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GIOVANNI PAOLO II

ANGELUS

Domenica, 22 marzo 1987

 

1. I grandi temi di questo tempo sacro della Quaresima ci ripresentano e ci fanno rivivere fin dalle origini le tappe della storia della salvezza. È una storia-mistero, intessuta dagli interventi diretti di Dio nelle vicende del suo popolo.

Un popolo che egli sceglie, assiste e guida sui ritmi di un’alleanza, a cui corrisponde un processo di liberazione. Ma l’attuazione del grandioso e suggestivo disegno divino tende ad un evento, di fronte al quale le vicende precedenti assumono l’aspetto di preparazione, di “ombra”, di “figura” (cf. Col 2, 16-17). È l’evento supremo, unico e irripetibile, dell’incarnazione, immolazione e risurrezione del “Figlio dell’uomo”. In una parola: il mistero pasquale. Scaturiscono da qui i vincoli della nuova alleanza con la quale Cristo in virtù del suo sangue fonda il nuovo Popolo di Dio, chiamandolo a camminare sulle strade della storia verso la salvezza totale.

2. Nel secondo capitolo della Lumen Gentium il Concilio ricorda che Dio “volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle di loro costituire un popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse” (Lumen Gentium, 9). In questo modo non è certo sottovalutato il rapporto personale con Dio. Esso, viceversa, viene avvalorato nell’impegno di un’apertura sociale, che da Dio stesso trae origine. Ecco alcune voci profetiche: “Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Ger 31, 33); “Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36, 28). Non si tratta di un popolo in senso semplicemente storico, geografico, sociologico. Si tratta di un popolo messianico, del vero Popolo di Dio, che “ha per capo Cristo... per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio . . . per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati... per fine il regno di Dio . . . (ed è) costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità” (Lumen Gentium, 9).

3. L’idea centrale del magistero del Concilio - come il Sinodo straordinario del 1985 ha incisivamente posto in rilievo - è l’ecclesiologia di comunione (cf. Synodi Extr. Episcoporum 1985, Relatio finalis, C, 6). In questa luce assumono un particolare significato - più nitido sul piano dell’essere, più obbligante sul piano dell’agire - le caratteristiche del Popolo di Dio, le prerogative dei suoi componenti, la reciprocità delle loro relazioni. L’unità della compagine del Popolo di Dio, l’universalità nel tempo e nello spazio a cui è destinata la sua missione, l’identica dignità fondamentale di tutti i suoi membri, la stessa diversità di compiti e di carismi trovano nella realtà e nello spirito della comunione il necessario e fecondo sostegno. Comunione vuol dire, fondamentalmente, unione con Dio attraverso Cristo nello Spirito Santo. E unione con i fratelli di fede e con tutto il genere umano, in una solidarietà limpida e coerente. Maria di Nazaret, che mercoledì prossimo onoreremo liturgicamente nell’ineffabile mistero dell’annunciazione, ci aiuti tutti a orientare verso questi orizzonti il cammino quaresimale e la preparazione del Sinodo sui nostri fratelli e sorelle del laicato.

 

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