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MESSA IN SUFFRAGIO DEL CARDINALE FRANCESE PIERRE PAUL PHILIPPE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 12 aprile 1984

 

Buono è il Signore con chi spera in lui, / con l’anima che lo cerca” (Lam 3, 25).

1. Queste parole che abbiamo ascoltate prima della lettura di questa solenne liturgia eucaristica in suffragio del compianto cardinale Pier Paolo Philippe, risuonano nel nostro cuore commosso con particolare accento, mentre ci stringiamo intorno alle sue spoglie mortali per porgere a lui l’estremo saluto e per implorare dalla misericordia divina il meritato riposo eterno.

“Con chi spera in lui!”. La virtù teologale della speranza fu compagna inseparabile e luce ispiratrice del cardinale Philippe. Egli, da profondo teologo, degno della buona tradizione della scuola domenicana, ne conobbe e, soprattutto, ne visse le ultime esigenze. La storia della speranza risale alla vicenda biblica dell’esodo, allorché Dio, con braccio potente, condusse il suo popolo fuori dalla schiavitù d’Egitto; essa perciò si ravviva ad ogni festa di Pasqua che è il memoriale di quel gesto divino, ma che è pure, anzi soprattutto, il mistero della morte e della risurrezione di Cristo, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura della lettera dell’apostolo Paolo ai Romani: “Se siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (Rm 6, 5). Cristo, risorgendo, ha aperto nel muro della morte una breccia; per essa ogni uomo può seguirlo verso la gloria in cui egli è entrato per primo “come primogenito di coloro che risuscitano dai morti” (Col 1, 18). La morte ha perduto così “il suo pungiglione . . . ed è stata inghiottita dalla vittoria” (1 Cor 15, 54), per questo la liturgia la considera non la fine, ma l’inizio: il “dies natalis”, in cui l’uomo redento dal Cristo si sveste dal suo corpo mortale per indossare l’abito nuovo che è il corpo glorioso della risurrezione (cf. 2 Cor 5, 2-3). Infatti, come è avvenuto di Cristo nella sua risurrezione così avverrà di coloro che sono di Cristo perché egli “trasformerà il nostro corpo mortale a immagine del suo corpo glorioso” (Missale Romanum, «Prex Eucharistica III»).

2. In questa consolante visione escatologica, in questa speranza, senza la quale la stessa fede sarebbe “vuota” (cf. 1 Cor 15, 14), è vissuto e ha operato il nostro fratello, cardinale Pier Paolo Philippe. “Il Dio della speranza” (Rm 6, 5) fu la ragione prima e ultima, l’alfa e l’omega dell’intera sua esistenza di uomo, di religioso e di prelato della Curia romana.

Già fin dalla prima chiamata alla vita religiosa, fiorita in seno a una famiglia profondamente cristiana di Parigi, egli comprese che il mondo è bisognoso di speranza assai più che di pane e presta ascolto a un messaggio nella misura in cui esso sa offrirgli una speranza viva e vera. Nessuno infatti può vivere senza di essa.

Entrato nell’ordine dei Frati predicatori, conseguì il dottorato in teologia e filosofia per essere in grado di rendere ragione a chiunque lo interrogasse della speranza che era in lui (cf. 1 Pt 3, 15). Con questo animo fervoroso egli intraprese, nel 1935, il suo insegnamento filosofico presso lo Studium di Lvov, in Polonia, e più tardi assunse l’incarico di docente di storia della spiritualità e della teologia mistica nell’ateneo Angelicum, in Roma. Fu durante quell’apprezzato e fecondo insegnamento romano che io ebbi la sorte di incontrarlo e di intrecciare con lui rapporti di stima e di amicizia, oltre che proficui scambi culturali.

Il suo innato amore per la scienza, la sua fedeltà alla Chiesa, la sua sollecitudine per l’ortodossia della fede e per la “sana dottrina”, già raccomandata dall’apostolo Paolo al suo discepolo Timoteo (cf. 2 Tm 4, 3), gli valsero la nomina a segretario dell’allora Sant’Offizio e l’elevazione alla dignità di arcivescovo. Svolse questo non facile compito con generosità, senza risparmio di tempo e di fatica, con lealtà a tutta prova.

La sua quadratura mentale, la sua cultura e il suo zelo per le anime rifulsero negli anni del Concilio Vaticano II, a cui egli partecipò come membro delle Commissioni per i religiosi e per le comunicazioni sociali. Ricordo i suoi interventi misurati e discreti, sapienti e illuminanti. Ma la totale dedizione alla Chiesa si rivelò in pienezza durante l’incarico di prefetto della Sacra congregazione per le Chiese orientali, a lui affidato dal mio predecessore Paolo VI e poi riconfermato da Giovanni Paolo I e da me. Egli fu guida ferma ed esperta di quel dicastero tanto importante, la cui giurisdizione ecclesiastica si estende ad alcune nazioni afflitte, allora come anche oggi, dal flagello della guerra fratricida, che, purtroppo, non cessa di insanguinare quei Paesi tanto vicini e cari al cuore della Chiesa. Con questa spina nel cuore, il cardinale Philippe si era ritirato nel 1980 nell’Istituto San Domenico di Roma, dove l’angelo della morte è venuto a prelevarlo e condurlo alla presenza del Padre.

3. “Buono è il Signore con chi spera in lui, / con l’anima che lo cerca”.

Il cardinale Philippe resterà un ammirevole esempio di come va vissuta l’attesa dei beni escatologici che sono la risurrezione del corpo, l’eredità dei santi, la vita eterna, la visione di Dio, in una parola: la salvezza! Profondamente radicato in queste certezze, egli ne ha continuamente esperimentato il conforto, la gioia e l’ebbrezza, non lasciandosi mai abbattere dalle sofferenze e dalle inevitabili prove della vita.

Siano rese grazie al Signore per tanta bontà a lui dimostrata, per averlo fornito di così preclari doti nell’ordine della natura e della grazia; per il nobile, gentile e intrepido temperamento che aveva ereditato dalla sua terra natale, alla quale ha fatto onore in tutto l’arco della sua vita a servizio di Cristo e della verità da lui fervidamente vissuta e comunicata, secondo il motto del suo ordine: “Contemplari et contemplata aliis tradere”.

4. “Con l’anima che lo cerca”. Il cardinale Pier Paolo Philippe ha cercato il Signore e lo ha incontrato: lo ha incontrato nel servizio ai fratelli, nella preghiera e soprattutto nella devozione eucaristica, in cui egli incentrava la sua pietà sacerdotale e trovava ristoro nella fatica e nella stanchezza. Quella sua continua ricerca del volto di Cristo (cf. Sal 27, 8), vissuta giorno dopo giorno “nella speranza” (Rm 8, 24), si trasformi nella letificante visione del volto di Dio, così come egli è (cf. 1 Cor 13, 12). Preghiamo perché al nostro fratello cardinale Philippe, dopo il suo pellegrinaggio terreno, il Signore apra la porta santa del Paradiso e lo ammetta nella gloria e nella gioia riservate ai servi buoni e fedeli; gli conceda quel ristoro, promesso nel Vangelo, che abbiamo proclamato poco fa, a quanti si sono affaticati per il regno dei cieli: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò . . . e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11, 30). Preghiamo infine il Signore, perché usi misericordia al nostro fratello Pier Paolo, lo assolva da qualche macchia di peccato, gli conceda il riposo di quel “settimo giorno senza sera e senza tramonto”, e lo introduca “nel sabato della vita eterna” (cf. S. Augustini, Confessiones, XIII, 36, 51). Amen.

 

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