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VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI E IN CANADA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Tamiani Park (Miami) - Venerdì, 11 settembre 1987

 

Ti lodino i popoli, Dio;
  ti lodino i popoli tutti”.
“Que todos los pueblos te alaben
” (Sal 67, 6).

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo.

1. Il salmo della liturgia odierna invita tutti i popoli e tutte le nazioni della terra a rendere gloria a Dio. Nello spirito esultante di questa esortazione mi trovo in terra americana, unito a voi tutti qui a Miami, per esprimere e proclamare la gloria di Dio attraverso il sacrificio di Gesù Cristo, nell’Eucaristia. Non vi è modo migliore di rendere gloria a Dio che in questo sacramento. Non vi è altra preghiera che unisca più profondamente dell’Eucaristia la terra al cielo, o la creatura al Creatore. Non vi è altro sacrificio nel quale tutto ciò che esiste, e in particolare l’uomo, è in grado di diventare un dono per colui che lo ha così generosamente colmato di doni.

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, tutti voi qui riuniti oggi nella Florida Meridionale e tutti i popoli di questa terra, voi grande nazione degli Stati Uniti: rendete gloria a Dio insieme a me il vescovo di Roma, il successore di san Pietro, che incomincia qui a Miami il suo atto di servizio papale. La benedizione di Dio sia su di noi! Possa il santo timore di Dio raggiungere i confini della terra! (cf. Sal 67, 8)

2. Sono molto contento di trovarmi tra di voi in Florida in questo magnifico paese del sole. Vi saluto calorosamente, fratelli e sorelle della fede cattolica, ed estendo il mio cordiale saluto a quelli di voi che non sono membri della Chiesa ma si trovano qui come amici graditi. Vi ringrazio tutti di essere venuti. So che vi sono tra di voi tanti gruppi etnici tra cui cubani, haitiani, nicaraguensi, altri dell’America Centrale e dei Caraibi, con tutti coloro che costituiscono la comunità della Chiesa. Vi abbraccio tutti nell’amore di Cristo.

La Chiesa in Florida ha una storia ricca e varia, che risale a più di quattro secoli e mezzo fa. Ponce de León scoprì questo paese a Pasqua del 1513 e gli diede il nome spagnolo di Pasqua, Pascua Florida. Il nome stesso del vostro Stato si ricollega dunque al mistero centrale della nostra fede cristiana, la risurrezione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Il primo insediamento e la prima parrocchia dell’America del Nord sorsero qui all’inizio degli anni 1560 più di 50 anni prima che i padri Pellegrini approdassero a Plymouth Rock.

Pur essendo giustamente fieri della loro storia insigne, gli abitanti della Florida possono vantare anche un dinamismo e una espansione moderni. Oggi Miami appare come una città internazionale che esercita un’influenza sempre maggiore. È una via, un crocevia di culture e lingue diverse, un centro di comunicazione, di viaggi e di commercio, un ponte che collega la storia americana antica e quella moderna.

Questo Paese dotato di una natura affascinante, questa patria di tanti popoli diversi, questa meta di turisti, questo luogo di riposo per persone anziane, questo centro dei progressi scientifici di Cape Canaveral, questo Stato, che è la Florida, è diventato anche un Paese di rapida crescita nell’edificazione del Corpo di Cristo. Un segno di questa crescita irresistibile degli ultimi anni è il fatto che in appena 29 anni la Chiesa cattolica in Florida ha visto le sue diocesi salire da una a sette. È veramente una gioia per me trovarmi nel centro di questa Chiesa dinamica di Florida, una Chiesa che proclama con la parola e con i fatti la buona novella del mistero pasquale.

3. Chi è il Dio di cui vogliamo proclamare la gloria attraverso l’Eucaristia?

È il Dio che ci mostra la via della salvezza. Il salmista infatti, nell’invitare tutte le nazioni della terra a proclamare la gloria di Dio, esclama: “Perché si conosca sulla terra la tua via fra tutte le genti la tua salvezza” (Sal 67, 3). Il nostro Dio ci mostra la via. Egli non è il Dio dell’astrazione intellettuale ma il Dio dell’alleanza, il Dio della salvezza, il buon Pastore.

Cristo, il Figlio del Dio vivente, ci parla proprio oggi nel Vangelo servendosi di questa parola, così semplice eppure così eloquente e ricca: Pastore. “Io sono il buon pastore - ci dice -. Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre” (Gv 10, 14-15). In un altro passo del Vangelo Cristo ci dice “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27). Il Figlio, Gesù Cristo, è il pastore perché ci rivela il Padre. Egli è il buon pastore. E il Padre è il nostro pastore attraverso il Figlio, attraverso Cristo. E nel suo Figlio il Padre vuole che abbiamo la vita eterna

4. Gesù ci dice poi, con parole che parlano eloquentemente del suo profondo amore per noi: “Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10, 11).

