta, «non regna il sole nella cupola del cielo» e per gli uomini «non esiste né bellezza, né immortalità» (G. TABIDZE, “Senza l’amore”, in Galaktion Tabidze, Tbilisi 1982, 25). Nell’amore trova ragion d’essere l’immortale bellezza del vostro patrimonio culturale, che si esprime in molteplici forme, quali ad esempio la musica, la pittura, l’architettura e la danza. Lei, carissimo Fratello, ne ha dato degna espressione, in modo speciale componendo pregiati inni sacri, alcuni pure in lingua latina e particolarmente cari alla tradizione cattolica. Essi arricchiscono il vostro tesoro di fede e cultura, dono unico alla cristianità e all’umanità, che merita di essere conosciuto e apprezzato da tutti.

La gloriosa storia del Vangelo in questa terra si deve in modo speciale a Santa Nino, che agli Apostoli viene equiparata: ella diffuse la fede nel segno particolare della croce fatta di legno di vite. Non si tratta di una croce spoglia, perché l’immagine della vite, oltre al frutto che eccelle in questa terra, rappresenta il Signore Gesù. Egli, infatti, è «la vite vera», e chiese ai suoi Apostoli di rimanere fortemente innestati in Lui, come tralci, per portare frutto (cfr Gv 15,1-8). Perché il Vangelo porti frutto anche oggi, ci viene chiesto, carissimo Fratello, di rimanere ancora più saldi nel Signore e uniti tra noi. La moltitudine di Santi che questo Paese annovera ci incoraggi a mettere il Vangelo prima di tutto e ad evangelizzare come in passato, più che in passato, liberi dai lacci delle precomprensioni e aperti alla perenne novità di Dio. Le difficoltà non siano impedimenti, ma stimoli a conoscerci meglio, a condividere la linfa vitale della fede, a intensificare la preghiera gli uni per gli altri e a collaborare con carità apostolica nella testimonianza comune, a gloria di Dio nei cieli e a servizio della pace in terra.

Il popolo georgiano ama celebrare, brindando con il frutto della vite, i valori più cari. Insieme all’amore che innalza, un ruolo particolare è riservato all’amicizia. «Chi non cerca un amico, di sé stesso è nemico», ricorda ancora il poeta (S. RUSTAVELI, Il Cavaliere nella pelle di tigre, stanza 847). Desidero essere amico sincero di questa terra e di questa cara popolazione, che non dimentica il bene ricevuto e il cui tratto ospitale si sposa con uno stile di vita genuinamente speranzoso, pur in mezzo a difficoltà che non mancano mai. Anche questa positività trova le proprie radici nella fede, che porta i Georgiani a invocare, attorno alla propria tavola, la pace per tutti e a ricordare persino i nemici.

Con la pace e il perdono siamo chiamati a vincere i nostri veri nemici, che non sono di carne e di sangue, ma sono gli spiriti del male fuori e dentro di noi (cfr Ef 6,12). Questa terra benedetta è ricca di valorosi eroi secondo il Vangelo, che come San Giorgio hanno saputo sconfiggere il male. Penso ai tanti monaci e in modo particolare ai numerosi martiri, la cui vita ha trionfato «con la fede e la pazienza» (IOANE SABANISZE, Martirio di Abo, III): è passata nel torchio del dolore restando unita al Signore e ha così portato un frutto pasquale, irrigando il suolo georgiano di sangue versato per amore. La loro intercessione dia sollievo ai tanti cristiani che ancor oggi nel mondo soffrono persecuzioni e oltraggi, e rafforzi in noi il buon desiderio di essere fraternamente uniti per annunciare il Vangelo della pace.

[Dopo lo scambio dei doni]

Grazie, Santità. Che Dio benedica Sua Santità e la Chiesa Ortodossa della Georgia. Grazie, Santità. E che possa andare avanti nel cammino della libertà.

[…]

Grazie Santità dell’accoglienza e delle Sue parole. Grazie della Sua benevolenza e anche di questo impegno fraterno di pregare l’uno per l’altro dopo esserci dato il bacio della pace. Grazie.

 



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