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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA CON I VESCOVI UMBRI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Stadio Renato Curi, Perugia
Domenica, 26 ottobre 1986 

 

1. “Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo” (Canto al Vangelo, cf. 2 Cor 5, 19).

La solenne affermazione dell’apostolo Paolo è risuonata al nostro orecchio, carissimi fratelli e sorelle, apportatrice di serenità e di speranza. Noi siamo un popolo riconciliato. Nella celebrazione eucaristica, alla quale partecipiamo, noi riviviamo questa certezza consolante: Cristo ci ha redenti col sangue versato sulla croce, ci ha uniti a sé nella comunione del suo Corpo, ci sostenta lungo il cammino dell’esistenza con l’alimento vivificante della sua carne e del suo sangue.

In un momento come questo, in cui l’assemblea liturgica si stringe intorno all’altare sul quale si rinnova il sacrificio della croce, la realtà di tale evento acquista una sua evidenza particolarmente eloquente. I cristiani, tuttavia, hanno voluto rendere, per così dire, permanente il simbolo di questa loro riconciliazione con Dio. È avvenuto così che la comunità ha sentito il bisogno di consegnare in un edificio, avente al proprio centro l’altare, la consapevolezza dell’unità profonda che lega ogni suo membro a Cristo e in lui, Figlio unigenito, lo apre all’esperienza dell’amore accogliente dell’eterno Padre. La terra si è così popolata di innumerevoli templi - dalle umili chiese di campagna alle solenni cattedrali - per cantare la gioia di un popolo in cammino, tra le vicissitudini della storia, verso la salvezza definitiva.

Anche la vostra regione, carissimi fratelli e sorelle, ha conosciuto fin dai primi inizi dell’era cristiana una fioritura di luoghi di culto, nei quali la comunità si raccoglieva a riflettere sulla parola di Dio e a celebrare i suoi misteri. In particolare nel secolo XIV fu posta mano alla costruzione della cattedrale che ora, dopo imponenti lavori di restauro, è restituita al culto e che oggi ho potuto visitare. Ad essa va il mio pensiero in questo momento, perché vedo in essa il simbolo dell’intera vostra comunità diocesana, oggi stretta per questa celebrazione intorno al successore di Pietro.

La vostra veneranda cattedrale, come ogni altro tempio cristiano, è segno di quella riconciliazione con cui Cristo ci ha riportati nella comunione d’amore del Padre. È segno di Dio, nel quale noi tutti “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28), di Dio, il quale come Creatore e Padre determina l’unità di tutto il creato. È segno di Cristo che, fatto uomo per riconciliare il mondo con Dio, ha compiuto ciò mediante la sua croce e la sua risurrezione. È, infine, segno del mondo riconciliato con Dio in Cristo.

2. La vostra bella e antica cattedrale è segno dell’amore di Cristo, che da secoli in tale artistico luogo non ha cessato di dispensare la grazia della sua parola e dei sacramenti. Lì il popolo cristiano ha inneggiato e si è alimentato a quel mistero di pietà, Cristo, che vincendo il peccato, ha superato l’estraneità tra Dio e l’uomo, e quella degli uomini tra loro.

La fede nel Redentore è stata professata e celebrata in questa città fin quasi dai primordi dell’era cristiana. E ciò venne sempre compiuto in modo profondo e degno, come testimoniano i martiri della vostra terra e quelli a cui siete particolarmente devoti: san Lorenzo diacono, a cui la cattedrale è dedicata; san Costanzo e sant’Ercolano, i santi martiri Gervasio e Protasio, anch’essi patroni di Perugia-Città della Pieve. La vostra fede poggia su pietre salde, cioè su persone che testimoniarono col dono della propria vita la loro incondizionata dedizione al Signore. E poggia anche sulla particolare devozione alla Vergine Maria. Madre di tutte le grazie.

