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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN THAILANDIA E GIAPPONE

(19 - 26 NOVEMBRE 2019)

INCONTRO CON IL PERSONALE MEDICO DEL ST. LOUIS HOSPITAL

SALUTO DEL SANTO PADRE

Bangkok - Giovedì, 21 novembre 2019

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Cari amici,

sono lieto di avere l’opportunità di incontrarmi con voi, personale medico, sanitario e ausiliario dell’Ospedale St. Louis e di altri ospedali cattolici e centri caritativi. Ringrazio il Direttore per le sue gentili parole di presentazione. Per me è una benedizione assistere, in prima persona, a questo prezioso servizio che la Chiesa offre al popolo thailandese, specialmente ai più bisognosi. Saluto con affetto le Suore di San Paolo di Chartres, come pure le altre religiose qui presenti, e vi ringrazio per la silenziosa e gioiosa dedizione a questo apostolato. Voi ci permettete di contemplare il volto materno del Signore che si china a ungere e sollevare i suoi figli: grazie.

Mi ha fatto piacere sentire le parole del Direttore sul principio che anima questo Ospedale: “Ubi caritas, Deus ibi est”, “Dove c’è carità, lì c’è Dio”. Infatti è proprio nell’esercizio della carità che noi cristiani siamo chiamati non solo a manifestare che siamo discepoli missionari, ma anche a verificare la fedeltà della nostra sequela e quella delle nostre Istituzioni: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40), dice il Signore. Discepoli missionari sanitari che si aprono a «una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, […] per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 92).

Da questo punto di vista, voi compite una delle più grandi opere di misericordia, poiché il vostro impegno sanitario va ben oltre una semplice e lodevole pratica della medicina. Tale impegno non può ridursi solo a realizzare alcune azioni o determinati programmi, ma dovete andare al di là, aperti all’imprevisto. Accogliere e abbracciare la vita come arriva al Pronto Soccorso dell’ospedale per essere trattata con una pietà speciale, che nasce dal rispetto e dall’amore per la dignità di tutti gli esseri umani. Anche i processi di guarigione richiedono e rivendicano la forza di un’unzione capace di restituire, in tutte le situazioni che si devono attraversare, uno sguardo che dà dignità e che sostiene.

Tutti voi, membri di questa comunità sanitaria, siete discepoli missionari quando, guardando un paziente, imparate a chiamarlo per nome. So che a volte il vostro servizio può essere pesante e stancante; vivete in mezzo a situazioni estreme, e ciò richiede che possiate essere accompagnati e assistiti nel vostro lavoro. Da qui l’importanza di sviluppare una pastorale della salute in cui, non solo i pazienti, ma tutti i membri di questa comunità possano sentirsi accompagnati e sostenuti nella loro missione. Sappiate anche che i vostri sforzi e il lavoro delle tante istituzioni che rappresentate sono la testimonianza viva della cura e dell’attenzione che siamo chiamati a dimostrare per tutte le persone, in particolare per gli anziani, i giovani e i più vulnerabili.

Quest’anno, l’Ospedale St. Louis celebra il 120° anniversario della sua fondazione. Quante persone hanno ricevuto sollievo nel loro dolore, sono state consolate nelle loro oppressioni e accompagnate nella loro solitudine! Nel rendere grazie Dio per il dono della vostra presenza nel corso di questi anni, vi chiedo di far sì che questo apostolato, e altri simili, siano sempre più segno ed emblema di una Chiesa in uscita che, volendo vivere la propria missione, trova il coraggio di portare l’amore risanante di Cristo a tutti coloro che soffrono.

Al termine di questo incontro visiterò i malati, i disabili, e così potrò accompagnarli, almeno un poco, nel loro dolore.

Tutti sappiamo che la malattia porta sempre con sé grandi interrogativi. La nostra prima reazione può essere quella di ribellarci e persino di avere momenti di sconcerto e desolazione. È il grido di dolore, ed è bene che sia così: Gesù stesso lo ha patito e lo ha fatto suo. Con la preghiera anche noi vogliamo unirci al suo grido.

Unendoci a Gesù nella sua passione scopriamo la forza della sua vicinanza alla nostra fragilità e alle nostre ferite. È un invito ad aggrapparci alla sua vita e al suo sacrificio. Se a volte sentiamo dentro “il pane dell’afflizione e l’acqua della tribolazione”, preghiamo di poter anche trovare, in una mano tesa, l’aiuto necessario per scoprire il conforto che viene dal Signore che “non si tiene nascosto” (cfr Is 30,20) ma che ci sta vicino e ci accompagna.

Poniamo questo incontro e la nostra vita sotto la protezione di Maria, sotto il suo manto. Che lei volga i suoi occhi pieni di misericordia verso di voi, specialmente nel momento del dolore, della malattia e di ogni forme di vulnerabilità. Lei vi aiuti con la grazia di incontrare il suo Figlio nella carne ferita delle persone che servite.

Benedico tutti voi e le vostre famiglie. E vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie!

 



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