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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA 
DEL SANTISSIMO REDENTORE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 5 dicembre 1982 

 

 1. “Preparate la via del Signore” (Lc 3, 4).

Oggi, nella seconda Domenica di Avvento, la Liturgia dirige i nostri pensieri verso quella regione, in cui si doveva compiere la venuta storica di Dio.

Quindi conosciamo prima esattamente il momento storico. L’evangelista Luca elenca per nome tutti quelli che allora esercitavano il potere sul popolo di quella terra, cioè della terra santa.

Mediante la prima lettura e il Salmo responsoriale si stende dinanzi a noi l’immagine geografica della regione del Divino Avvento.

Vediamo prima di tutto la città di Gerusalemme, alla quale il profeta Baruc parla così:
“Sorgi, o Gerusalemme, e sta’ in piedi sull’altura, / e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti / da occidente ad oriente, / alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio” (Bar 5, 5).

Da oriente ad occidente si estendono montagne, colline e valli. Il paese è pieno di dislivelli. E il profeta Baruc parla della loro “spianatura”. Parla pure delle “selve e ogni albero odoroso”, che “faranno ombra ad Israele” (Bar 5, 8).

2. Proprio sullo sfondo di questo paesaggio sta oggi sulla riva del Giordano Giovanni, figlio di Zaccaria.

“La parola di Dio scese su Giovanni figlio di Zaccaria, nel deserto” (Lc 3, 2).

E proprio allo stesso paesaggio, sul quale si è concentrata una volta l’attenzione dei profeti Baruc e Isaia, egli sembra attingere ispirazione quando predica “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Lc 3, 3).

Infatti dice così:
“Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri! / Ogni burrone sia riempito, / ogni monte e ogni colle sia abbassato; / i passi tortuosi siano diritti; / i luoghi impervi spianati. / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!” (Lc 3, 4-6).

C’è in queste parole di Giovanni al Giordano una eco lontana delle immagini dei profeti. E mentre in Isaia prevale la visione messianica dell’avvenire, in Giovanni questa visione diventa una chiamata ed un annuncio del momento: “il Messia è vicinissimo”!

3. In questo modo la Liturgia della Parola della Domenica odierna è piena del contenuto storico dell’Avvento.

Attraverso questo contenuto si svela un’altra chiamata liturgica, non già legata con il lontano passato, ma con il nostro contemporaneo Avvento, quale noi viviamo nella Chiesa del Verbo Incarnato dell’Anno del Signore 1982.

Questo Avvento è penetrato non soltanto dalla preparazione di ciò che deve compiersi, ma anche dalla piena consapevolezza di ciò che si è già compiuto. Questo Avvento liturgico è l’attesa del Compiuto, la quale tuttavia deve continuamente rinnovarsi nella memoria e nel cuore perché non trascorra nel passato, ma continuamente costituisca la nostra temporalità e il nostro avvenire.

Ripetiamo quindi le parole del Salmo:
“Grandi cose ha fatto il Signore per noi (Sal 125[126], 3).

Il Salmo è vicino alla visione profetica di Isaia, quando parla di un grande cambiamento che ha subìto Sion. Questa santa collina di Gerusalemme appartiene pure, nella Liturgia odierna, alla geografia dell’Avvento:
“Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, / ci sembrava di sognare . . .” (Sal 125[126], 1).

Non sarà forse così in quella notte di Betlemme del Natale del Signore, quando il Signore cambierà la sorte di Sion, così come lo dice il Salmista?

Insieme con la venuta del Messia, la tristezza delle anime umane, affaticate dal seminare la vita, non si trasformerà forse in gioia, così come lo dicono le ulteriori parole del Salmo?

“Chi semina nelle lacrime / mieterà con giubilo. / Nell’andare, se ne va e piange, / portando la semente da gettare, / ma nel tornare, viene con giubilo, / portando i suoi covoni” (Sal 125 [126], 5-6).

4. L’Avvento è dunque preparazione ad un grande e gioioso cambiamento. Questo cambiamento muterà radicalmente la situazione dell’uomo nel mondo, e compirà “quest’opera buona” che il Signore “ha iniziato nell’uomo”.

Di “quest’opera buona” parla l’Apostolo Paolo nella sua lettera ai Filippesi:
“Sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest’opera buona la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Fil 1, 6).

Questa speranza, di cui parla l’Apostolo, è strettamente legata all’Avvento. Questo non è altro che l’annuale meditazione “dell’opera buona” - l’opera della salvezza e della santificazione, l’opera della grazia e dell’amore, che il Signore “ha iniziato” e continuamente “inizia” in ogni uomo ed in ogni generazione fino all’ultima Venuta di Gesù Cristo, quando quell’opera verrà portata “a compimento”.

È necessario che noi comprendiamo l’Avvento come “l’opera di Dio”, che si compie in ognuno di noi, e in ognuno di noi deve raggiungere la sua piena misura.

Quest’“opera” si compie mediante “la cooperazione alla diffusione del Vangelo” (Fil 1, 5), come dice san Paolo, cioè mediante l’apostolato.

Tuttavia, l’apostolato ha la sua interiore radice nella conoscenza dell’amore di Cristo. E perciò san Paolo prega per i Filippesi:
“Che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio (Fil 1, 9-10).

La misura dell’Avvento in ognuno di noi e il progresso interiore, il progresso spirituale dell’uomo: perché possiate “essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Fil 1, 10-11).

Sì! La misura dell’Avvento è il progresso interiore, il progresso spirituale dell’uomo. È necessario che pure con questo metro noi misuriamo l’Avvento di quest’anno. È necessario che a questo progresso noi dedichiamo tutto il cuore. È necessario che cerchiamo la purificazione nel sacramento della Penitenza e la fortificazione nell’Eucaristia.

5. Ecco i pensieri che la Parola Divina della Liturgia odierna ha suggerito per l’incontro del Vescovo di Roma con la Parrocchia del santissimo Redentore.

Questo festoso incontro mi dà modo di salutarvi tutti, carissimi parrocchiani, e di esprimervi il mio affetto. In particolare, oltre al Cardinale Vicario e al Vescovo di Zona Monsignor Alessandro Plotti, desidero rivolgere il mio saluto al benemerito Parroco, padre Francesco Zanotto, validamente coadiuvato da alcuni Vice-Parroci della sua stessa famiglia religiosa, la Congregazione dei Missionari di san Carlo o Scalabriniani. Con loro saluto anche le religiose Orsoline, sia quelle di Somasca, che celebrano quest’anno il 50° della loro attiva presenza nel quartiere, sia quelle della Sacra Famiglia di Siracusa. Il mio saluto va poi ai membri del Consiglio Parrocchiale, ai vari Gruppi di responsabilità pastorale, ai Movimenti cattolici presenti nella parrocchia, e ai partecipanti alle diverse e opportune iniziative comunitarie. In special modo, mi compiaccio con i Catechisti e li invito a proseguire con sempre maggiore dedizione il loro prezioso impegno di educazione alla fede. Ai giovani, in particolare a quelli del gruppo “Proposta”, va la mia parola di vivo incoraggiamento ad inserirsi sempre più responsabilmente e generosamente nel tessuto comunitario della parrocchia, che, se li aiuta a maturare nella fede e nel servizio ai fratelli, si attende anche da loro una testimonianza corrispondente. Ai malati, agli anziani, e a tutti coloro che hanno motivi di sofferenza assicuro il mio costante ricordo al Signore, perché egli conceda loro il suo insostituibile conforto. A tutti dico che vi porto nel cuore e che prego per voi, come un padre per i suoi figli diletti.

6. Ed alla vostra Comunità nel suo insieme dico infine, ancora una volta, con le parole della Liturgia odierna:
“Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri! / . . . Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!” (Lc 3, 4.6).

E a tutti auguro felici feste di Natale!

 

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