3. Desidero rivolgere il mio cordiale saluto all’arcivescovo mons. Cesare Pagani, che con sollecitudine pastorale guida la comunità ecclesiale di Perugia-Città della Pieve. Un particolare pensiero di stima va ai sacerdoti suoi collaboratori, portatori del Vangelo ed educatori del popolo cristiano nella fede. Essi uniscono le loro energie a quelle dei religiosi, delle religiose e dei laici impegnati nelle varie associazioni e movimenti. Ringrazio altresì per la cortese presenza le autorità civili e militari. Rivolgo un fraterno saluto ai fedeli qui presenti, in particolare alle famiglie, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e ai fanciulli: carissimi, siate generosi testimoni dell’infinito amore di Cristo, e lo Spirito Santo vi sostenga nel cammino di una vita autenticamente evangelica.

4. Sono lieto, cari fratelli e sorelle, di compiere tra voi, come Vescovo di Roma, il particolare servizio di confermarvi nella fede ricevuta dai padri ed espressa in mille testimonianze della vostra storia. Tra queste il mio pensiero va in particolare alla testimonianza costituita dalla Cattedrale, anche perché vi siete impegnati ad accompagnarne i lavori di restauro con una generosa ripresa di vita cristiana in sintonia con il programma della visita pastorale che il vescovo ha sviluppato nella diocesi durante questi anni.

La chiesa di pietra appare così come un luminoso simbolo della Chiesa di cuori che siete voi. Guardando con legittimo orgoglio alle sue strutture, ora nuovamente svettanti verso il cielo in tutto il loro splendore, voi siete posti di fronte alla vostra responsabilità di Chiesa viva chiamata a essere “sacramento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1). Voi, cristiani della Chiesa che vive in Perugia-Città della Pieve, dovete essere una comunità riconciliata con Dio, e, come tale, capace di operare come fermento di riconciliazione nel mondo. Ma quali sono le condizioni di un’autentica riconciliazione con Dio?

5. Ecco, sorge nel cuore della vostra città, della splendida Perugia, un particolare “spazio”, nel quale può entrare ogni uomo, così come leggiamo nell’odierno Vangelo dei “due uomini” che “salirono al tempio” (Lc 18, 9 ss.). Ciascun uomo può entrare in tale luogo perché questo è anche il “suo spazio”: lui, l’uomo l’ha costruito ed esso è una manifestazione del suo genio, un’opera della cultura umana.

Fin quando si trova in questo spazio come unicamente suo, come in un ambiente soltanto umano, egli non ha raggiunto ancora il significato profondo di questo spazio. Non ha scoperto il mistero trascendente che in esso vive. Può quindi entrarvi - e uscirne - colpito solamente dallo splendore dell’opera umana. Il vero scopo per cui è sorto il tempio non ha trovato attuazione.

È importante che l’uomo esca dalla chiesa “riconciliato con Dio”, che ne esca “giustificato”. Ritorna, perciò, la domanda: come ci si riconcilia con Dio? A questa domanda risponde il testo dell’odierno Vangelo.

6. “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano” (Lc 18, 10). Tuttavia soltanto uno tornò a casa giustificato. E fu proprio il pubblicano (cf. Lc 18, 14). Questo vuol dire che soltanto lui raggiunse il mistero interiore del tempio, il mistero unito alla sua consacrazione. Soltanto lui, benché tutti e due vi si fossero recati a pregare.

Così dunque risulta che lo stesso spazio sacro, il tempio, la cattedrale, deve essere ulteriormente riempito con un altro spazio totalmente interiore e spirituale: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo spirito di Dio abita in voi?” - scrive san Paolo (1 Cor 3, 16).

Di fatto la vostra cattedrale, come tante altre nel mondo, si riempie con un numero quasi infinito di quei templi interiori, che sono i “cuori” umani. A chi rassomigliano maggiormente questi “cuori” umani? Al fariseo oppure al pubblicano? Il tempio è segno della riconciliazione dell’uomo con Dio in Gesù Cristo. Tuttavia la realtà di tale riconciliazione - che è indicata dal segno esterno del tempio - in definitiva passa attraverso il cuore umano, attraverso questo santuario della giustificazione e della santità.

7. Il fariseo tornò “non giustificato” perché era “pieno di se stesso”. Nello “spazio” del suo cuore non c’era posto per Dio. Il fariseo era presente nel tempio materiale; ma Dio non era presente nel tempio del suo cuore. Perché invece, è tornato “giustificato” il pubblicano? Per il fatto che - a differenza del fariseo - egli riconosce umilmente di aver bisogno di essere giustificato. Egli non giudica gli altri. Giudica se stesso.

