Index   Back Top Print

[ IT ]

SANTA MESSA PER GLI UNIVERSITARI DI ROMA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Martedì, 16 dicembre 1987

 

1. “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!” (Lc 11, 27).

Così ha gridato “una donna di mezzo alla folla”, desiderando manifestare la sua ammirazione per tutto ciò che Gesù faceva e insegnava.

Nelle parole della donna l’ammirazione per il Figlio si trasferisce sulla Madre.

La donna è consapevole, in modo particolare, che essere uomo, essere “figlio dell’uomo” (come Gesù soleva dire di se stesso), vuol dire essere nato da donna, essere nato da una madre.

Tutti ne siamo consapevoli, ma questa “donna di mezzo alla folla” - come ogni donna - lo è in modo particolare.

La beatitudine del Figlio dell’Uomo!

La beatitudine della Madre nel Figlio!

2. Questa “donna di mezzo alla folla” forse non sa che, pronunziando quelle parole, dà perfino compimento all’annunzio profetico di Maria, nel “Magnificat”:

“D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1, 48).

La “donna di mezzo alla folla”, il cui grido è stato fissato nel Vangelo di Luca, appartiene alla prima generazione di coloro che hanno chiamato “beata” la Madre del Redentore.

3. Da quel tempo tante generazioni sono passate con la stessa beatitudine sulle labbra e nel cuore. Nella preghiera cristiana si è radicato il saluto dell’angelo durante l’annunciazione, unito a quello di Elisabetta durante la visitazione:

“Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!” (Lc 1, 42).

Questa preghiera - la più “mariana” fra tutte quelle che diciamo - è nello stesso tempo profondamente cristocentrica. Maria è benedetta a motivo del Figlio. È proprio in lui che l’Eterno Padre ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale (cf. Ef 1, 3):

- ha benedetto noi tutti, tutti gli uomini; in un certo senso tutto il creato; ma ella, la Madre, è stata benedetta da lui in modo eccellente;

- in lui nel Figlio, il Padre “ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi” (Ef 1, 4);

- ha scelto noi tutti, ma ella, Maria, è stata scelta in modo particolare.

È benedetta a motivo del Figlio, a motivo del Verbo che in lei “si fece carne”. Ella, Vergine di Nazaret, appartiene inseparabilmente al mistero dell’incarnazione, alla verità sull’Emmanuele.

4. In questo mistero lei non viene in nessun modo “offuscata” o “assorbita”. No!

Ebbe ragione la “donna di mezzo alla folla” di rendere omaggio alla Madre a causa del Figlio.

La maternità di Maria significa la pienezza e il culmine del suo “Io” femminile e della sua umana personalità.

Dato che - secondo il Concilio - l’uomo, la persona umana, non può “ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé (cf. Gaudium et Spes, 24), allora queste parole si riferiscono a Maria in modo particolare.

“Il dono sincero di sé” si è incontrato in lei con la “pienezza di grazia”, proclamata dal divino messaggero a Nazaret.

“Ti saluto, o piena di grazia”, dice Gabriele (Lc 1, 28).

“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”, risponde Maria (Lc 1, 38).

Mediante il dono più sincero di sé, del suo “Io” femminile, Maria diventa Madre del Verbo Eterno.

“Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte”.

5. È significativo che a questo grido di “una donna di mezzo alla folla”, Gesù risponda: “Beati, piuttosto, coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11, 28).

Ha voluto forse distrarre così l’attenzione dalla sua Madre terrena?

Apparentemente forse sì. Ma, nella sostanza, il Figlio di Maria ha spiegato nella sua risposta ancor più chiaramente perché lei è beata. Perché è beata la sua umana maternità.

Infatti la frase su “coloro che ascoltano la parola di Dio e l’osservano”, si riferisce per eccellenza a lei, a Maria. La sua stessa maternità non è forse proprio il frutto del suo “ascoltare” la parola di Dio? Non è il frutto del suo perfetto “acconsentire” ad essa?

