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GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 12 novembre 1986

 

1. Le considerazioni sul peccato, svolte nel presente ciclo delle nostre catechesi, ci impongono di ritornare sempre a quel primo peccato di cui si legge in Gen 3, San Paolo ne parla come della “disobbedienza” del primo Adamo (cf. Rm 5, 19), in connessione diretta con quella trasgressione del comandamento del Creatore concernente “l’albero della conoscenza del bene e del male”. Anche se una lettura superficiale del testo può dare l’impressione che quel divieto riguardasse una cosa irrilevante (“non dovete mangiare del frutto dell’albero”), chi ne fa un’analisi più profonda si convince facilmente che il contenuto apparentemente irrilevante del divieto simboleggia una questione del tutto fondamentale. E ciò appare dalle parole del tentatore, il quale, per persuadere l’uomo ad agire contro il divieto del Creatore, lo alletta con quella istigazione: “Quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male” (Gen 3, 5).

2. In questa luce sembra si debba intendere che quell’albero della conoscenza e il divieto di mangiare dei suoi frutti avevano lo scopo di ricordare all’uomo che egli non è “come Dio”: è solo una creatura! Sì, una creatura particolarmente perfetta perché fatta a “immagine e somiglianza di Dio”, e, nondimeno, sempre e solo una creatura. Questa era la fondamentale verità dell’essere umano. Il comandamento che l’uomo ha ricevuto all’inizio includeva questa verità espressa in forma di ammonimento: Ricordati di essere una creatura chiamata all’amicizia con Dio, il quale solo è il tuo Creatore: non voler essere ciò che non sei! Non voler essere “come Dio”. Agisci secondo ciò che sei, tanto più che questa è già una misura così alta: la misura dell’“immagine e somiglianza di Dio”. Essa ti distingue tra le creature del mondo visibile, ti pone sopra di esse. Ma nello stesso tempo la misura dell’immagine e somiglianza di Dio ti obbliga ad agire in conformità con ciò che tu sei. Sii dunque fedele all’alleanza che Dio creatore ha stretto con te, creatura, sin dall’inizio.

3. Proprio questa verità, e quindi il principio primordiale di comportamento dell’uomo, non solo è stato messo in dubbio dalle parole del tentatore riferite in Gen 3, 1 ma è stato addirittura radicalmente “contestato”. Pronunciando quelle parole tentatrici il “serpente antico”, come lo chiama l’Apocalisse (Ap 12, 9), formula per la prima volta un criterio di interpretazione a cui in seguito l’uomo peccatore ricorrerà tante volte nel tentativo di affermare se stesso o addirittura di crearsi un’etica senza Dio: il criterio cioè secondo cui Dio è “alienante” per l’uomo, così che questi, se vuol essere se stesso, deve farla finita con Dio (cf. Feuerbach, Marx, Nietzsche).

4. La parola “alienazione” presenta diverse sfumature di significato. In tutti i casi indica l’“usurpazione” di qualcosa che è proprietà altrui. Il tentatore di Gen 3 dice per la prima volta che il Creatore ha “usurpato” ciò che appartiene all’uomo-creatura! Attributo dell’uomo sarebbe infatti l’“essere come Dio”, il che dovrebbe significare l’esclusione di qualunque dipendenza da Dio. Da questo presupposto metafisico deriva logicamente il rifiuto di ogni religione come incompatibile con ciò che l’uomo è. Di fatti le filosofie atee (o anti-teiste) ritengono che la religione sia una forma fondamentale di alienazione mediante la quale l’uomo si priva o si lascia espropriare di ciò che appartiene esclusivamente al suo essere umano. Nello stesso crearsi un’idea di Dio, l’uomo si aliena da se stesso, perché rinuncia in favore di quell’Essere perfetto e felice da lui immaginato, a ciò che è originariamente e principalmente sua proprietà. La religione a sua volta accentua, conserva e alimenta questo stato di auto-spogliamento in favore di un Dio di creazione “idealistica” e quindi è uno dei principali coefficienti dell’“espropriazione” dell’uomo, della sua dignità, dei suoi diritti.

5. Di questa falsa teoria, così contraria ai dati della storia e della psicologia religiosa, vorrei far qui notare che presenta varie analogie con la narrazione biblica della tentazione e della caduta. È significativo che il tentatore (“il serpente antico”) di Gen 3 non metta in dubbio l’esistenza di Dio, e neanche neghi direttamente la realtà della creazione; verità che in quel momento storico erano per l’uomo fin troppo ovvie. Invece, nonostante questa ovvietà, il tentatore - nella propria esperienza di creatura ribelle per libera scelta - cerca di innestare nella coscienza dell’uomo già “all’inizio”, quasi “in germe”, ciò che costituisce il nucleo dell’ideologia dell’“alienazione”. E con ciò opera una radicale inversione della verità sulla creazione nella sua essenza più profonda. Al posto del Dio che elargisce al mondo l’esistenza, del Dio-Creatore, nelle parole del tentatore in Gen 3 viene presentato un Dio “usurpatore” e “nemico” della creazione, e specialmente dell’uomo. In realtà proprio l’uomo è il destinatario di una particolare elargizione divina, essendo stato creato a “immagine e somiglianza” di Dio. In questo modo la verità viene estromessa dalla non-verità; viene mutata in menzogna, perché manipolata dal “padre della menzogna”, come il Vangelo chiama colui che ha operato questa contraffazione all’“inizio” della storia umana: “Egli è stato omicida fin dal principio . . . perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8, 44).

6. Nel cercare la fonte di questa “menzogna”, che si trova all’inizio della storia come radice del peccato nel mondo degli esseri creati e dotati della libertà a immagine del Creatore, vengono ancor sempre alla mente le parole del grande Agostino: “amor sui usque ad contemptum Dei” (De Civitate Dei, XIV, 28: PL 41, 438). La menzogna primordiale ha la sua fonte nell’odio che porta al disprezzo di Dio: “contemptus Dei”.

Questa è la misura di negatività morale che si è riflessa nel primo peccato dell’uomo. Ciò consente di capire meglio quanto san Paolo insegna quando qualifica il peccato di Adamo come “disobbedienza” (Rm 5, 19). L’Apostolo non parla di odio diretto di Dio, ma di “disobbedienza”, di opposizione alla volontà del Creatore. Tale rimarrà il carattere principale del peccato nella storia dell’uomo. Sotto il peso di questa eredità la volontà dell’uomo, resa debole e incline al male, resterà permanentemente esposta all’influenza del “padre della menzogna”. Lo si constata nelle diverse epoche della storia. Lo testimoniano ai nostri tempi le diverse specie di negazione di Dio, dall’agnosticismo all’ateismo o addirittura all’antiteismo. In diversi modi viene inscritta in esse l’idea del carattere “alienante” della religione e della morale, che trova nella religione la propria radice, proprio come aveva suggerito agli inizi il “padre della menzogna”.

7. Ma se si vuol guardare alla realtà senza pregiudizi e chiamare le cose col loro nome, dobbiamo dire francamente che alla luce della rivelazione e della fede, la teoria dell’alienazione dev’essere rovesciata. Ciò che porta all’alienazione dell’uomo è proprio il peccato, è unicamente il peccato! È proprio il peccato che fin dall’“inizio” fa sì che l’uomo venga in certo modo “diseredato” della propria umanità. Il peccato “toglie” all’uomo, in diversi modi, ciò che decide della sua vera dignità: quella di immagine e somiglianza di Dio. Ogni peccato in certo modo “riduce” questa dignità! Quanto più l’uomo diventa “schiavo del peccato” (Gv 8, 34) tanto meno gode della libertà dei figli di Dio. Egli cessa di essere padrone di se stesso, come esigerebbe la struttura stessa del suo essere persona e cioè di creatura razionale, libera, responsabile.

La Sacra Scrittura sottolinea efficacemente questo concetto di alienazione, illustrandone una triplice dimensione: l’alienazione del peccatore da se stesso (cf. Sal 57,4: alienati sunt peccatores ab utero), da Dio (cf. Ez 14, 7: [qui] alienatus fuerit a me; Ef 4, 18: alienati a vita Dei), dalla comunità (cf. Ef 2, 12: alienati a conversatione Israel).

8. Il peccato è dunque non solo “contro” Dio, ma anche contro l’uomo. Come insegna il Concilio Vaticano II: “Il peccato è . . . una diminuzione per l’uomo stesso, impedendogli di costruire la propria pienezza” (Gaudium et Spes, 13). È una verità che non ha bisogno di essere provata con elaborate argomentazioni. Basta semplicemente constatarla. Del resto non ne offrono forse eloquente conferma tante opere della letteratura, del cinema, del teatro? In esse l’uomo appare indebolito, confuso, privo di un centro interiore, accanito contro di sé e contro gli altri, succube di non-valori, in attesa di qualcuno che non arriva mai, quasi a riprova del fatto che, una volta perduto il contatto con l’Assoluto, egli finisce per perdere anche se stesso.

È perciò sufficiente richiamarsi all’esperienza, sia a quella interiore, sia a quella storico-sociale nelle sue varie forme, per convincersi che il peccato è un’immane “forza distruttrice”: esso distrugge con virulenza subdola e inesorabile il bene della convivenza tra gli uomini e le società umane. Proprio per questo si può parlare giustamente del “peccato sociale” (Reconciliatio et Paenitentia, 16). Dato però che alla base della dimensione sociale del peccato si trova sempre il peccato personale, bisogna soprattutto mettere in rilievo ciò che il peccato distrugge in ogni uomo, suo soggetto e artefice, considerato nella sua concretezza di persona.

9. A questo proposito merita di essere richiamata un’osservazione di san Tommaso d’Aquino, secondo il quale, allo stesso modo che ad ogni atto moralmente buono l’uomo come tale diventa migliore, così per ogni atto moralmente cattivo l’uomo come tale diventa peggiore (cf. Summa Theol, I-II, q. 55, a. 3; q. 63, a. 2). Il peccato dunque distrugge nell’uomo quel bene che è essenzialmente umano, in un certo senso “toglie” all’uomo quel bene che gli è proprio, “usurpa” l’uomo a se stesso. In questo senso, “chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”, come afferma Gesù nel Vangelo di Giovanni (Gv 8, 34). Questo è precisamente quanto è contenuto nel concetto di “alienazione”. Il peccato, dunque, è la vera “alienazione” dell’essere umano razionale e libero. All’essere razionale compete di tendere alla verità e di esistere nella verità. Al posto della verità circa il bene, il peccato introduce la non-verità: il vero bene viene da esso eliminato in favore di un bene “apparente”, che non è un bene vero, essendo stato eliminato il vero bene in favore del “falso”.

L’alienazione che avviene nel peccato tocca la sfera conoscitiva, ma attraverso la conoscenza raggiunge la volontà. E ciò che allora succede sul terreno della volontà, lo ha espresso forse nel modo più esatto san Paolo, scrivendo: “Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me . . . Quando voglio fare il bene il male è accanto a me . . . Sono uno sventurato” (Rm 7, 19-24).

10. Come si vede, la reale “alienazione” dell’uomo - l’alienazione di un essere fatto a immagine di Dio, razionale e libero - è nient’altro che “il dominio del peccato” (Rm 3, 9). E questo aspetto del peccato viene messo in rilievo con ogni forza dalla Sacra Scrittura. Il peccato è non solo “contro” Dio, contemporaneamente esso è “contro” l’uomo.

Orbene, se è vero che il peccato implica, secondo la sua stessa logica e secondo la rivelazione, adeguate punizioni, la prima di queste punizioni è costituita dal peccato stesso. Mediante il peccato l’uomo punisce se stesso! Nel peccato è già immanente la punizione; qualcuno giunge a dire: v’è già l’inferno, come privazione di Dio! “Ma forse costoro offendono me - chiede Dio per mezzo del profeta Geremia (Ger 7, 19) - o non piuttosto se stessi a loro vergogna?”. “La tua stessa malvagità ti castiga e le tue ribellioni ti puniscono” (Ger 2, 19). E il profeta Isaia lamenta: “Tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento . . . Tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci hai messo in balia della nostra iniquità” (Is 64, 5-6).

11. Proprio questo “consegnarsi (e auto-consegnarsi) dell’uomo in balia della sua iniquità” spiega nel modo più eloquente il significato del peccato come alienazione dell’uomo. Tuttavia il male non è completo o almeno è rimediabile, finché l’uomo ne è consapevole, finché conserva il senso del peccato. Quando invece anche questo viene a mancare, è praticamente inevitabile il crollo totale dei valori morali e si fa terribilmente incombente il rischio della perdizione definitiva. È per questo che vanno sempre riprese e meditate con grande attenzione quelle gravi parole di Pio XII (un’espressione che è divenuta quasi proverbiale): “Il peccato del secolo è la perdita del senso del peccato” (Discorsi e Radiomessaggi, VIII [1946], 288).


Ai fedeli di lingua francese  

Chers Frères et Sœurs,

Je livre ces réflexions, graves mais nécessaires, à vous, pèlerins | de langue française. Que les Apôtres Pierre et Paul vous aident à fortifier votre foi et votre désir d’accomplir la volonté de Dieu, lui qui nous a créés pour partager son amour!

Je suis particulièrement heureux d’accueillir les pèlerinages des diocèses de Bayonne et d’Aire et Dax, avec Monseigneur Sarabère: portez dans vos paroisses et vos groupes le salut et les vœux de l’Evêque de Rome!

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Je salue également les religieuses de la Sainte Famille de Bordeaux et les Franciscaines Missionnaires de Marie qui sont en session à Rome. Je houhaite que leur travail porte des fruits abondants dans leur vie religieuse et leur apostolat.

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J’encourage les jeunes militaires de Périgueux dans leur vie de communauté priante qui témoigne de la foi. Je remercie aussi de leur visite les marins de la frégate “Duquesne” et de l’aviso “Commandant Ducuing”; je forme pour eux des vœux très cordiaux.

J’invoque sur vous tous la Bénédiction de Dieu.

Ai pellegrini di espressione inglese  

Dear Brothers and Sisters,

I wish to welcome all the English-speaking visitors and pilgrims present at this audience, especially the groups from England, Denmark, Canada and the United States. To all of you I offer my cordial greetings, and as a pledge of grace and peace in our Lord Jesus Christ I willingly impart to you my Apostolic Blessing.

Ai fedeli di lingua tedesca  

Liebe Brüder und Schwestern!

Indem ich diese Überlegungen eurer persönlichen Besinnung anempfehle, grüße ich euch alle sehr herzlich: die genannten deutschsprachigen Gruppen und auch alle Einzelpilger. Besonders willkommen heiße ich die anwesenden Mitglieder der Landesinnung der Tischler Niederösterreich, denen ich noch heute für ihre wertvollen Dienste bei der Vorbereitung meiner Pastoralreise nach Österreich im Jahre 1983 aufrichtig danke. Einen herzlichen Gruß richte ich ferner an die Teilnehmer der Dankwallfahrt des Bistums Aachen für die Heiligtumsfahrt und den 89. Deutschen Katholikentag. Der beste gottwohlgefällige Dank wird eure Entschlossenheit sein, mit der ihr dem kommenden Reich Gottes in eurem eigenen Leben den Weg bereitet. Von Herzen erteile ich euch und allen Pilgern meinen besonderen Apostolischen Segen.

Ai fedeli di lingua spagnola  

Amados hermanos y hermanas,

Deseo ahora presentar mi más cordial saludo a todos los peregrinos de lengua española presentes en esta audiencia.

Vaya mi saludo fraterno, en primer lugar, al Señor Cardenal Ernesto Corripio Ahumada, Arzobispo de México, al que acompaña una nutrida peregrinación de su Arquidiócesis a su regreso de Tierra Santa. También de México están presentes un grupo de colaboradores de Cáritas diocesana de San Juan de Lagos y fieles de la Diócesis de Querétaro.

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Me es grato igualmente dar la bienvenida a este encuentro a los Obispos del Sur de España y de las Islas Canarias que se encuentran en Roma con motivo de su visita “ad limina”. Están también presentes numerosos peregrinos de la Archidiócesis de Sevilla y de la Diócesis de Jerez de la Frontera, a quienes saludo con todo afecto.

A simismo saludo a las Religiosas Franciscanas de la Madre del Divino Pastor que se encuentran en Roma haciendo un curso de renovación espiritual, y a las Religiosas Carmelitas Misioneras. Os aliento en vuestra generosa entrega al servicio de Dios y de la Iglesia.

