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MESSA PER IL GIUBILEO INTERNAZIONALE DEGLI SPORTIVI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Stadio Olimpico - Giovedì, 12 aprile 1984

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Durante quest’Anno Santo straordinario non poteva mancare la testimonianza di fede, manifestata anche da coloro che sono i protagonisti del mondo dello sport, di questo fenomeno umano e sociale, che ha tanta importanza e incidenza nel costume e nella mentalità contemporanea. È pertanto motivo di grande gioia trovarmi con voi, uomini e donne dedicati allo sport, per celebrare il Giubileo della Redenzione operata da Cristo con la sua passione, morte e risurrezione.

San Paolo, che aveva conosciuto il mondo dello sport del suo tempo, nella prima Lettera ai Corinzi, che abbiamo testé ascoltato, a quei cristiani che vivevano nell’ambiente greco, scrive: “Non sapete che nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!” (1 Cor 9, 24).

Ecco, l’Apostolo delle genti, il quale per portare il messaggio di Cristo a tutti i popoli ha attinto concetti, immagini, terminologie, modi espressivi, dati filosofici e letterari non solo della tradizione giudaica, ma anche della cultura ellenica, non ha esitato a includere lo sport fra i valori umani, che gli servivano come punti di appoggio e di riferimento per il dialogo con gli uomini del suo tempo. Ha riconosciuto, pertanto, la fondamentale validità dello sport, considerato non soltanto come termine di paragone per illustrare un superiore ideale etico e ascetico, ma anche nella sua intrinseca realtà di coefficiente per la formazione dell’uomo e di una componente della sua cultura e della sua civiltà.

Così san Paolo, continuando l’insegnamento di Gesù, ha fissato l’atteggiamento cristiano, dinanzi a questa come alle altre espressioni delle facoltà naturali dell’uomo, quali la scienza, il lavoro, l’arte, l’amore, l’impegno sociale e politico; atteggiamento che non è di rifiuto o di fuga, ma di rispetto, di stima, semmai di riscatto e di elevazione: in una parola, di redenzione.

2. Ed è proprio questa concezione del cristianesimo come accettazione, assunzione, perfezionamento ed elevazione dei valori umani

- e quindi come inno alla vita - che mi piace consegnare oggi a voi e a tutti coloro che, in qualsiasi modo e in ogni Paese del mondo, praticano e si interessano a questa attività umana, quale è quella dello sport.

Il Giubileo proietta la luce della redenzione anche su questo fenomeno umano e sociale, esaltandone e magnificandone i valori positivi.

Non possiamo nascondere come non manchino purtroppo, anche in questo campo, aspetti negativi o per lo meno discutibili, che oggi vengono giustamente analizzati e denunciati da persone specializzate nell’osservazione del costume e del comportamento, e per i quali voi stessi indubbiamente soffrite.

Ma sappiamo anche quanti sforzi sono fatti perché sempre prevalga una “filosofia dello sport”, il cui principio-chiave non è “lo sport per lo sport” o per altre motivazioni che non siano la dignità, la libertà, lo sviluppo integrale dell’uomo! Voi stessi, nel Manifesto degli sportivi, che avete voluto lanciare in occasione del presente Giubileo, affermate solennemente che “lo sport è al servizio dell’uomo e non l’uomo al servizio dello sport, e pertanto la dignità della persona umana costituisce il fine e il metro di giudizio di ogni attività sportiva . . . Lo sport è confronto leale e generoso, luogo di incontro, vincolo di solidarietà e di amicizia . . . Lo sport può essere autentica cultura quando l’ambiente in cui si pratica e l’esperienza che si compie sono aperti e sensibili ai valori umani e universali per lo sviluppo equilibrato dell’uomo in tutte le sue dimensioni”. E dite ancora che lo sport “per la sua universalità si pone sul piano internazionale come mezzo di fraternità e di pace”, e che volete impegnarvi a far sì che esso “sia per gli uomini e per il mondo un effettivo strumento di riconciliazione e di pace”!

3. Sì, carissimi atleti, possa questo incontro davvero straordinario ravvivare in voi la consapevolezza della necessità di impegnarvi perché lo sport contribuisca a far penetrare nella società l’amore reciproco, la fraternità sincera e l’autentica solidarietà. Lo sport, infatti, può recare un valido e fecondo apporto alla pacifica coesistenza di tutti i popoli, al di là e al di sopra di ogni discriminazione di razza, di lingua e di nazioni.

In conformità al dettato della Carta olimpica che vede nello sport l’occasione di “una migliore comprensione reciproca e di amicizia per costruire un mondo migliore e più pacifico”, fate sì che i vostri incontri siano un segno emblematico per tutta la società e un preludio a quella nuova era, in cui i popoli “non leveranno più la spada l’un contro l’altro” (Is 2, 4). La società guarda a voi con fiducia e vi è grata per la vostra testimonianza in favore degli ideali di pacifica convivenza civile e sociale per l’edificazione di una nuova civiltà fondata sull’amore, sulla solidarietà e sulla pace.

Questi ideali fanno onore agli uomini dello sport che li hanno meditati e proclamati, ma specialmente fanno onore a non pochi campioni - dei quali alcuni oggi sono qui presenti - che nella loro carriera li hanno vissuti e realizzati con esemplare impegno.

4. San Paolo, nel brano che abbiamo ascoltato, sottolinea anche il significato interiore e spirituale dello sport: “Ogni atleta è temperante in tutto” (1 Cor 9, 25). È questo un riconoscimento della buona dose di equilibrio, di autodisciplina, di sobrietà, e quindi, in definitiva, di virtù, implicita nella pratica sportiva.

Per essere un bravo sportivo sono indispensabili onestà con se stessi e con gli altri, lealtà, forza morale, oltre e più che quella fisica, perseveranza, spirito di collaborazione e di socievolezza, magnanimità, generosità, larghezza di mente e di cuore, capacità di convivenza e di condivisione: sono tutte esigenze di ordine morale; ma l’apostolo aggiunge subito: “Essi (cioè gli atleti negli stadi greci e romani) lo fanno per ottenere una corona corruttibile (cioè la gloria e una ricompensa terrena, passeggera, effimera, anche quando suscita il delirio delle folle), noi invece una incorruttibile” (1 Cor 9, 25).

Troviamo in queste parole gli elementi per delineare non solo un’antropologia, ma un’etica dello sport e anche una teologia, che ne metta in risalto tutto il valore.

Lo sport è anzitutto valorizzazione del corpo, sforzo per raggiungere le condizioni somatiche ottimali, con notevoli conseguenze di gratificazione psicologica. Dalla fede cristiana noi sappiamo che, per il Battesimo, la persona umana, nella sua totalità e integralità di anima e corpo, diviene tempio dello Spirito Santo: “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comperati a caro prezzo (cioè col sangue di Cristo redentore). Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” (1 Cor 6, 19-20).

Lo sport è agonismo, gara per aggiudicarsi una corona, una coppa, un titolo, un primato. Ma nella fede cristiana sappiamo che vale di più la “corona incorruttibile”, la “vita eterna”, che si riceve da Dio come dono, ma che è anche il termine di una quotidiana conquista nell’esercizio delle virtù. E se c’è un’emulazione veramente importante, sempre secondo san Paolo, è questa: “Aspirate a carismi più grandi” (1 Cor 12, 31), vale a dire ai doni che meglio servono alla crescita del regno di Dio in voi e nel mondo!

Lo sport è gioia di vivere, gioco, festa, e come tale va valorizzato e forse riscattato, oggi, dagli eccessi del tecnicismo e dal professionismo mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia, di favorire il dialogo e l’apertura degli uni verso gli altri, come espressione della ricchezza dell’essere, ben più valida e apprezzabile dell’avere, e quindi ben al di sopra delle dure leggi della produzione e del consumo e di ogni altra considerazione puramente utilitaristica ed edonistica della vita.

5. Tutto questo, carissimi amici, raggiunge la sua pienezza nel Vangelo dell’amore, che abbiamo sentito proclamare con le parole di Gesù, riferite da san Giovanni, e che si riassume in un comandamento solo: amate!

Gesù insiste: “Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore . . . Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena . . .

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati . .  Voi siete miei amici, se farete ciò che io comando . . .

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.

Questo io vi comando: amatevi gli uni gli altri” (Gv 15, 9-17).

In questa occasione così singolare e significativa qual è il nostro odierno incontro, io voglio consegnare a voi tutti, e specialmente ai più giovani, questo messaggio, questo appello, questo comandamento di Cristo: amate! amatevi! Rimanete nell’amore di Cristo e allargate i vostri cuori da fratelli a fratelli! Questo è il segreto della vita, e anche la dimensione più profonda e autentica dello sport!

A voi tutti desidero ancora dire: in questo tempo così meraviglioso e così tormentato, impegnatevi a costruire una cultura dell’amore, una civiltà dell’amore! A questa costruzione voi potete contribuire con lo sport e con tutta la vostra condotta, con tutta la freschezza dei vostri sentimenti e con tutta la serietà della disciplina alla quale anche lo sport può educarvi. Vivete da uomini che restano tra loro amici e fratelli anche quando gareggiate per la “corona” di una terrena vittoria! Stringete le vostre mani, unite i vostri cuori nella solidarietà dell’amore e della collaborazione senza frontiere! Riconoscete in voi stessi, gli uni negli altri, il segno della paternità di Dio e della fratellanza in Cristo!

Io ho fiducia nella sincerità della vostra fede e della vostra volontà; ho fiducia nella vostra giovinezza, ho fiducia nel vostro proposito di impegnarvi, oltre lo sport, per la salvezza dell’uomo contemporaneo, per l’avvento di quei “nuovi cieli” e di quella “terra nuova” (2 Pt 3, 13), a cui tutti siamo protesi con l’ardore della speranza cristiana!

Io sento che la Chiesa, non meno delle vostre patrie, può contare su di voi!

Avete dei modelli a cui ispirarvi. Penso, ad esempio, a Pier Giorgio Frassati che fu un giovane moderno aperto ai valori dello sport - era un valente alpinista e un provetto sciatore - ma seppe dare al tempo stesso una coraggiosa testimonianza di generosità nella fede cristiana e nell’esercizio della carità verso il prossimo, specialmente verso i più poveri e sofferenti. Il Signore lo chiamò a sé a soli ventiquattro anni di età, nell’agosto del 1925; ma egli è tuttora ben vivo in mezzo a noi con il suo sorriso e la sua bontà, per invitare i suoi coetanei all’amore di Cristo e alla vita virtuosa. Dopo la Prima guerra mondiale così egli scriveva: “Con la carità si semina negli uomini la pace, ma non la pace del mondo, bensì la vera pace che solo la fede di Cristo ci può dare, affratellandoci”. Queste sue parole, insieme con la sua spirituale amicizia, vi lascio come programma, affinché in ogni luogo della terra siate anche voi portatori della vera pace di Cristo!

Vi auguro di camminare verso tempi nuovi con quel “cuore nuovo”, che ciascuno di voi avrà potuto realizzare in sé in questo Giubileo della Redenzione, come un dono di grazia e una conquista di amore!

Amen!

 

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