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VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANTA MARIA REGINA DEI MARTIRI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 7 dicembre 1986

 

1. “Regem venturum Dominum venite adoremus!”.

La liturgia della II domenica d’Avvento ci permette di guardare al Messia, del quale Israele - popolo di Dio della Antica alleanza - ha atteso la venuta. Guardiamo prima con lo sguardo profetico di Isaia (nel secolo VIII a.C.): chi sarà il Messia atteso? Sarà un grande Maestro, colui che verrà nella potenza dello Spirito Santo, pieno dei suoi doni: “Si poserà su di lui lo Spirito del Signore . . .” (Is 11, 2).

In pari tempo egli deve “germogliare dalla radice di Jesse”, cioè dalla stirpe di Davide, come “un germoglio dal suo tronco”. Il Messia dunque, nella profezia di Isaia, appare come un uomo, un discendente di Davide, così animato dalla potenza dello Spirito di Dio, che la sua missione ci consente di approfondire in modo decisivo il mistero di questo stesso Spirito. Infatti, come dicevo nella mia enciclica Dominum et Vivificantem (n. 15), questo testo scritturistico “è importante per l’intera pneumatologia dell’Antico Testamento, perché costituisce quasi un ponte tra l’antico concetto biblico dello "spirito", inteso prima di tutto come "soffio carismatico", e lo "Spirito" come persona e come dono, dono per la persona”.

Come emerge da altri passi del profeta, il Messia, il “consacrato e unto di Spirito”, sarà così ripieno di questo Spirito, che egli stesso, insieme col Padre, avrà il potere di “mandare lo Spirito” (cf. Gv 15, 26; 16, 7), di “concedere questo Spirito all’intero popolo” (Dominum et Vivificantem, 15).

2. Alla luce delle parole del salmista (secolo VII circa, Salmo 71), il Messia, che deve venire, sarà re della pace basata sulla giustizia, portando la liberazione ai “poveri”, e a coloro che sopportano una molteplice oppressione. Su questo punto il Salmo si incontra col brano di Isaia, anche se il profeta esprime questa verità sul Messia in altro modo: mentre Isaia vede qui il Messia come un uomo ripieno di Spirito Santo, un “saggio”, forte e giusto, il salmista sottolinea la “regalità” del Messia, accentuando quindi la giustizia e l’efficacia del suo governo universale ed eterno.

Comunque sia, noi vediamo in questi brani della Scrittura l’idea di un futuro Messia liberatore dei poveri e degli oppressi. E questo è effettivamente uno degli aspetti essenziali della missione di Cristo. Come è detto infatti nella recente “Istruzione su libertà cristiana e liberazione” (n. 51): “Con la forza del suo mistero pasquale Cristo ci ha liberati. Con la sua obbedienza perfetta sulla croce e con la gloria della risurrezione, l’Agnello di Dio ha tolto il peccato del mondo e ci ha aperto la via della definitiva liberazione”.

3. Per Giovanni Battista “nel deserto della Giudea”, il Messia, la cui venuta è immediatamente preceduta e preparata in Israele dal profeta, è colui che “battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Mt 3, 11). Al centro della visione del Battista c’è l’esigenza della conversione morale a motivo della vicinanza del regno celeste: “Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3, 10). Giovanni ammonisce gli uomini del suo tempo e di ogni tempo che è impossibile ottenere la salvezza senza “fare frutti degni di conversione” (Mt 3, 8). Egli stimola vigorosamente le coscienze al rinnovamento dei costumi ricordando la loro responsabilità davanti a Dio e ispirando loro un timore salutare. Anche se abbiamo per padre Abramo - ci ricorda il profeta - questo non è un motivo sufficiente per ritenerci sicuri: perché la misericordia di Dio abbia in noi la sua efficacia, dobbiamo corrispondere ad essa con le opere del pentimento, della giustizia e della carità. Solo a queste condizioni gli uomini possono ricevere veramente il “fuoco dello Spirito Santo” contenuto nel Battesimo cristiano.

4.Chi è il Messia? Cristo, per san Paolo, che fa riferimento a ciò che “è stato scritto prima” (Rm 15, 4). Cristo è colui, che “accolse voi, per la gloria di Dio . . . Colui che si è fatto servitore dei circoncisi in favore della veracità di Dio, per compiere le promesse dei padri . . .” (Rm 15, 7-8), mentre alle nazioni pagane, che non conoscevano le profezie dell’Antico Testamento, si è mostrato nella gratuità e nell’imprevedibilità della sua misericordia.

Cristo si è mostrato in modi diversi agli uni e agli altri, sebbene egli sia l’unico e medesimo “servitore” di tutti. A Israele, che attendeva il Messia, si è mostrato come pienezza di quella verità che era adombrata dalle profezie: ha mostrato quindi la fedeltà in Dio. Ai popoli pagani, che non lo attendevano, né lo speravano, a quei pagani che - come dice Paolo - “non hanno la legge” (Rm 2, 14-15), il Messia si è mostrato come compimento superiore e insperato di quella legge che “è scritta nei loro cuori”: la legge morale della coscienza naturale.

5. Oggi guardiamo a Cristo-Messia, la cui venuta rinnova la Chiesa ogni anno nella liturgia d’Avvento; guardiamo con gli occhi del profeta, del salmista, del Battista e infine dell’Apostolo delle genti, che anche qui a Roma annunziava la buona novella su Cristo. Guardiamo insieme con gli occhi degli uomini del XX secolo, che si avvicinano alla fine del secondo millennio dopo Cristo. Guardiamo con gli occhi della fede accogliendo questa invocazione di Avvento: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3, 3). Questa invocazione non perde mai la sua attualità.

Guardiamo insieme con la comunità, che costituisce questa parrocchia romana di Santa Maria Regina dei martiri. I martiri: coloro che in diversi tempi e luoghi hanno dato un’eminente testimonianza alla venuta di Cristo. La vostra parrocchia porta il loro nome. E porta il nome della Madre di Cristo come Regina dei martiri.

6. Desidero salutare con viva cordialità tutti i presenti: il card. vicario, il vescovo del settore mons. Clemente Riva, il parroco don Andrea Remondi, i suoi collaboratori, le religiose, i vari gruppi parrocchiali, i catechisti, tutti coloro che nella vostra comunità si dedicano alle opere della misericordia o che lavorano per la promozione della giustizia, soprattutto nelle situazioni più difficili o dolorose. Il mio saluto vuol essere per tutti una lode e anche un incoraggiamento a perseverare in questa testimonianza evangelica, nella certezza che nell’operare il bene ci sostiene lo Spirito del Signore, anche se a volte ci sentiamo soli, deboli o incapaci.

Vi esorto ad accettare il vostro impegno a far sì che la parrocchia sia veramente e sempre più la “famiglia di Dio”, nella consapevolezza e nella cura di essere “comunione”, di essere Chiesa. Occorre per questo favorire la corresponsabilità da parte di tutti, cosicché ciascuno si senta interpellato e coinvolto secondo i doni ricevuti da Dio e le proprie possibilità.

Mi auguro che le Monache della visitazione, qui presenti in parrocchia, vogliano dedicare, nelle loro preghiere, una particolare attenzione a queste intenzioni e a queste speranze che ho espresso, atte a favorire un sempre maggiore sviluppo della vostra vita cristiana.

7. “Regem venturum Dominum venite adoremus!”. Desidero che il mio servizio tra voi prepari la venuta del Signore, affinché entriate più pienamente nell’incontro con lui che è Re della pace e della giustizia e che - unto di Spirito Santo nella pienezza dei suoi doni - viene per “battezzarci in Spirito Santo e fuoco”: per rinnovare in ciascuno la grazia ricevuta in questo primo sacramento mediante il quale diventiamo cristiani . . . Affinché - tutti e ciascuno - andiamo incontro a colui che “accolse voi per la gloria di Dio”. Affinché, attingendo a lui, “ci accogliamo gli uni gli altri” (Rm 15, 7) nello spirito dell’evangelico comandamento dell’amore!

Che la Madre di Cristo, Regina dei martiri, ancora una volta avvicini a voi Cristo nel mistero del Natale del Signore!

 

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