Il pubblicano “se ne sta a distanza”, eppure - e forse non se ne rende esattamente conto - è più che mai vicino al Signore, perché “il Signore, come dice il Salmo (33, 19), è vicino a chi ha il cuore ferito”. Dio non è affatto lontano dal peccatore, se questo peccatore ha il “cuore ferito”, cioè pentito, e confida, come il pubblicano, nella misericordia divina: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Il pubblicano, dunque, non si gloria in se stesso, ma nel Signore. Non si esalta. Non si mette al primo posto, ma riconosce a Dio la sua maestà, la sua trascendenza. Egli sa che Dio è grande e misericordioso, e che si piega al grido del povero e dell’umile.

Il pubblicano “sta a distanza”, ma nello stesso tempo confida. Ecco l’atteggiamento giusto verso Dio. Sentirsi indegni di lui, a causa dei propri peccati; ma confidare nella sua misericordia, proprio perché egli ama il peccatore pentito.

8. Meditando questo Salmo, ci viene posta davanti agli occhi la bontà divina nei riguardi dell’uomo dal cuore contrito, che cerca Dio e riconosce di essere al suo servizio: “Il Signore riscatta la vita dei suoi servi, non sarà condannato chi a lui si affida”.

Il vostro vescovo, dando inizio alla visita pastorale nella festa di san Costanzo, il 29 gennaio scorso, vi disse che con i frutti della conversione, della comunione e della missionarietà i fedeli della diletta diocesi di Perugia-Città della Pieve sarebbero arrivati a quell’unica meta che è la conoscenza e l’amore di Cristo.

Mentre manifesto il mio apprezzamento per questi indirizzi pastorali, vi esorto a seguire Cristo e a edificare la sua Chiesa vivendo senza riserve l’appartenenza alla comunità ecclesiale raccolta dalla Parola e dall’Eucaristia attorno al vescovo, come le pietre del tempio sono fra loro unite in una struttura armoniosa, che ha il suo centro di convergenza nell’altare.

Per sostenere e rendere salda tale scelta è necessario, in primo luogo, dare un giusto spazio alla preghiera, che svela il cuore umano ed esprime nella sua verità l’uomo redento. In secondo luogo, vivere il più assiduamente possibile la pratica dei sacramenti, con particolare riguardo alla Confessione e all’Eucaristia. La prima perché è il sacramento della conversione e della riconciliazione, il gesto con cui l’uomo affida se stesso alla misericordia che perdona, la seconda perché è il segno efficace dell’incorporazione a Cristo, è offerta al Padre del corpo e del sangue del Redentore come sacrificio di lode e di comunione, di intercessione e di espiazione. Sacramento che completa e matura la personalità cristiana, la quale è con esso condotta a usare la propria libertà nell’amore attento e generoso verso Dio e verso il prossimo.

9. “È stato Dio . . . a riconciliare a sé il mondo in Cristo . . . affidando a noi la parola della riconciliazione” (2 Cor 5, 19).

Cari fratelli e sorelle, figli e figlie di Perugia, della fiera città in mezzo alla bella Umbria! Accogliete questa parola che è stata pronunziata oggi in occasione di questa solenne convocazione liturgica.

Accoglietela anche voi come parola di riconciliazione! Accoglietela come segno della vostra città riconciliata con Dio in Gesù Cristo. Accoglietela! E proclamatela con quegli innumerevoli templi interiori formati da ciascuno di voi mediante il Battesimo, mediante la partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo. Accoglietela! Proclamatela con la verità dei vostri cuori e delle vostre coscienze. Con la fervente sincerità della vostra preghiera. Con la testimonianza delle opere, come i veri adoratori di Dio in spirito e verità (cf. Gv 4, 23-24).

10. Ecco, il Signore vi è vicino e vi ha dato forza perché, come per Paolo, così per vostro mezzo “si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili. A lui la gloria nei secoli dei secoli!” (2 Tm 4, 17-18).

Ecco, il Signore vi è vicino. Combattete la buona battaglia! Conservate la fede! Nell’ultimo giorno il Signore, giusto giudice, vi consegnerà la corona della giustizia: a voi e a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione.

A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

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