Chi è questo Dio, la cui verità vogliamo professare mediante l’Eucaristia? È il Padre che in Cristo dà la vita a noi, creati a sua immagine e somiglianza. Questa vita in Dio è salvezza. È liberazione dalla morte. È redenzione dai nostri peccati. E questo Dio è Cristo, il Figlio che è sostanza unica con il Padre, che si è fatto uomo per noi e per la nostra salvezza, Cristo il buon pastore che ha dato la sua stessa vita per le pecore.

L’Eucaristia proclama questa verità su Dio. Il sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo è offerto come sacrificio di redenzione per i peccati del mondo. È il sacramento della morte e risurrezione di Cristo nel quale prende l’avvio la nostra nuova vita in Dio.

Questo Dio è Amore. Il buon pastore esprime questa verità su Dio. Più ancora che la verità, egli esprime la realtà stessa di Dio come Amore. L’amore desidera ciò che è buono. Desidera la salvezza. È “paziente e benigna”, e “non avrà mai fine” (cf. 1 Cor 13, 4-8). Non si fermerà prima di aver dato nutrimento e vita a tutti nel grande ovile, prima di aver abbracciato tutti. Per questo Gesù dice: “Ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre: ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10, 16).

5. Noi prendiamo l’immagine del gregge e dell’ovile dal testo del Vangelo di Giovanni. La lettura dalla Lettera agli Efesini, che abbiamo ascoltato nella liturgia odierna, ci permette nello stesso tempo di vedere questa immagine con gli occhi dell’apostolo Paolo. Per lui il gregge è “il corpo” di cui Cristo è il capo. E di conseguenza è il corpo di Cristo. In questo contesto non è difficile scoprire la somiglianza tra il capo e il pastore.

Ma l’intera immagine assume nello stesso tempo un nuovo significato e una nuova espressione. Il pastore conduce il gregge alle sorgenti di vita. Come capo Cristo è la sorgente di vita per tutti coloro che costituiscono il suo corpo. Quindi tutti noi, che come gregge unico seguiamo Cristo il buon pastore, siamo nello stesso tempo chiamati “a edificare il corpo di Cristo” (Ef 4, 12).

Secondo la Lettera agli Efesini, questa “edificazione” ha due dimensioni: una dimensione personale e una dimensione comunitaria. Ogni persona deve raggiungere quella forma di perfezione che conviene alla piena maturità di Cristo (cf. Ef 4, 13). Nello stesso tempo dobbiamo arrivare a maturità “insieme” nella comunità della Chiesa. Come intero popolo di Dio ci muoviamo verso questa pienezza in Cristo.

Cristo dona alla Chiesa una ricca diversità di carismi allo scopo di approfondire la nostra comunione al suo corpo. Elargisce alla Chiesa una grande diversità di vocazioni, non semplicemente per il bene del singolo ma per il bene di tutti. Come san Paolo dice di Gesù, “È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio” (Ef 4, 11-13).

6. La Chiesa negli Stati Uniti, e in particolar modo la Chiesa a Miami, sperimenta in un senso molto reale questo mistero dell’unità nella diversità. La vostra è una comunità di compassione, che ha echeggiato senza mai stancarsi il messaggio scritto sulla Statua della libertà: “Datemi le vostre povere masse stanche che si accalcano, che anelano a respirare libere”. La comunità civica e la Chiesa nella Florida Meridionale hanno sempre aperto le braccia agli immigranti e ai rifugiati. Queste persone erano straniere e voi le avete accolte. Siate sicuri che ogniqualvolta lo avete fatto per loro, lo avete fatto per Cristo (cf. Mt 25, 31-46).

Colgo questa occasione per assicurarvi della speciale preoccupazione della Chiesa per coloro che lasciano la loro patria nella sofferenza e nella disperazione. Il frequente ripetersi di questa esperienza è uno dei fenomeni più tristi del nostro secolo. Eppure essa è stata spesso accompagnata da speranza, da eroismo e da una nuova vita. Qui a Miami so bene che vi sono molti che, superando la loro angoscia, sono stati fedeli al Vangelo e alla legge di Dio. Come altri che sono rimasti fedeli a Cristo e alla sua Chiesa in tempi di oppressione dovete serbare e custodire la vostra fede cattolica adesso che vivete nella libertà.

La fedeltà alla pratica religiosa esige un grande sforzo personale in una società complessa e industrializzata. Occorrono maturità di fede e forte convinzione per prendere la croce ogni giorno e seguire le orme di Cristo. Nella seconda lettura odierna ascoltiamo l’incoraggiamento di san Paolo: “Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo” (Ef 4, 14-15).

Mentre guardo questa grande città con i suoi tanti popoli e le sue tante culture, prego affinché vi aiutate gli uni gli altri con i vostri doni. Mantenete i contatti con le vostre radici, le vostre culture e le vostre tradizioni, trasmettete il vostro retaggio ai vostri figli; e nello stesso tempo mettete tutti questi doni al servizio dell’intera comunità. Soprattutto, “cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4, 3).

7. L’opera di edificazione del corpo di Cristo è affidata a noi tutti nella Chiesa. Oggi esiste senza dubbio un’esigenza vitale di evangelizzazione. Questa assume una varietà di forme. Vi sono molte maniere di servire il Vangelo. Nonostante il progresso scientifico e tecnologico, che riflette realmente una forma di cooperazione umana nell’opera creativa di Dio, la fede viene sfidata e perfino direttamente osteggiata da ideologie e da stili di vita che non riconoscono né Dio né la legge morale.

I valori fondamentali umani e cristiani sono messi in discussione dalla criminalità, dalla violenza e dal terrorismo. L’onestà e la giustizia nella vita di lavoro e in quella pubblica sono spesso violate. In tutto il mondo vengono spese ingenti somme per armamenti, mentre milioni di poveri lottano per le elementari necessità della vita. L’alcolismo e la droga impongono un pesante tributo ai singoli e alla società. Lo sfruttamento commerciale del sesso attraverso la pornografia offende la dignità umana e mette in pericolo l’avvenire dei giovani. La vita familiare è sottoposta a forti pressioni dal momento che la fornicazione, l’adulterio, il divorzio e la contraccezione sono erroneamente considerati accettabili da molti. I nascituri vengono crudelmente soppressi e la vita degli anziani è messa in grave pericolo da una mentalità che vorrebbe spalancare la porta all’eutanasia. Di fronte a tutto questo i cristiani fedeli non devono lasciarsi scoraggiare, né devono conformarsi allo spirito del mondo. Al contrario, essi sono chiamati a riconoscere la supremazia di Dio e della sua legge, a far sentire la loro voce e unire i loro sforzi in nome dei valori morali, a offrire alla società l’esempio della loro condotta retta, ad aiutare i bisognosi. I cristiani sono chiamati ad agire nella serena convinzione che la grazia è più potente del peccato a causa della vittoria della croce di Cristo.

Un elemento importante della missione di evangelizzazione è il compito della riconciliazione. Dio “ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5, 18). Per questa ragione mi dà gioia constatare come, in preparazione alla mia visita negli Stati Uniti, avete fatto un grande sforzo per promuovere la riconciliazione: riconciliazione con Dio, tra di voi e tra differenti razze e culture. E a questo proposito vi ricordo la promessa fatta da Cristo nel Vangelo odierno, che quando ascolteremo tutti la sua voce, “vi sarà un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10, 16).

8. Profondamente consapevoli della verità quale ci viene presentata in questa liturgia della parola di Dio, esclamiamo ancora una volta con il salmista: “Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto” (Sal 67, 2).

Chi è questo Dio al quale è rivolta la nostra preghiera? Chi è questo Dio che la nostra comunità proclama e al quale parlano i nostri cuori? Ascoltiamo ancora una volta le parole del profeta Sofonia: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente” (Sof 3, 16-17).

Il Potente!

È lui che invochiamo qui, in questo Paese che in tanti modi manifesta gli sforzi e i progressi dell’umanità, del genio dell’uomo dell’intelletto, della conoscenza e della scienza, della tecnologia e del progresso.

Chi è questo Dio? Ripetiamo ancora una volta: il Potente!
Lui solo è il Potente!
Colui che è! (cf. Es 3, 14).
Colui nel quale “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28).
“L’Alfa e l’Omega!” (Ap 1, 8).
Lui solo è il Potente! Perché lui solo è Amore.

Qui in questo Paese, in questa cultura di progresso travolgente e di opulenza, non si sente l’uomo talvolta insicuro e confuso sul significato ultimo dell’esistenza, il significato ultimo della vita? Non è forse l’uomo talvolta molto lontano dall’Amore?

Eppure solo l’Amore salva, e Dio è Amore!

Dio d’amore, Dio che salvi, “possa splendere su di noi il tuo volto!” (Sal 67, 2). Amen.

 

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