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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO DALLA LEGA NAZIONALE DILETTANTI

Sala Clementina
Lunedì, 15 aprile 2019

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Cari amici,

vi do il benvenuto e vi saluto cordialmente, a partire dal vostro Presidente, che ringrazio per le parole che mi ha rivolto. Voi rappresentate tutta la Lega Nazionale Dilettanti. Attraverso i Comitati Regionali, nelle divisioni del calcio a undici e di quello a cinque, e con i dipartimenti del calcio femminile e del calcio da spiaggia, la Lega raccoglie ben 12 mila società e più di un milione di tesserati, accomunati dalla grande passione per il calcio, che diventa al tempo stesso occasione di intrattenimento, di crescita interpersonale e di maturazione individuale.

La ricorrenza del sessantesimo anniversario della vostra fondazione vi ispiri riconoscenza, vi confermi nei vostri propositi e vi permetta di cogliere validi insegnamenti dal cammino percorso finora. Impegnata nel coordinare e animare tante realtà locali con tornei, campionati e un gran numero di iniziative connesse, la Lega Nazionale Dilettanti svolge un ruolo di rilievo nella società italiana, in particolare nei confronti dei giovani, verso i quali si impegna con la sua opera educativa e formativa, che merita di essere apprezzata e incoraggiata.

Il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, con le sue rapide trasformazioni e le sue sfide, ha un forte impatto sulla vita di ognuno di noi e in particolare su quella dei più giovani. Esso ci spinge a correre senza fermarci, in un susseguirsi di sollecitazioni che, dietro a un’apparente soddisfazione, lasciano dei vuoti nell’anima e rendono il tempo una corsa priva di un obiettivo chiaro, una corsa cioè alla quale – si direbbe in inglese – manca un goal. Al contrario, sforziamoci sempre di chiarire i traguardi che ci spingono ogni giorno ad alzarci e darci da fare, e corriamo sempre avendo davanti un goal! Non significa che si possa sempre vincere (non sarebbe realistico), ma che dobbiamo avere chiaro dove stiamo andando e dove ci portano i nostri sforzi. Quello di chiarire e di migliorare i propri obiettivi è un esercizio mai finito e da riprendere ogni giorno, direi quasi ogni momento, per diventare sempre più consapevoli di quello che stiamo facendo e dei mezzi più adatti per conseguire il risultato.

Lo sport, al quale dedicate tanto tempo ed energie, è una formidabile palestra in questo cammino, perché richiede non solo abilità tecnica, ma anche allenamento e determinazione, grande pazienza e accettazione delle sconfitte, spirito di squadra e disponibilità a collaborare con gli altri, oltre alla capacità di essere allegri e positivi. Sono tante le doti che devono essere presenti in un bravo giocatore, perché a poco varrebbe saper colpire bene il pallone o superare gli avversari, se poi si fosse incapaci di discutere con calma con l’arbitro o con gli altri avversari, o non si accettasse di aver sbagliato un rigore o una parata.

Ben consapevole di questo, la Lega Nazionale Dilettanti promuove come suoi valori di riferimento la lealtà sportiva e il rispetto delle regole, in una parola il fair-play, ossia il gioco leale e corretto, vissuto con intensità ma con grande rispetto dell’avversario e di ogni persona che si ha davanti. Mettere in atto tale proposito è importantissimo ma non è facile, e richiede un buon dominio di sé, che si acquisisce con l’allenamento interiore e la cura della vita spirituale, oltre che quella fisica, perché ognuno di noi è fatto di un’unità di corpo e di mente, e l’uno non può stare bene se sono trascurate le esigenze dell’altra.

Un autorevole studioso, che ha preso in esame il valore del gioco nella civiltà umana (cfr J. Huizinga, Homo ludens, Einaudi 1973), ha spiegato come la civiltà sia figlia del gioco, che tutti i cuccioli dei mammiferi, e in particolare degli uomini, hanno praticato da sempre, mettendo in atto una specie di teatro nel quale, con regole precise anche se spesso taciute, si contende ma nessuno si fa male. Il gioco sta dunque al confine tra serietà e non serietà, «non è un compito» (ibid., 11), e accanto al rispetto delle regole si accompagna sempre il piacere e la gioia di incontrarsi e sfidarsi.

Vi farò una confidenza. Quando io confesso i genitori, papà e mamme, e mi dicono di avere figli piccoli, la prima domanda che faccio è: “Lei gioca con i suoi figli?”. E tante volte dicono: “Non ho tempo”, “non mi è venuto in mente”. Per favore, quando in una famiglia si perde questa capacità del gioco con i figli, si perde anche una dimensione molto importante. Pensiamo alla società. Anche voi su questo potrete “predicare” che il gioco non è soltanto nello stadio, nel momento in cui si fa la partita, ma va oltre, va alle famiglie, va… Come questo esempio. Il gioco. Il Libro dei Proverbi (cfr 8,30) dice poeticamente che nella creazione del mondo “la sapienza giocava davanti a Dio”. Tenete presente questo.

“Dilettante” significa appunto “che si diletta”, che si diverte, e voi dilettanti dovrete ricordare sempre, anche se un giorno diventaste professionisti, che la gioia è l’anima del gioco, e se in te la gioia è sopraffatta dal desiderio del successo o dal disprezzo degli avversari, vuol dire che hai smesso di giocare e hai abbandonato il sano agonismo, che è lo spirito più autentico di ogni confronto sportivo. Ho detto al Presidente, dopo il suo discorso: non dimenticate la dimensione amatoriale, non è vero? Lo sport amatoriale, quello dell’amicizia.

Ecco dunque l’esortazione che vi rivolgo in occasione dell’incontro di quest’oggi: mantenete in voi la gioia di giocare e diffondetela in chi vi osserva o tifa per voi; siate consapevoli che lo stile con cui affrontate lo sport rappresenta un modello per i vostri coetanei e può influire, positivamente o meno, sul loro modo di agire. Per questo, abbiate cura di immettere nel tessuto sociale, mediante le mille relazioni che vivete nell’ambito dell’attività sportiva, uno spirito di solidarietà, di attenzione alle persone, al quale la vostra Lega si ispira in modo lodevole ed esplicito.

Avere uno spirito solidale, mediante una «partecipazione attiva allo sviluppo della vita sociale e culturale della collettività» (Codice etico, art. 2,1), significa tendere la mano a chi è caduto o ha subito un fallo, oppure zoppica perché si è fatto male; significa non denigrare chi non primeggia, ma trattarlo alla pari; significa comprendere che il campionato non parte se si è da soli, e che anche nella nostra società ci si può salvare solo insieme, mentre ci si perde se si lascia che chi è più debole rimanga ai margini e si senta come uno scarto.

È quanto ci insegna il Vangelo quando riporta la parola ripetuta più volte da Gesù, per la quale gli ultimi saranno primi (cfr Mt 20,16). Gesù non vuole certo dire che si deve cercare di perdere, ma semplicemente che si deve amare e fare tutto con uno sguardo di bontà sulle persone e sulle situazioni. Questo significa dunque farsi ultimi, imparando a vedere la bellezza anche nelle piccole cose e cercando di accettare i nostri limiti con serenità.

Questa mentalità solidale, che vogliamo far crescere dentro di noi, nei nostri circoli e nel nostro mondo, contribuirà alla rivoluzione culturale che auspichiamo, e che cercate di realizzare quando promuovete la sostenibilità ambientale, o quando incoraggiate la realizzazione di campi senza barriere, sforzandovi di superare tutti i muri che ingiustamente dividono le persone e promuovendo il coinvolgimento e la valorizzazione di tutti, secondo uno spirito di squadra che è la vera speranza dell’umanità.

Cari amici, abbiate sempre chiari quali sono nella vita i vostri veri obiettivi, i vostri goal. E possiate diventare sempre più bravi, più leali, più amici. Chiedo a Dio di accompagnare il cammino di ognuno di voi e delle vostre associazioni sportive; e anche a voi chiedo una preghiera per me che ne ho bisogno. Grazie!



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