A todas las personas, familias y grupos procedentes de España y de los diversos Países de América Latina imparto mi Bendición Apostólica.

Ai fedeli polacchi

Pozdrawiam serdecznie wszystkich pielgrzymów: ks. biskupa Piszcza z Olsztyna; pielgrzymów z parafii św. Stanisława w Andrychowie; z parafii św. Sebastiana ze Skomielnej Białej; pielgrzymkę kapłanów archidiecezji warszawskiej na 25-lecie święceií; z parafii Swiętego Krzyża w Warszawie; z parafii św. Małgorzaty w tomiankach, archidiecezja warszawska; z diecezji lubelskiej; rolników diecezji siedleckiej; z diecezji opolskiej, pielgrzymów z dekanatów Gogolin i Głubczyce; grupę nauczycieli z Poznania; również grupę Towarzystwa Ziemi Drohiczyńskiej; uczestników grup turystycznych z Warszawy, a także z innych części Polski . . . Korzystam z okazji, ażeby pozdrowić wszystkich moich Rodaków tu obecnych, a także wszystkich w Ojczyźnie, polecając waszej modlitwie moją najblizszą podróż duszpasterską na Daleki Wschód.

Ad alcuni gruppi italiani

Desidero ora porgere il mio saluto a tutti i pellegrini italiani, rivolgendo uno speciale pensiero al gruppo di sacerdoti che partecipano ad un corso di esercizi spirituali promosso dal movimento FAC.

Con essi saluto anche i sacerdoti salesiani, incaricati della pastorale giovanile e provenienti da varie Nazioni, che stanno seguendo in Roma un corso di rinnovamento e di aggiornamento.

Mi compiaccio con tutti voi, cari sacerdoti, e vi esorto a far sì che tutta la vostra vita sia una realizzazione trasparente e luminosa del servizio al quale siete chiamati da Cristo. Siate generosi e tenaci nella fedeltà al Vangelo, alla Chiesa, alla missione verso le anime che vi furono affidate.  

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Il mio pensiero va poi alle Suore capitolari della Congregazione della Ancelle di Maria Immacolata, di rito bizantino-ucraino e mentre esorto a perseverare nel carisma della vita interiore desiderato dalla loro fondatrice, benedico le molteplici iniziative operate dall’Istituto per sovvenire alle persone più bisognose in tanti Paesi.  

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Saluto la parrocchia di S. Maria Assunta di Zagarise (Catanzaro), che desidera affidarsi solennemente alla Madonna, e benedico volentieri la corona con la quale l’Arcivescovo ornerà, in segno di consacrazione di tutta la comunità, l’immagine della Vergine Immacolata.  

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Il mio pensiero va poi al gruppo degli anziani dell’Arcidiocesi di Chieti. Li assicuro del mio ricordo e con essi saluto l’intera Arcidiocesi.  

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Rivolgo poi una parola di incoraggiamento e di saluto al gruppo dei giovani Avieri del Ministero dell’Aeronautica, accompagnati da alcuni loro Ufficiali e dal Segretario Generale dell’Ordinariato Militare.

A tutti il mio cordiale pensiero e la mia Benedizione.  

Ai giovani  

Un saluto cordiale ai giovani venuti a questa Udienza.

La liturgia odierna fa memoria del Vescovo S. Giosafat, martire a motivo del suo infaticabile zelo per l’unità della Chiesa. Testimoniare la fede con la vita è una conseguenza che nasce dalla coscienza dei doni di grazia ricevuti perché siano messi a disposizione degli altri; è, altresì, la prova più autentica della propria adesione a Cristo, che ha dato se stesso per noi. Carissimi giovani, vi esorto ad ispirare a questa fondamentale verità gli sforzi ed i progetti per il vostro futuro. Il mondo di oggi ha bisogno della linfa della vostra gioiosa generosità e del vostro disinteressato entusiasmo per essere permanentemente sollecitato ad operare scelte che rispettino l’uomo e le sue esigenze più vere e profonde. Siate consapevoli di questo meraviglioso compito che vi attende e, per l’impegno che saprete dedicarvi, propiziatrice vi accompagni la mia Benedizione.  

