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LITURGIA BIZANTINA DEL «LUCERNARIO»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Badia greca di Grottaferrata - Lunedì, 7 settembre 1987

 

Carissimi fratelli e sorelle.

1. La celebrazione dei Vespri secondo la tradizione liturgica bizantina, in questo venerato santuario, alla vigilia della festa della nascita di Maria, nel contesto dell’Anno mariano, è una felice circostanza che suggerisce alcuni pensieri particolari.

Essa ci riporta, da una parte, al centro stesso del mistero cristiano, l’incarnazione del Redentore, e dall’altra apre il nostro cuore ai fratelli dell’Oriente, con i quali vogliamo raggiungere la piena comunione, e formare così un’unica famiglia attorno alla Madre comune.

Come abbiamo ascoltato dalla prima lettura, Giacobbe ebbe un sogno: “una scala poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo, ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa” (Gen 28, 12).

Il sogno di Giacobbe è il desiderio profondo di ogni uomo che viene al mondo: essere in comunione con Dio, con l’Eterno, con l’Ineffabile, con l’Assoluto. In quella visione straordinaria, nel punto più alto, sulla cima della scala, stava il Signore che diceva: “Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo Padre, e il Dio di Isacco”.

Egli non è solo il Signore delle generazioni passate, ma anche di tutte le generazioni che verranno.

È il Dio di Giacobbe e di tutta la sua discendenza che si estenderà “a Occidente e a Oriente”, per tutte le nazioni della terra, che in lui saranno benedette.

La voce del Signore, dall’alto, rassicura Giacobbe con una irrevocabile promessa: “Ecco io sono con te” (Gen 28, 15). Questa misteriosa presenza, questa alleanza gratuita che manifesta la partecipazione vitale di Dio al destino dell’uomo, sostengono la storia dell’umanità. In quella visione gli angeli di Dio salivano e scendevano. Essi sono i profeti, sono i santi annunciatori della verità, sono i testimoni della comunione con Dio.

Ma questo “sogno” si è anche realizzato in Maria. Ella è come una scala che congiunge il cielo con la terra. Infatti la liturgia ha visto in quella “scala” anche un’immagine di Maria. L’inno “akáthistos” della tradizione bizantina, che da quasi un millennio si canta ininterrottamente anche in questa Chiesa, fa così esclamare l’arcangelo Gabriele: “Ave, scala sovraceleste, da dove è disceso Iddio; ave, ponte di transito per quelli che dalla terra fa passare al cielo”. In Maria ha avuto luogo l’incarnazione del Verbo di Dio.

Infatti, per noi uomini e per la nostra salvezza, egli discese dal cielo. E per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Egli è così l’Emmanuele, “Dio con noi”. Colui che ci redime e ci riconcilia; colui che ci mette in comunione con Dio e rimarrà con noi per sempre.

L’inno ci ricorda anche il movimento di ascesa dell’uomo verso Dio e chiamando Maria “ponte che dalla terra porta al cielo” allude non soltanto alla sua materna intercessione; ma pure al fatto che il Verbo di Dio, assumendo in Maria “la carne e il sangue”, ha anche assunto l’umanità stessa, destinandola alla “deificazione”, alla trasfigurazione, conformando il nostro corpo di miseria al suo corpo di gloria (cf. Fil 3, 21).

Il ruolo di Maria è pertanto intimamente legato alla storia della salvezza e a quella di ogni credente nel Verbo incarnato. Per tutto questo, giustamente, la liturgia bizantina fa cantare: “È veramente giusto proclamare beata te, o Deipara, che sei santissima e immacolata e madre del nostro Dio”.

2. Questa celebrazione apre oggi la nostra mente e il nostro cuore ai fratelli delle Chiese d’Oriente, con i quali condividiamo la nostra fede nella “Theotokos”. Nell’enciclica Redemptoris Mater ho creduto doveroso mettere in rilievo il contributo di riflessione teologica, di pietà orante, di espressione innologica e iconografica che al culto cristiano ha dato la tradizione bizantina e orientale in genere per la comune venerazione di Maria. L’Occidente ha attinto e attinge da questa tradizione ispirazioni e motivi di lode. Il profondo legame che unisce Maria a Cristo e alla Chiesa, salvaguarda anche la pietà popolare e la mantiene pura e rettamente orientata.

Il culto reso a Maria in Oriente e in Occidente, identico nelle motivazioni di fede e vario nelle sue espressioni, fa parte del grande patrimonio comune fra cattolici ed ortodossi. Questo patrimonio spinge a dare piena espressione, superando le divergenze ancora esistenti, alla comunione che il Signore vuole per i suoi discepoli e per la quale ha pregato il Padre “che siano uno, affinché il mondo creda” (Gv 17, 21).

Negli ultimi decenni il Signore ci ha concesso di fare passi importanti sulla via della riconciliazione, nel perdono reciproco delle offese del passato e nella comune volontà di trovare un pieno accordo attraverso un dialogo teologico franco e fraterno, che va mostrandosi fecondo e promettente.

Oggi, sotto la protezione di Maria Odigitria - “colei che indica la via” verso l’unico Signore -, rivolgiamo il nostro sguardo e il nostro affettuoso saluto ai fratelli delle Chiese ortodosse. Includendo anche esse, preghiamo qui “per la prosperità delle sante Chiese di Dio e per l’unione di tutti”. E qui, davanti al Signore, con animo pienamente fiducioso, osiamo intravedere il giorno in cui cattolici e ortodossi saliranno insieme i gradini, che portano all’altare, per la celebrazione dell’unica Eucaristia nella ritrovata piena comunione ecclesiale e ne discenderanno a portare il pane eucaristico e a trasmettere il segno di pace al popolo orientale e occidentale, insieme radunato nella professione dell’unica fede.

Sarà un giorno felice per l’intera comunità cristiana. Sarà un giorno felice per il mondo intero.

3. Nell’attesa di questo giorno, che andiamo preparando con la preghiera, con lo studio, con il dialogo, con l’affetto, non posso dimenticare voi, reverendi padri e fratelli di questa comunità monastica, che da quasi un millennio innalzate quotidianamente qui, nei pressi di Roma, la preghiera liturgica in lingua greca, ricordando l’universalità della Chiesa e la necessità della concordia tra Oriente e Occidente. La vostra comunità si trova qui sin dal 1004, già molto prima che intervenisse la dolorosa divisione fra Oriente e Occidente. I santi Nilo e Bartolomeo trasportarono la tradizione italo-greca dalla Calabria alle porte di Roma. E voi continuate a recitare quotidianamente la stessa preghiera orientale. Siete un ricordo vivente della Chiesa indivisa. Vorrei oggi esprimervi la gratitudine della Chiesa per la testimonianza vostra e dei vostri padri che, di generazione in generazione, hanno trasmesso l’amore verso l’Oriente nel cuore stesso della Chiesa latina. L’armonica convivenza delle due tradizioni, orientale e occidentale, torna a beneficio della comunione ecclesiale e a gloria di Dio, che riceve così una lode pluriforme.

Questo santuario, dedicato alla Madonna, nonostante le varie vicissitudini storiche, è sempre stato una testimonianza della fede, che lega cattolici e ortodossi e che si esprime in una liturgia profondamente radicata nella Scrittura e intessuta dell’insegnamento dei Padri e dei concili ecumenici. È stata la vostra una silenziosa “anamnesis” (ricordo) dell’Oriente e una perseverante “epiklesis” (invocazione) della piena unità fra Oriente e Occidente.

Vorrei esprimere a voi anche un fervido auspicio.

Nella fedeltà alla vostra autentica tradizione orientale, che, come ha caratterizzato la vostra storia, così dovrà dare impronta al vostro avvenire, voglia Dio concedervi ogni assistenza perché la comunità conosca nuovo vigore, per continuare a rendere il vostro servizio di preghiera, di studio, di ascesi e di testimonianza cristiana, oggi più che mai necessario alla Chiesa.

4. Un cordiale saluto rivolgo anche ai sacerdoti e ai fedeli oriundi dell’Albania, che hanno voluto essere presenti a questa celebrazione, nel ricordo delle tradizioni religiose della loro patria, a me tanto cara.

Ad essi e a tutti i membri della Comunità italo-albanese, in particolare ai giovani, l’augurio di saper mantenere sempre viva la fede dei padri, che costituisce l’anima più profonda e la forza unificante del patrimonio di valori di cui è ricca la storia del nobile popolo albanese.

Saluto inoltre le suore Basiliane, Figlie di santa Macrina, esortandole a perseverare nel loro impegno di consacrazione religiosa, di apostolato e di aiuto al clero.

5. Domani celebriamo la festa della natività della “Theotokos”.

Di fronte a questa icona di santa Maria di Grottaferrata, che una tradizione vuole consegnata ai monaci da Papa Gregorio IX, ed è qui venerata dal 1230, vorrei invitare tutti voi, fratelli e sorelle qui presenti, a pregare per l’unità dei cristiani.

Vorrei accomunare in ispirito anche tutti i fratelli ortodossi i quali domani celebrano anche loro la stessa festa, affinché possiamo dire insieme: “facendo memoria della tutta santa, immacolata, benedetta, gloriosa Signora nostra, Madre di Dio e sempre Vergine Maria, insieme con tutti i santi, raccomandiamo noi stessi, gli uni gli altri, e tutta la nostra vita a Cristo Dio”. Amen.

 

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