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 VISITA PASTORALE A RIETI E GRECCIO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza Battisti, Rieti
Domenica, 2 gennaio 1983 

 

1. “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla su di te” (Is 60, 1). Carissimi fratelli e sorelle, l’invito della liturgia di oggi, Solennità dell’Epifania, ci riporta con la mente e col cuore a quella notte di tanti anni fa, quando in questa Valle, per iniziativa di san Francesco d’Assisi, fu rappresentato visibilmente per la prima volta il mistero del Natale. In tale circostanza - secondo il racconto del primo biografo - si raccolsero a Greccio uomini e donne di questa vostra regione “portando ciascuno secondo le sue possibilità ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi” (Tommaso da Celano, Vita prima, 85).

Si compiva in tal modo un desiderio che Francesco coltivava nel cuore da gran tempo: “rappresentare il Bambino nato a Betlemme e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui s’era trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello” (Tommaso da Celano, Vita prima, 84).

2. Anche noi siamo oggi qui raccolti per meditare sul mistero inaudito di un Dio fattosi uomo per amore nostro; anche noi siamo qui per riconoscere che quel piccolo Bimbo, incapace di parlare, è la Parola increata del Padre, Colui che possiede la risposta capace di appagare ogni nostro interrogativo esistenziale; anche noi siamo qui per adorare l’ineffabile condiscendenza del Dio tre volte santo, che non ci ha abbandonati nella nostra miseria ma, scavalcando l’abisso della sua trascendenza si è fatto uno di noi per camminare al nostro fianco e indicarci con l’esempio la strada della salvezza.

Questo pensiero e la profonda lezione di spiritualità evangelica che promana dalla scena tanto suggestiva del presepio, ci riempiono l’animo di gioia e ci fanno comprendere perché san Francesco abbia avuto per il Natale “più devozione che per qualunque altra festività dell’anno” (Leggenda perugina, 110). È stato infatti “dal giorno della sua nascita - com’egli diceva - che il Signore si impegnò a salvarci” (Ivi), avviando quell’iniziativa che si sarebbe conclusa con l’umiliazione e la gloria del mistero pasquale.

Seguendo la testimonianza del Poverello ho intrapreso questo pellegrinaggio natalizio e sono venuto nei luoghi che gli furono cari, per far eco alle sue parole e per ripetere di fronte alla generazione contemporanea che la vera “luce delle genti” è Cristo, lui, il Verbo incarnato, il Redentore dell’uomo. Si aprano i cuori ad accogliere questo annuncio e ciascuno si muova verso la mangiatoia di Betlemme, ove giace “il bambino con Maria sua madre” e, come fecero i Magi guidati dalla stella, “prostrandosi lo adori” (cf. Mt 2, 11).

3. Carissimi fratelli e sorelle della Comunità ecclesiale reatina, convenuti in questa piazza, su cui domina la splendida torre campanaria e s’affaccia la maestosa cattedrale, consacrata dal Papa Onorio III il 9 settembre 1225, mentre ancora viveva san Francesco. Io dico a voi: al centro della storia del mondo sta Cristo! Con lui si scopre il senso della vita; in lui si trova il fondamento della comunità; per lui vive la Chiesa.

È necessario che la sua luce risplenda dappertutto: nei singoli, per orientare le scelte determinanti della vita cristiana; nelle famiglie, per suscitarvi la fedeltà senza riserve, l’amore fecondo, il culto della vita; nelle parrocchie, strutture fondamentali della Comunità ecclesiale, perché il Popolo di Dio possa ricevervi il conforto della Parola e il sostegno dell’Eucaristia, nella gioia della comunione fraterna; nelle esperienze associative ecclesiali, così varie nei metodi e diversificate nelle proposte, perché ciascuno possa conoscervi una progressiva maturazione nella fede e nell’impegno di adesione operosa al messaggio del Vangelo.

4. Qui il mio pensiero e il mio affetto si volgono in particolar modo a voi sacerdoti, a voi parroci, a voi religiosi e religiose che spendete le vostre energie in questa cara diocesi di Rieti. A voi intendo riservare una particolare parola all’Angelus.

Qui desidero fare appello soprattutto a voi laici, che per specifica vocazione siete posti in mezzo al mondo per animarne cristianamente le complesse realtà. La partecipazione e la responsabilità nell’azione ecclesiale non sono un monopolio o un peso riservato soltanto ad alcuni; l’apostolato è vocazione e impegno di tutti. Una Comunità matura deve saper esprimere dal suo seno le energie umane necessarie per una presenza tempestiva ed efficace nel mondo contemporaneo.

Vi esorto pertanto ad avere sempre chiara coscienza della missione che Cristo vi affida e che la Chiesa vi conferma: nei vasti e molteplici campi del “profano” voi dovete essere i testimoni della piena verità sull’uomo, contestando ogni visione distorta o riduttiva del suo destino, e rifiutando quindi, in particolare, quelle interpretazioni che non ne fanno salva la dimensione trascendente.

Mi rivolgo specialmente a voi, giovani, promettente domani della Chiesa e della società: non chiudete il vostro cuore a Cristo! Non trovereste presso altri la risposta di cui forse siete ancora alla ricerca. Troppe voci risuonano intorno a voi, troppe promesse, troppe lusinghe. Non fatevi incantare, non fatevi stordire. Conquistatevi spazi di silenzio, nei quali vi sia possibile rientrare in voi stessi e mettervi in ascolto. Cristo ha una parola da dirvi, una parola personale, diretta, nella quale è racchiuso il segreto del vostro presente e del vostro futuro. Se saprete raccoglierla, potrete camminare sicuri e lieti incontro al vostro domani.

5. Carissimi fedeli della Valle Reatina, siamo all’inizio di un nuovo anno, dal quale ciascuno s’attende la realizzazione di tante speranze, restate inadempiute durante il 1982. Sarà anche l’anno in cui inizierà il Giubileo della Redenzione. Quale migliore augurio potrebbe rivolgervi il Papa di quello così caro a san Francesco e rimasto poi emblematico per tutti i suoi figli? “Pace e bene!”.

In questa piazza vetusta nella quale il Poverello sostò, in questa “Valle Santa” che i suoi piedi nudi percorsero e che ne ricorda la presenza con Santuari ben noti e venerati, io ripeto a voi l’augurio nel quale ogni altro trova espressione e compimento: “Pace e bene!”. Pace nell’intimo delle coscienze e nei rapporti interpersonali, pace tra i singoli e pace tra le Nazioni che popolano la terra. E bene! Ogni bene: il bene spirituale, innanzitutto, che è la luce della Verità e la gioia dell’Amore; il bene temporale, poi, che è la salute, è il lavoro, è il necessario per una vita degna di esseri umani e di figli di Dio.

Voi avete celebrato durante il Centenario francescano la Missione diocesana, che il vostro Vescovo, il caro fratello Monsignor Francesco Amadio, nella sua sollecitudine pastorale ha voluto promuovere, al fine di far riscoprire e ripetere l’eterna Parola di Cristo in risposta alle domande essenziali e agli interrogativi propri dell’uomo di oggi, sulla scia dell’esperienza francescana.

La Missione - che aveva come tema le parole: “Nel nome del Padre”, e che ha trovato così larga partecipazione - con la ricchezza dei suoi contenuti ha fatto risuonare, per la generosa opera del predicatori francescani, il Vangelo e ha fatto risplendere la Luce, come quella che accese la montagna di Greccio nel Natale del 1223. Ebbene, carissimi, resti sempre scolpita nei vostri cuori la certezza che v’è in cielo un unico Padre, il quale “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). È il mistero che abbiamo contemplato in questi giorni di Natale. È il mistero che ha illuminato la vita di san Francesco. Se questa convinzione di fede continuerà a guidare le genti della Valle Reatina, ispirandone le parole e le azioni, allora potranno dirsi anche di questa terra le parole che abbiamo ascoltato dalle labbra del profeta Isaia in questa solennità anticipata dell’Epifania: “Su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” (Is 60, 2).

Popolo della “Valle Santa”, possa sempre risplendere su di te la gloria del Signore e la sua luce guidi sempre i tuoi passi.

 

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