Index   Back Top Print

[ EN  - IT ]

VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI E IN CANADA

MESSA PER LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Stadio «Candlestick Park» (San Francisco)
 Vener
dì, 18 settembre 1987

 

“Andate - e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28, 19).

“Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11, 26).

Cari fratelli cristiani, cari fratelli e sorelle.

1. Oggi, qui, a San Francisco, nella costa occidentale d’America, ascoltiamo ancora una volta le parole con cui Gesù manda gli apostoli nel mondo dopo la sua risurrezione. Egli affida loro una missione. Manda loro avanti così come egli stesso era stato mandato dal Padre.

Queste parole di Cristo giungono alla fine della sua missione messianica terrena. Nella sua croce e nella sua risurrezione si trovano i fondamenti del suo “potere in cielo e in terra” (Mt 28, 18). Questa è l’autorità del Redentore, che attraverso il sangue della sua croce ha redento le nazioni. In esse ha stabilito l’inizio di una nuova creazione, una nuova vita nello Spirito Santo, in esse ha piantato il seme del regno di Dio. Nel potere della sua autorità, mentre lascia la terra e va al Padre, Cristo dice agli apostoli: “Andate . . . e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20).

2. Gli Atti degli apostoli descrivono l’inizio di questa missione. Il punto di partenza era il cenacolo di Gerusalemme. Da Gerusalemme i viaggi degli apostoli e dei loro primi collaboratori li condussero prima nei paesi vicini e presso i popoli che li abitavano. Nella seconda lettura di oggi sentiamo che i testimoni di Cristo crocifisso e risorto erano arrivati fin nella Fenicia, a Cipro e ad Antiochia (cf. At 11, 19).

Ciò accadde anche come risultato della dispersione che iniziò con la morte del diacono Stefano e con la persecuzione dei discepoli di Cristo. Sappiamo che, alla lapidazione di Stefano, Saulo di Tarso era presente come persecutore. Ma gli Atti degli apostoli più tardi lo presentano come Paolo, dopo la sua conversione sulla via di Damasco. Paolo rimase con Barnaba per un anno intero ad Antiochia, e là “essi istruirono molte persone”. E precisamente “ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11, 26).

3. Che cosa significa essere cristiano?

Significa accettare la testimonianza degli apostoli riguardo a Cristo crocifisso e risorto. Infatti, significa accettare Cristo stesso che opera nel potere dello Spirito Santo. Questa accettazione è espressa nel Battesimo, il sacramento nel quale noi siamo rinati da acqua e da Spirito Santo (cf. Gv 3, 5). In questo sacramento, Cristo viene a incontrarci spiritualmente. Come insegna san Paolo, siamo battezzati nella morte di Cristo. Con lui moriamo nel peccato, per risorgere con lui, per passare dalla morte del peccato alla vita in Dio, alla vita della grazia santificante. Alla nuova vita!

Cristiani sono dunque coloro che sono stati battezzati. Noi siamo coloro ai quali Cristo è venuto col potere salvifico del mistero pasquale, coloro la cui vita è stata totalmente formata dal suo potere salvifico. Infatti il Battesimo ci dà un segno indelebile chiamato carattere con cui siamo segnati per tutta la nostra vita terrena e oltre. Questo segno è con noi quando moriamo e quando ci troviamo dinanzi al giudizio di Dio. Anche se in pratica la nostra vita non è cristiana, questo indelebile segno sacramentale del Battesimo resta con noi per tutta l’eternità.

4. Le letture della liturgia odierna ci consentono di rispondere in modo ancor più esauriente alla domanda: che significa essere cristiano?

Nel libro del profeta Isaia possiamo leggere del “monte del tempio del Signore” (Is 2, 2), innalzato sopra tutte le cose. Il profeta dice: “Ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: “Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore” (Is 2, 2-3). Sì, la parola del Signore usciva da Gerusalemme. Questa parola è la parola del Vangelo. Parola della croce e risurrezione. Cristo incaricò gli apostoli di andare con questa parola in tutte le nazioni, per proclamarla e battezzare.

Attraverso il Battesimo Cristo viene a ognuno con il potere del suo mistero pasquale. Accettare Cristo attraverso il Battesimo, ricevere la nuova vita nello Spirito Santo, questo significa diventare cristiano. In questo modo attraverso i secoli, individui e intere nazioni sono diventati cristiani.

Essere cristiano significa andare sul monte verso il quale Cristo ci guida. Entrare nel tempio del Dio vivente che si è formato in noi e in mezzo a noi tramite lo Spirito Santo. Essere cristiano significa continuare a diventare cristiano, imparando da Cristo le vie del Signore per essere in grado “di camminare per i suoi sentieri” (cf. Is 2, 3). Essere cristiano significa diventare uno ogni giorno, salendo spiritualmente verso Cristo e seguendolo. Infatti, come noi ricordiamo, quando Cristo chiamò per la prima volta coloro che stavano per diventare i suoi discepoli, disse loro: “Seguitemi”.

5. Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani. E fu oltre duecento anni fa che la gente nella zona di San Francisco fu chiamata cristiana per la prima volta. Dall’arrivo dei primi coloni e dagli sforzi missionari di padre Palou e dei suoi compagni, ci furono sempre cristiani a San Francisco: gente del più svariato retaggio culturale che ha creduto nella parola di Dio, è stata battezzata, e ha seguito i passi del Signore.

Qui c’è una città costruita sulle speranze. Le speranza dei missionari francescani di padre Serra che vennero a predicare la buona novella, le speranze dei pionieri che vennero qui in cerca di fortuna, le speranze di gente venuta qui a cercare la pace, le speranze di coloro che ancora vengono per trovare rifugio dalla violenza, persecuzione o miseria. È la città in cui, circa quarant’anni fa, gli statisti si incontrarono per creare l’Organizzazione delle Nazioni Unite, un’espressione delle nostre comuni speranze per un mondo senza guerra, un mondo impegnato per la giustizia e governato da leggi giuste.

Ma questa città fu costruita anche con duro lavoro e impegno. Qui la Chiesa passò dalla piccola Missione Dolores all’istituzione dell’arcidiocesi di San Francisco nel 1853. Richiese sforzo e determinazione alla città e alla Chiesa riprendersi dai devastanti effetti del violento terremoto e del terribile incendio della primavera del 1906. Sì, ci vuole un grande sforzo per passare dall’entusiasmo iniziale a qualcosa che durerà realmente. “Rimangono”, san Paolo ci dice, “tre cose: la fede, la speranza e la carità, ma di tutte più grande è la carità” (1 Cor 13, 13). Sono proprio queste virtù - fede, speranza e carità - che hanno diretto e sostenuto tutti gli sforzi della Chiesa di San Francisco nel passato, e che la sosterranno in futuro.

6. “Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani”. Qui a San Francisco, e in ogni città e luogo, è necessario che i seguaci di Gesù approfondiscano la loro comunione con lui cosicché non siano cristiani solo di nome. Il primo mezzo di cui la Chiesa si è sempre servita per questo compito è una catechesi sistematica.

Quando Gesù mandò i suoi discepoli in missione, disse loro di battezzare e insegnare. Il solo Battesimo non è sufficiente. La fede iniziale e la nuova vita nello Spirito Santo, che si ricevono nel Battesimo, hanno bisogno di avanzare verso la pienezza. Dopo aver cominciato a sperimentare il mistero di Cristo, i suoi seguaci devono sviluppare la loro comprensione di esso. Devono conoscere meglio Gesù stesso e il regno da lui proclamato; devono scoprire le promesse di Dio nelle Scritture, e apprendere le esigenze e gli imperativi del Vangelo.

Negli Atti degli Apostoli ci viene detto che i membri della prima comunità cristiana a Gerusalemme “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42). Qui abbiamo un modello della Chiesa che può servire come obiettivo per tutte le catechesi. Perché la Chiesa ha bisogno continuamente di nutrirsi della parola di Dio che ci viene dagli apostoli, e ha bisogno di celebrare l’Eucaristia, di essere fedele alla preghiera regolare e di dare testimonianza a Cristo nella vita ordinaria della comunità.

L’esperienza della storia ha dimostrato l’importanza di uno studio attentamente programmato di tutto il mistero cristiano. “Insegnate loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”, Gesù dice agli apostoli (cf. Mt 28, 20). Non c’è un sostituto alla presentazione sistematica di tutte le cose essenziali della nostra fede cattolica, una presentazione che può fornire la base per un sano giudizio sui problemi della vita e della società, e che può preparare la gente a schierarsi per ciò in cui essi credono con umiltà e coraggio. Come ho affermato nella mia esortazione apostolica sulla catechesi: “Le convinzioni ferme e ponderate spingono all’azione coraggiosa e retta . . . La catechesi autentica è sempre iniziazione ordinata e sistematica alla rivelazione che Dio ha fatto di se stesso all’uomo in Cristo Gesù, rivelazione custodita nella memoria profonda della Chiesa e nelle Sacre Scritture, e costantemente comunicata, mediante una “traditio” vivente e attiva, da una generazione all’altra” (Ioannis Pauli PP. II, Catechesi Tradendae, 22).

7. Qual è l’obiettivo della catechesi? Che cosa significa, non solo essere chiamati cristiani, ma essere davvero cristiani? Significa identificarsi con Cristo, non solo nella Messa domenicale - che è estremamente importante - ma anche in tutte le altre attività della vita. Nel parlare della nostra relazione con lui, Gesù stesso disse: “Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra” (Gv 15, 20).

Identificarsi con Cristo significa vivere secondo la parola di Dio. Il Signore disse ai suoi primi discepoli: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Gv 15, 10). Per questo motivo la Chiesa non smette mai di proclamare l’intero messaggio evangelico, popolare o impopolare che sia, conveniente o non conveniente. E la Chiesa è sempre consapevole del grande compito di chiamare la gente alla conversione di spirito e cuore, come fece Gesù. Le prime parole pronunciate da Gesù nel Vangelo sono queste: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15).

8. Coloro che accettano la grazia della conversione e che vivono secondo la parola di Dio scoprono che, con la grazia di Dio, essi cominciano a rivestirsi dello spirito e del cuore di Cristo. Essi si identificano sempre di più con Cristo, che è segno di contraddizione. Fu Simone che per primo predisse che il neonato figlio di Maria sarebbe stato per il suo popolo un segno di contraddizione. Dice alla Vergine Madre: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione” (Lc 2, 34). Così avvenne. Gesù incontrò opposizione nel messaggio che predicò, e nell’amore che abbraccia tutti, che egli offrì a tutti. Fin dall’inizio del suo pubblico ministero, era di fatto “un segno di contraddizione per la gente”.

Le parole di Simeone contenevano la verità per ogni generazione. Cristo resta oggi un segno di contraddizione, un segno di contraddizione nel suo corpo, la Chiesa. Quindi non ci dovrebbe sorprendere se, nel nostro sforzo di essere fedeli agli insegnamenti di Cristo, ci imbattiamo nella critica, nel ridicolo, nel rifiuto. “Se il mondo vi odia”, il Signore disse ai Dodici, “sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Gv 15, 18-19).

Queste parole del nostro amorevole Salvatore sono vere per noi non solo come individui ma anche come comunità. Infatti la testimonianza a Cristo dell’intera comunità cristiana ha un impatto maggiore di quello del singolo individuo. Quanto è importante, allora, la testimonianza evangelica di ogni comunità cristiana, ma specialmente la più fondamentale di tutte, la famiglia cristiana. Dinanzi a molti mali comuni, la famiglia cristiana che vive veramente la verità del Vangelo nella carità è certamente un segno di contraddizione, e al contempo è una fonte di grande speranza per coloro che desiderano fare del bene. Le parrocchie, anche, le diocesi e tutte le altre comunità cristiane “che non appartengono al mondo”, si trovano a incontrare l’opposizione proprio perché sono fedeli a Cristo. Il mistero della croce di Cristo si rinnova in ogni generazione di cristiani.

9. Quando Gesù Cristo mandò i suoi apostoli in tutto il mondo ordinò loro: “Ammaestrate tutte le nazioni” (cf. Mt 28, 19-20). Il Vangelo, e con esso il potere salvifico della redenzione di Cristo, è indirizzato a ogni persona in ogni nazione. È indirizzato anche a nazioni e popoli interi. Nella sua visione, il profeta Isaia vede i popoli che salgono sul monte del tempio del Signore, chiedendo di essere ammaestrati nei suoi modi e di procedere sul suo sentiero (cf. Is 2, 2-3). Noi anche chiediamo di procedere sul sentiero del Dio vivente, Creatore e Redentore, l’unico Dio che vive in imperscrutabile unità come Padre, Figlio e Spirito Santo.

Continuando a descrivere la sua visione, Isaia dice:

“Egli sarà giudice fra le genti
e sarà arbitro fra molti popoli.
Forgeranno le loro spade in vomeri,
 le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2, 4).

Quanto ardentemente desideriamo vedere il futuro dell’umanità alla luce di queste parole profetiche! Quanto ardentemente desideriamo un mondo in cui prevalgano giustizia e pace! Può la Chiesa che proviene da una simile profezia - la Chiesa del Vangelo - cessare mai di proclamare il messaggio di pace sulla terra? Potrà mai cessare di adoperarsi per il vero progresso dei popoli? Potrà mai cessare di operare per la vera dignità di ogni persona umana?

Essere cristiano significa anche proclamare questo messaggio instancabilmente in ogni generazione, alla nostra generazione alla fine del secondo millennio e all’inizio del terzo!

“O casa di Giacobbe, vieni,
camminiamo nella luce del Signore!” Amen!

**

Al termine della Messa

Fratelli e sorelle carissimi di San Francisco.

Alla fine di questa celebrazione eucaristica, vorrete probabilmente darmi un messaggio da trasmettere a san Francesco, in Italia. Ho detto a san Francesco che poteva restare certamente in Italia, ma gli ho anche detto che la sua presenza spirituale qui sulla Costa Occidentale d’America è molto necessaria. Spero dunque che i santi possano fare le due cose: essere ad Assisi ed essere in spirito qui, sulla Costa Occidentale d’America, in San Francisco. Voglio che siate orgogliosi del nome di questo santo, perché fu portatore di tanta pace a tutto il mondo. Vi ringrazio caldamente per questa occasione di incontrarci durante la celebrazione eucaristica, e un grazie particolare a tutti coloro che hanno preparato questa celebrazione. Quello che ho detto qui l’ho detto anche a Los Angeles, la Città degli Angeli. La Costa Occidentale d’America è molto bella, non solo per essere in comunione con i santi ma anche per essere in comunione con gli angeli. Grazie di cuore e Dio benedica ciascuno di voi, le vostre famiglie e tutte le vostre comunità in San Francisco e in California. Sia lodato il Signore Gesù Cristo

 

© Copyright 1987 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana