Index   Back Top Print

[ EN  - IT ]

PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN INDIA

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA NEL CAMPO DI GOLF DI SHILLONG

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Calcutta - Martedì, 4 febbraio 1986

 

“Il Signore è mio pastore, / non manco di nulla; / sui pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce” (Sal 22 [23], 1-3).

1. Cari fratelli e sorelle in Gesù Cristo. Insieme con voi desidero rivolgere il mio pensiero a colui che è il nostro Padre Eterno. Egli è colui che ci ha riuniti qui. Egli ci ha condotti lungo vie diverse a prendere il nostro posto attorno alla tavola che egli “prepara dinanzi a noi”. La tavola della parola di Dio e dell’Eucaristia. Ringraziamolo insieme.

Caro arcivescovo D’Rosario, cari fratelli vescovi, cari fratelli e sorelle in nostro Signore Gesù Cristo: nel riunirci qui questa mattina in questo meraviglioso scenario delle colline di Megalaya - “la dimora delle nuvole” - vi saluto con grande gioia in “Dio, ricco di misericordia” (Ef 2, 4). Egli mi accorda questo privilegio, di celebrare l’Eucaristia qui in mezzo a voi che appartenete ad ambienti etnici e culturali tanto diversi, così ricchi di bellezza, così vari d’espressione.

Accolgo con gioia e saluto le autorità civili presenti, così come gli illustri rappresentanti delle varie tradizioni religiose. Gli Stati che compongono questa regione del Nord-Est dell’India sono stati chiamati le “Sette sorelle”, esprimendo così il vostro senso di unità e di solidarietà.

2. In ogni cultura può essere vista l’opera di Dio. Per voi, Dio non è una mera idea astratta, fa veramente parte della vostra vita. La stessa natura vi mostra, con la sua bellezza, la sua amorevole presenza. Per amore egli si rivela i noi. Se noi tutti possiamo parlare lo stesso linguaggio dell’amore, è perché Dio per primo ci ha amati. Egli ha rivelato il suo amore a noi. Siete anche consapevoli che una volta l’uomo si volse contro il Creatore col peccato, ma che Dio nella sua misericordia non ha abbandonato il genere umano. Ha invece rivelato il suo amorevole progetto di salvezza.

In questa regione dell’India nord-orientale, in particolare, ciascun gruppo ha entro di sé un’antichissima tradizione sulla comunicazione di Dio col genere umano tramite segni e simboli che hanno assunto un carattere sacro. In realtà, possiamo immaginarci Dio come il nostro pastore che non abbandona mai le sue pecore, ma va e cerca quelle smarrite per portarle tutte all’unità dei figli di Dio.

La prima lettura della liturgia di oggi parla di questo in termini specifici: “Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo . . . e ci ha fatto sedere nei cieli” (Ef 2, 4-6). La manifestazione che Dio dà di sé raggiunge la sua pienezza in Gesù Cristo, che è il Verbo del Padre, il Figlio eterno di Dio fatto uomo. L’intero progetto di Dio per la famiglia umana viene fatto conoscere tramite il mistero dell’Incarnazione. È in Cristo che giungiamo a una più completa conoscenza del Padre, poiché “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1, 18).

3. Quando Gesù iniziò il suo ministero tra il suo popolo, annunciò il regno di Dio: rivelò il Padre e se stesso attraverso parole e azioni (cf. Dei Verbum, 17). Come descrive san Luca nel Vangelo di oggi, Gesù iniziò il proprio ministero nella sinagoga di Nazaret, proclamando che l’intero progetto salvifico di Dio per la famiglia umana si stava realizzando nella sua persona: “Lo spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19).

Gesù e venuto per annunciare in modo definitivo che l’uomo è chiamato ad appartenere a Dio, a entrare nel regno di Dio, il regno di giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo. Gesù diede prova che ciò che predicava era già una realtà nella sua persona. Guarì gli ammalati, i ciechi, i sordi, i muti, gli storpi. Riportò in vita i morti e saziò gli affamati. Tutto questo lo fece per rivelare l’amore di Dio già all’opera in lui.

La rivelazione dell’amore di Dio per noi ha raggiunto la sua espressione più alta nella passione e morte di Cristo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13). Attraverso l’amore Gesù è entrato totalmente e senza riserve in comunione col Padre e col genere umano. In lui è la totale comunicazione che Dio dà di sé e la totale risposta dell’uomo. Egli è divenuto il fondamento della nostra pace e unità.

4. Il Vangelo di Gesù Cristo, lungi dall’essere mere parole, è l’espressione dell’amorevole sollecitudine che Dio ha per noi e che ha espresso concretamente nelle parole, le opere e la persona di Gesù. Fu questo Vangelo che gli apostoli andarono predicando dopo che Gesù ebbe lasciato il nostro mondo visibile. Osarono farlo perché avevano ricevuto il dono dello Spirito Santo che li dotava di uno zelo senza paura per proclamare “ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita . . . quello che abbiamo veduto e udito, noi l’annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1 Gv 1, 1-3).

La predicazione di questo messaggio diede vita a comunità nelle quali il Verbo continuò ad essere proclamato e ad essere oggetto di fede; e nelle quali la fede stessa era espressa in modo concreto nel culto e nel retto vivere. Da allora, la stessa visione e lo stesso impegno hanno portato innumerevoli sacerdoti, religiosi e apostoli laici coraggiosi ad andare per tutta la terra a predicare la buona novella della salvezza in Cristo Gesù, sfidando innumerevoli difficoltà e ostacoli di ogni genere, sino ad arrivare a versare il proprio sangue.

5. Un secolo fa circa venne fondata la Missione dell’Assam, che fu affidata alla Società del Divin Salvatore i cui missionari gettarono una solida base per l’ulteriore proclamazione del Vangelo. Altri intraprendenti missionari cattolici, in particolare quelli appartenenti alle Missioni Estere di Parigi e di Milano, operarono in questa regione. Ricordiamo qui la morte eroica di padre Krick e di padre Broury. Altri missionari di diverse Chiese cristiane precedettero talvolta i cattolici nell’opera di evangelizzazione. Li ricordiamo tutti con gratitudine per i sacrifici che hanno compiuto nel gettare il seme della parola di Dio in circostanze molto difficili.

I Salesiani di Don Bosco, cui venne affidata la missione dell’Assam nel 1921, hanno contribuito in modo particolare alla crescita della Chiesa in questa zona. Conserviamo con ammirazione il ricordo di uomini dediti agli altri quali Leo Piasecki che operò in queste pianure dell’Assam e di Constantine Vendrame che è noto come l’apostolo delle Colline Khasi, e un gran numero d’altri che coi loro sacrifici hanno ottenuto un posto nel cuore delle genti di questa regione.

Quest’opera di evangelizzazione sta continuando anche oggi grazie agli sforzi incessanti e zelanti del clero diocesano, il cui numero costantemente in ascesa è segno della crescita e della maturità delle vostre Chiese locali. Lo sviluppo e la condizione attuale di questa missione dell’India nord-orientale è anche frutto dell’attivo impegno di svariate Congregazioni religiose maschili e femminili alle quali la Chiesa desidera esprimere un debito di profonda gratitudine, rispetto e amore.

Ciò che ha inoltre contrassegnato la storia della vostra missione è stato l’impegno attivo di numerosi laici, uomini e donne, in particolare i catechisti. Sono stati essi a preparare il terreno per il diffondersi del Vangelo. In modo molto reale la verità e i valori del Vangelo hanno messo radici nel cuore e nell’immaginazione dei giovani di queste colline.

6. Quando i primi missionari giunsero in questa regione, incontrarono una grande varietà di popoli e di culture che erano loro del tutto sconosciuti. E tuttavia inculcarono con zelo il messaggio del Vangelo in ciascun ambiente culturale. Oggi questa proclamazione continua, e la si vive in ciascun angolo di questa regione, in armonioso dialogo con le tradizioni locali.

Il Vangelo che viene predicato è venuto in queste zone non per dominare, ma per essere al servizio di ciascun popolo. Il Vangelo è venuto per essere incarnato nelle vostre culture senza far loro violenza. In questo processo la tradizione cristiana arricchisce e viene a sua volta arricchita da questo contatto con i molteplici valori che sono conservati nei cuori delle genti di queste colline e pianure. Che cosa vi dice il Vangelo di Gesù Cristo? Qual è il suo messaggio nel Nord-Est dell’India?

Voi siete colmi di una profonda aspirazione a partecipare alla vita di Dio qui sulla terra. Avete un profondo anelito per i più nobili ideali della dignità umana, per il rispetto dei vostri diritti umani, e per il progresso e la pace e tuttavia avete la vostra parte dei problemi e delle frustrazioni universali che il mondo incontra oggi: analfabetismo, povertà rurale, problemi derivanti dalla rapida urbanizzazione, tensioni tra la consapevolezza della vostra identità culturale e le molteplici forze disumanizzanti all’opera nella società.

Le vostre tradizioni e culture non sono senza risposta a questi problemi. Basandosi su di esse, il Vangelo, col proprio messaggio peculiare di filiazione divina, di amore e solidarietà, impersonato nella figura di Cristo, rivela e rende presente “la straordinaria ricchezza” della grazia di Dio attraverso la quale siamo salvati (cf. Ef 2, 7-8). In questo modo le vostre imprese umane sono imbevute della saggezza e della forza di quello stesso Spirito Santo che “unse” Gesù per la sua opera messianica. Cristo è la risposta di Dio alle più elevate aspirazioni dell’uomo: Cristo rivela Dio all’uomo e l’uomo a se stesso (cf. Gaudium et Spes, 22).

7. Fratelli e sorelle: il compito che ci attende è ancora immenso. Coloro che hanno abbracciato il messaggio salvifico del Vangelo hanno il compito speciale di lavorare per l’inculturazione del messaggio cristiano in queste zone. In intima comunione con la Chiesa universale fate che le vostre Chiese locali prendano a sé, in un meraviglioso scambio, i valori perenni contenuti nella saggezza, nei costumi e nelle tradizioni dei vostri popoli di modo che “la vita cristiana sarà commisurata al genio e all’indole di ciascuna cultura” (Ad Gentes, 22).

Con speranza e gioia pastorali incoraggio lo zelo evangelico e l’attività di ogni sacerdote, religioso, catechista e apostolo laico. Siate uniti nella carità fraterna e aiutatevi nel diffondere il regno di Dio in questa regione. Sono lieto di sapere che siete a metà di una novena di anni che prepara la celebrazione del centenario dell’evangelizzazione in questa regione. Possa Dio benedire copiosamente i vostri sforzi!

Mi rivolgo specialmente ai giovani: siate colmi dello spirito del Vangelo. Imparate ad amare e apprezzare la vostra cultura, la vostra lingua, la vostra storia passata. Tutti voi, fratelli e sorelle, dovete divenire messaggeri della presenza salvifica di Dio nelle colline e le pianure dell’India nord-orientale.

8. Gli Atti degli apostoli ci ricordano che i membri della prima comunità di discepoli di Cristo a Gerusalemme “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42).

Dopo quasi duemila anni noi che siamo qui riuniti stiamo facendo la stessa cosa: siamo uniti in preghiera, nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nel celebrare la Messa. Siamo riuniti intorno alla tavola della parola di Dio e dell’Eucaristia. Ed è lo stesso pastore eterno, Gesù Cristo, a riunirci. La sua bontà e misericordia ci seguiranno per tutti i giorni della nostra vita, di modo che alla fine potremo “abitare nella casa del Signore per lunghissimi anni” (cf. Sal 22 [23], 6).

Cristo stesso ha promesso che ci “preparerà un posto” (cf. Gv 14, 3). Questo “posto” dell’uomo nell’eternità del Dio vivente è il fine e lo scopo del nostro pellegrinaggio terreno.

Possa il Signore Gesù Cristo, che sta venendo a voi sotto le specie del pane e del vino, colmare i vostri cuori di zelo per tutto ciò che nobilita l’uomo e lo conduce al Padre! Possa lo Spirito Santo colmarvi tutti di coraggio e speranza! E possa Maria, la Madre della Chiesa, alla quale è dedicata questa regione, continuare ad essere per voi ispirazione e guida! Amen.

 

© Copyright 1986 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana