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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL V° CORSO INTERNAZIONALE DI FORMAZIONE
DEI CAPPELLANI MILITARI CATTOLICI
AL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

Sala Clementina
Giovedì, 31 ottobre 2019

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Cari fratelli e sorelle,

Sono lieto di accogliervi in occasione del V° Corso internazionale di formazione dei cappellani militari cattolici al diritto internazionale umanitario, dedicato al tema “La privazione della libertà personale nel contesto dei conflitti armati. La missione del cappellano militare”. Ringrazio il Cardinale Peter Turkson per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome vostro, saluto cordialmente il Card. Fernando Filoni e sono grato alla Congregazione per i Vescovi per l’organizzazione del Corso.

Quattro anni orsono, nel ricevere i partecipanti alla precedente edizione di questo Corso di formazione, sottolineavo l’esigenza di respingere la tentazione di considerare l’altro come un nemico da distruggere e non come una persona, dotata di intrinseca dignità, creata da Dio a propria immagine. Esortavo inoltre a ricordare sempre, persino in mezzo alle lacerazioni della guerra, che ogni essere umano è immensamente sacro[1].

Questa esortazione, che desidero rinnovare oggi, assume un significato ancora più pressante nei confronti delle persone private della libertà personale per motivi connessi con i conflitti armati, giacché la vulnerabilità dovuta alla condizione di detenzione è aggravata dal fatto di trovarsi nelle mani delle forze combattenti avverse. Non di rado, le persone detenute nel contesto dei conflitti armati sono vittime di violazioni dei loro diritti fondamentali, tra cui abusi, violenze e diverse forme di tortura e trattamenti crudeli, disumani e degradanti.

Quanti civili, poi, sono oggetto di rapimenti, sparizioni forzate e omicidi! Fra di loro, si contano anche numerosi religiosi e religiose, dei quali non si hanno più notizie o che hanno pagato con la vita la loro consacrazione a Dio e al servizio della gente, senza preferenze o pregiudizi di bandiere e di nazionalità.

Assicuro la mia preghiera per tutte queste persone e per le loro famiglie, affinché possano avere sempre il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza.

Il diritto internazionale umanitario prevede numerose disposizioni in ordine alla protezione della dignità dei detenuti, specialmente per quanto concerne il diritto applicabile ai conflitti armati internazionali. Il fondamento etico e l’importanza cruciale di queste norme per la salvaguardia della dignità umana nel tragico contesto dei conflitti armati fa sì che esse debbano essere adeguatamente e rigorosamente rispettate e applicate. Ciò vale anche nei confronti delle persone detenute, indipendentemente dalla natura e dalla gravità dei crimini che esse possono aver commesso. Il rispetto della dignità e dell’integrità fisica della persona umana, infatti, non può essere tributario delle azioni compiute ma è un dovere morale a cui ogni persona e ogni autorità è chiamata.

Cari Ordinari e Cappellani militari, vi invito, nell’adempimento della vostra missione di formazione della coscienza dei membri delle forze armate, a non risparmiare sforzi affinché le norme del diritto internazionale umanitario siano accolte nei cuori di coloro che sono affidati alla vostra cura pastorale. Vi fanno da guida le parole del Vangelo contenute nel grande “protocollo” o grande regola di comportamento: «Ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,36).

Si tratta di aiutare quella particolare porzione del popolo di Dio affidato alla vostra cura a individuare nel patrimonio comune che lega tutti gli uomini, e che trae la sua origine già dal diritto naturale, quegli elementi che possono diventare ponte e piattaforma di incontro con tutti. I ministri di Cristo nel mondo militare sono anche i primi ministri dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali. Penso a quanti tra voi sono accanto ai militari in situazioni di conflitto internazionale, chiamati ad aprire le loro coscienze a quella carità universale che avvicina l’uomo all’uomo, qualunque sia la razza, la nazionalità, la cultura, la religione dell’atro.

Ma prima di questo c’è il lavoro preventivo, che è un lavoro educativo, complementare a quello delle famiglie e delle comunità cristiane. Si tratta di formare personalità aperte all’amicizia, alla comprensione, alla tolleranza, alla bontà, al rispetto verso tutti; giovani attenti alla conoscenza del patrimonio culturale dei popoli, impegnati per una cittadinanza universale, per favorire la crescita di una grande famiglia umana. Il Concilio Vaticano II chiama i militari «ministri della sicurezza e della libertà dei popoli» (Cost. past. Gaudium et spes, 79): voi siete in mezzo a loro perché queste parole, che la guerra offende e annulla, possano essere realtà, possano dare senso alla vita di tanti giovani e meno giovani che, come militari, non vogliono farsi derubare dei valori umani e cristiani.

Cari fratelli e sorelle, il 12 agosto 1949 venivano sottoscritte a Ginevra le Convenzioni per la protezione delle vittime di guerra. In questo 70° anniversario desidero riaffermare l’importanza che la Santa Sede accorda al diritto internazionale umanitario e formulare l’auspicio che le regole che esso contempla siano rispettate in ogni circostanza. Là dove opportuno, esse siano ulteriormente chiarificate e rafforzate, specialmente per quanto concerne i conflitti armati non internazionali, e in particolare la protezione della dignità delle persone private della libertà personale per motivi connessi con questi conflitti.

Posso assicurarvi che la Santa Sede continuerà a dare il suo contributo nelle discussioni e nei negoziati in seno alla famiglia delle Nazioni. Vi affido all’intercessione della Vergine Maria, Madre di Misericordia, e di cuore imparto la mia benedizione a voi e ai vostri cari. E anche voi, per favore, pregate per me. Grazie!


[1] Cfr Discorso ai partecipanti al IV Corso di formazione dei cappellani militari al diritto internazionale umanitario, 26 ottobre 2015.



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