Agli ammalati  

Saluto ora con affetto gli ammalati presenti e i loro accompagnatori, con un particolare pensiero per i membri dell’UNITALSI.

Carissimi, vi porgo il mio augurio cordiale per un pronto miglioramento delle vostre condizioni di salute. Ma desidero al tempo stesso ricordarvi quanto sia meritorio condividere la passione di Cristo, offrendo con Lui le proprie sofferenze al Padre: si imparano lezioni che rischiarano intimamente il senso dell’esistenza e si affretta l’ora della grazia per tanti che hanno bisogno di ritornare sulla via della vera vita. Niente di ciò che per amore è dato al Signore va perso: nella sua Divina Provvidenza, tutto Egli utilizza per il bene presente e futuro dei suoi figli e della Chiesa. Vi sia di sostegno nel vostro meritorio cammino l’Apostolica Benedizione, che di cuore imparto a voi ed ai vostri cari.  

Agli sposi novelli  

Agli “sposi novelli” un beneaugurante saluto. Carissimi, il Signore vi ha concesso di arrivare ad una tappa attesa e fondamentale della vostra vita e, certamente, la vostra riconoscenza è grande. Con la celebrazione del matrimonio voi siete diventati una cosa sola in Cristo. Quale significativo impegno ciò comporta per voi! In un’epoca lacerata da tante divisioni, la vostra sacramentale unione familiare è chiamata ad essere un contributo di pace ed un segno convincente di come si possa procedere insieme sulla via della concordia e del bene. Siatene ogni giorno più consapevoli e sui vostri propositi di amore e di reciproca fedeltà scenda la mia Benedizione.

Ad un gruppo di senatori degli Stati Uniti

Dear Friends,

I am pleased to welcome you, distinguished Senators of the United States of America who are members of the Delegation to the North Atlantic Assembly being held in Istanbul. I offer my cordial greetings to you, your wives and all those who are accompanying you. Your presence enables me once again to give the assurance of my prayers for you, and for all those like yourselves who are called to exercise roles of responsibility in the international order.

On this occasion I wish to repeat that the Holy See encourages all initiatives which aim to bring about ever closer cooperation between the nations of the world. However, such endeavors which make it possible for different peoples to live in harmony without fear of conflict are indeed only faltering attempts, founded upon sand, unless there prevails everywhere a strong sense of the universal brotherhood of man. It is only through worldwide solidarity that the bonds linking the international community are strengthened.

Furthermore, we Christians believe that individuals will not look upon one another as brothers and sisters unless they first recognize that they are truly children of the sarne heavenly Father, who is the supreme Lawgiver and divine Judge.

I express my best wishes for a fruitful participation in the deliberations of the Assembly, and upon you and all those whom you represent I invoke God’s blessings of joy and peace.

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione italiana. 

Cari amici.

Sono felice di dare io il benvenuto a voi, illustri senatori degli Stati Uniti d’America, membri della Delegazione all’assemblea del Nord Atlantico diretti a Istanbul. Rivolgo i miei cordiali saluti a voi, alle vostre mogli e a tutti coloro che vi accompagnano. La vostra presenza mi sollecita ad assicurare, ancora una volta, le mie preghiere per voi e per tutti quelli che come voi sono chiamati ad esercitare ruoli di responsabilità di ordine internazionale.

In questa occasione desidero ripetere che la Santa Sede incoraggia tutte le iniziative che hanno lo scopo di portare avanti una sempre più stretta cooperazione tra le nazioni del mondo. Tuttavia tali sforzi, che a molti popoli rendono possibile vivere in armonia senza la paura di un conflitto, sono in realtà tentativi incerti, fondati sulla sabbia, a meno che prevalga ovunque un forte senso di fratellanza universale. È solo attraverso la solidarietà mondiale che i trattati restano sicuri e i legami che uniscono le comunità internazionali rafforzati.

Inoltre, noi cristiani crediamo che gli individui non si considereranno come fratelli e sorelle se prima non riconosceranno di essere veramente figli dello stesso Padre celeste, che è il supremo Legislatore e Giudice divino.

Esprimo i miei migliori auguri per una feconda partecipazione alle deliberazioni dell’assemblea, e invoco su voi e su tutti quelli che rappresentate le benedizioni di gioia e pace di Dio.

 

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