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VISITA PASTORALE A BRESCIA

GIOVANNI PAOLO II

ANGELUS

INCONTRO CON I GIOVANI NELLA PIAZZA PAOLO VI

Domenica, 26 Settembre 1982

 

E adesso che è giunta l’ora del mezzogiorno vogliamo, in conformità con la consuetudine della Chiesa orante, adorare il mistero dell’Incarnazione, salutando Maria, Madre del Verbo Incarnato. Ci richiameremo alle parole di Paolo VI, il quale, riferendosi alla preghiera dell’Angelus Domini, rilevava come la sua “struttura semplice, il carattere biblico, l’origine storica, che la collega all’invocazione dell’incolumità nella pace, il ritmo quasi liturgico, che santifica momenti diversi della giornata, l’apertura verso il mistero pasquale”, facciano sì che essa, “a distanza di secoli, conservi inalterato il suo valore e intatta la sua freschezza” (Paolo VI, Marialis Cultus, 41).

E proprio in occasione della recita domenicale dell’Angelus, Papa Paolo VI, meditando sul mistero dell’Incarnazione - “l’avvenimento più singolare, più innovatore, più bello dell’umanità: il Verbo di Dio che si fa uomo” - osservava con filiale trasporto: “Maria, l’umilissima, la purissima, accetta di diventare, con la sua amorosa ubbidienza, per opera dello Spirito Santo, la Vergine Madre dell’uomo-Dio, Cristo Signore. È un nodo tale di misteri, di verità, di realtà, a cui fanno capo i disegni divini ed insieme i nostri destini, che giustifica, ed esige anzi, il culto tutto speciale e filiale che la Chiesa, l’umanità credente e in via di redenzione, tributa a Maria” (Insegnamenti di Paolo VI, XI [1973] 284).

A testimonianza di tale culto “tutto speciale” Paolo VI, durante il Concilio Vaticano II, proclamò la Vergine santissima “Madre della Chiesa”, sottolineando che Maria “essendo Madre di Colui, che fin dal primo istante della Incarnazione nel suo seno verginale, ha unito a sé come Capo il suo Corpo Mistico . . . è Madre anche dei fedeli e dei Pastori tutti, cioè della Chiesa” (Insegnamenti di Paolo VI, II [1964] 675).

Innalziamo, dunque, con animo pieno di fiducia il nostro sguardo a lei e diciamo:

“Angelus Domini . . .”. 

 

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