E poi, non è di lei, di Maria, che l’evangelista dice: “Serbava tutte queste cose nel suo cuore”? (Lc 2, 51).

Maria, Virgo audiens, la Vergine dell’ascolto.

Maria, l’apice della sensibilità alla Parola e allo Spirito, che s’esprime nella Parola come Amore e Dono.

6. Alle parole della “donna di mezzo alla folla” Gesù risponde al plurale: “Beati . . . coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”.

Gesù riconferma la beatitudine indirizzata a sua Madre, “situandola” in un certo senso in mezzo alla comunità: in mezzo a questo “noi”, che prende origine all’ascolto della parola di Dio; in mezzo al popolo di Dio. In mezzo alla Chiesa.

Il Concilio Vaticano II ha seguito il suggerimento contenuto in questa risposta. Il documento principale del magistero conciliare, la costituzione Lumen Gentium, fa vedere Maria presente nel mistero di Cristo e della Chiesa.

Nella stessa prospettiva è stata scritta anche l’enciclica Redemptoris Mater, che desidera “orientare” il modo di vivere l’attuale Anno mariano nella preparazione della fine del secondo e dell’inizio del terzo millennio dalla nascita di Cristo.

Filo conduttore di quest’Anno sono le parole della Lumen Gentium, riportate più di una volta nell’enciclica: Maria “è figura della Chiesa . . . nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo” (Lumen Gentium, 63).

7. Queste parole costituiscono - si può dire - un’attuazione, cioè un modo di rendere presente nel nostro tempo la verità eterna dell’Avvento.

Nello spirito di queste parole noi ci incontriamo anche oggi, in una sera d’Avvento, nell’ambiente delle università romane, in mezzo ai professori e agli studenti, la cui presenza nella basilica di San Pietro mi è molto cara.

Desidero porgere il mio cordiale saluto ai rettori delle università, ai chiarissimi professori, ai loro collaboratori, al personale di ciascun istituto accademico, qui presenti. E un affettuoso saluto rivolgo pure agli studenti e alle studentesse universitarie, che prendono parte alla celebrazione. A tutti il mio benvenuto per questo appuntamento liturgico, che, come di consueto, ci raccoglie nell’imminenza della festa di Natale.

8. In questo incontro liturgico tutti desideriamo vivere insieme questo “avanzare” del nostro pellegrinaggio sotto la guida della Vergine di Nazaret.

Per armonizzare meglio la liturgia con la caratteristica del nostro ambiente, guardiamo verso la Madre di Dio, come a colei che la Chiesa chiama “Sede della sapienza”.

9. Il concetto della sapienza ha per noi un’eloquenza particolare. Gli amatori della scienza non sono forse stati chiamati, una volta, “amici della sapienza” (“philo-sophoi”)? E una tale definizione si trova al fondamento di tutta la nostra cultura e civiltà.

Occorre tuttavia rilevare che i più eminenti tra i “philosophoi” (come Aristotele di Stagira) distinguevano tra la “scienza” e la “sapienza”.

La scienza riguarda gli oggetti della natura, che vengono conosciuti dall’intelletto mediante i sensi: riguarda quindi il mondo visibile.

La sapienza raggiunge le ragioni ultime di ogni cosa. Dà risposta alla domanda circa la “prima causa” e il “fine ultimo”. In questo modo la sapienza consente all’uomo di definire se stesso “fino alla fine” in mezzo all’intero universo. Gli consente anche di ritrovare il senso fondamentale della propria esistenza.

10. Questa distinzione antichissima è valida per tutta la dottrina della conoscenza, e anche per la filosofia dell’ente, la metafisica. Essa è stata ripresa e approfondita nella riflessione cristiana alla luce della rivelazione biblica. Tale distinzione non cessa di essere attuale in tutte le epoche. Ma, per quanto riguarda la nostra epoca, si deve constatare che si è avuto in essa un progresso gigantesco nell’ambito della “scienza” e invece un notevole “offuscamento” in quello della sapienza.

A questo si riferisce l’enunciazione significativa del Concilio nella costituzione Gaudium et Spes (Gaudium et Spes , n. 15):

l’uomo “nell’epoca nostra . . . ha conseguito successi notevoli particolarmente nella investigazione e nel dominio del mondo materiale. E tuttavia egli ha sempre cercato e scoperto una verità più profonda . . . L’epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane tutte le sue nuove scoperte. È in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più saggi”.

Di conseguenza, l’uomo contemporaneo vive spesso senza un “orizzonte” definitivo. A volte sperimenta persino sensibilmente la mancanza mentale della vita.

Il nostro odierno incontro d’Avvento vuol fare riferimento a tale situazione dell’uomo contemporaneo. Proprio per questo ci riuniamo intorno a Maria, invocata dalla Chiesa sotto il titolo di “Sede della Sapienza”.

11. La sapienza di cui ha parlato Aristotele non è la stessa che ci è proclamata oggi dalla liturgia, innanzitutto nella prima lettura. Il Libro del Siracide contiene la verità rivelata sulla Sapienza. Ciò che ha insegnato il filosofo greco non si identifica con la verità della rivelazione. Tuttavia non è in contrasto con essa. In un certo senso è un correlato “umano” di questa verità divina. È, si può dire, un andare incontro ad essa.

“Avvicinatevi tutti a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti . . . il mio ricordo durerà di generazione in generazione . . . Chi mi ascolta, non sarà deluso; e chi compie le mie opere, non peccherà. Chi mi rende onore, avrà la vita eterna” (Sir 24, 18.19.21).

12. Ascoltando queste parole è difficile opporsi alla convinzione che qui si tratta di una “personificazionedella Sapienza.

Questa Sapienza è nello stesso tempo un “attributo” e un “soggetto”.

È un attributo di Dio, e nello stesso tempo s’identifica con lui. È Dio. Ha carattere di persona.

E in tale veste la Sapienza, quale Persona, manifesta il desiderio di venire verso l’uomo, di scendere tra i figli e le figlie di Israele, per potersi comunicare loro più direttamente: “avvicinatevi . . . mangiate . . . bevete . . .”.

Sentiamo di trovarci già nell’atrio del Vangelo. Nell’Antico Testamento vi è ancora un velo sull’eterno mistero divino. Tuttavia questo velo sarà calato, e Giovanni evangelista (come un’ultima eco di questi contenuti sapienziali) scriverà semplicemente: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio . . . Tutto è stato fatto per mezzo di lui . . . In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1, 1-4).

Infine: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi . . . e noi vedemmo . . .” (Gv 1, 14).

13. “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”.

Nel contesto dell’odierna liturgia diventa a noi chiaro perché la Chiesa chiama Maria “Sede della sapienza”.

La Sapienza “si fece carne” in lei:

“Ecco concepirai . . . e darai alla luce” (Lc 1, 31).

Per noi qui riuniti  per noi, la cui vocazione nella vita è collegata con la promozione della scienza, con la conoscenza di tante sue attuali specializzazioni;

- per noi, che nello stesso tempo siamo chiamati alla sapienza, che cerchiamo le ragioni ultime e ci interroghiamo costantemente circa il senso profondo delle scienze

-, per noi l’odierna liturgia contiene la seguente risposta: la Sapienza è Persona. È il Verbo-Figlio. È anche Figlio della Vergine. Maria quale Madre del Verbo è sede di questa Sapienza.

14. E questa Sapienza parla in Maria e mediante Maria: “Avvicinatevi tutti a me . . . saziatevi dei miei frutti . . . mangiate . . . bevete. Chi mi ascolta, non sarà deluso, e chi compie le mie opere, non peccherà”.

“Santifica, Signore, le offerte che portiamo all’altare, e per intercessione della gloriosa Vergine Maria edifica nei nostri cuori una dimora degna della tua Sapienza. Per Cristo nostro Signore” .

 

© Copyright 1987 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana