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MESSA NELLE OFFICINE CENTRALI DE4LL'A.T.A.C.

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Solennità di San Giuseppe - Sabato, 19 marzo 1988

 

1. “Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo” (Mt 1, 16).

Con queste parole termina la genealogia di Gesù di Nazaret, nel Vangelo di Matteo. Nello stesso brano, Giuseppe figlio di Giacobbe, della stirpe di Davide, viene chiamato “lo sposo di Maria” (Mt 1, 16).

Chi era Giuseppe?

Proprio la stessa pagina sacra racconta di lui quel fatto che sta al centro della sua vita e della sua vocazione: Giuseppe è l’uomo al quale fu affidato in modo particolare ed eccezionale “il grande mistero” di Dio stesso. Il mistero dell’incarnazione.

Giuseppe è colui che ha creduto, e si è affidato a Dio, come ha fatto Maria. Si può dire che egli ha ottenuto il dono di una “partecipazione” singolare ed immediata alla fede di Maria. Se per il popolo e davanti alla legge di Israele egli fu il suo sposo nel senso comune del termine, dinanzi a Dio ed alla propria coscienza egli rimase lo sposo verginale della Genitrice di Dio, totalmente dedito al mistero di quella maternità, che in essa aveva miracolosamente realizzato lo Spirito Santo.

2. Di tutto ciò parla l’evangelista Matteo. Ecco le parole di quella annunciazione, che anche Giuseppe ricevette a somiglianza di Maria: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 20-21) Conosciamo bene il testo dell’annunciazione di Maria nel Vangelo di Luca. Là si parla del turbamento della Vergine di Nazaret, qui del turbamento di Giuseppe. Là Maria manifesta la sua emozione dinanzi al messaggero celeste. Qui l’angelo, in un certo senso, previene la domanda di Giuseppe e risponde alla sua inquietudine. Là Maria risponde: “Avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38), qui Giuseppe “fa come gli aveva ordinato l’angelo del Signore” (cf. Mt 1, 24).

 “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1, 37). Non vi è alcuna “dissomiglianza” nella sostanza del messaggio. Non c’è disparità tra ciò che Maria prima, e Giuseppe poi sentono dalla bocca del messaggero: è l’annuncio che il Figlio di Dio si farà uomo, nascendo dalla Vergine.

In questo punto la fede di Giuseppe merita di essere paragonata alla fede di Abramo, elogiato con queste parole nella lettera ai Romani: “Ebbe fede, sperando contro ogni speranza” (Rm 4, 18).

3. Cari fratelli e sorelle!

Ci incontriamo nella solennità di san Giuseppe, nel corso dell’anno mariano. Proprio per questa circostanza la figura di quell’uomo giusto merita un particolare ricordo unito alla nostra venerazione.

Nell’anno mariano la Madre di Dio viene presentata a tutti come colei che ci “precede nella peregrinazione della fede”, dando esempio a tutto il Popolo di Dio nella sua peregrinazione terrena.

Di fronte al mistero dell’incarnazione nessuno ha avuto una così diretta partecipazione alla fede di Maria quanto Giuseppe. E questo fatto è determinante per la considerazione della sua grandezza spirituale dinanzi a Dio ed agli uomini. L’uomo al quale Dio stesso ha dato tanta fiducia - ed egli non ha deluso questa fiducia - merita pure una grande fiducia da parte degli uomini. Ed egli di fatto ha ricevuto tale fiducia.

Tutta la Chiesa, infatti, dimostra a Giuseppe il suo particolare affidamento. Vi sono due ambiti di realtà umane, che la Chiesa ama considerare riferendosi alla testimonianza di san Giuseppe: la famiglia e il lavoro. Due ambiti quanto mai estesi e fondamentali per l’intera esistenza umana!

Nel corso di questo incontro, al quale partecipate voi, lavoratori di un particolare settore, quello dei trasporti, desidero considerare insieme con voi i problemi di fondo del vostro impiego, partendo dall’annuale solennità di san Giuseppe.

4. Famiglia e lavoro sono gli spazi umani, dentro i quali si svolge tutta la vostra vita. Essi, considerati insieme, richiamano l’idea della fraternità. Nella famiglia e nel lavoro gli uomini devono infatti vivere l’uno accanto all’altro senza ignorarsi, ma cercando costantemente le vie della collaborazione sincera, del reciproco servizio, della solidarietà.

È precisamente questo spirito di fraternità che ho potuto cogliere dalle vostre parole, da quella del presidente dell’Azienda, come da quelle del rappresentante dei lavoratori. Vi ringrazio per la cordiale accoglienza che mi avete riservato, mentre porgo a tutti il mio affettuoso saluto.

Il mio pensiero va anche ai cappellani del lavoro. Li ringrazio per il loro ministero e li esorto a perseverare nelle loro iniziative pastorali per esservi vicini e testimoniare concretamente, accanto a voi nelle vostre fatiche. l’attenzione che la Chiesa nutre per i lavoratori. Con loro voi potrete esaminare la dottrina sociale che la Chiesa ispirandosi al Vangelo, costantemente annuncia a tutti gli uomini.

Desidero, altresì, esprimere il mio compiacimento per il servizio che, come è stato detto, vede intrecciarsi, ormai da settanta anni, lo sviluppo della rete dei trasporti pubblici con la crescita della città di Roma. Mi rendo conto delle difficoltà incontrate nel seguire l’espansione intensa e febbrile della città in questi ultimi decenni, nell’intento di disporre servizi adeguati per tutta la popolazione.

Roma, oltre tutto, è una città singolare per il legame che conserva con il mondo intero. Voi siete testimoni del costante accorrere di numerosi pellegrini e visitatori, attenti ai valori civili e religiosi dell’“Urbe”. È anche attraverso di voi che spesso essi imparano a cogliere il volto di questo meraviglioso centro di testimonianze cristiane ed artistiche.

Certo, il vostro maggiore lavoro consiste nel venire incontro alla porzione più cospicua dei cittadini, alla grande massa di lavoratori come voi, che senza sosta si servono dei mezzi pubblici per raggiungere l’ufficio, la fabbrica, i negozi, la propria abitazione. È questa dimensione, per così dire, popolare della vostra opera che segna un vostro vincolo particolare con la società civile e suscita un impegno morale di solidarietà del tutto singolare con gli altri cittadini.

Questo rapporto diretto deve sostenere lo sforzo per superare le difficoltà che scaturiscono dal vostro specifico lavoro: la tensione di trovarvi nel crogiuolo del traffico febbrile e nervoso di una città pressata dal suo crescere veloce, l’impatto con persone e circostanze imprevedibili e non facili, il peso di turni a volte particolarmente logoranti.

Vi invito ad affrontare queste situazioni con animo solidale verso quanti dipendono da voi per i loro spostamenti. Servite ogni persona con generosità, ben sapendo che qualsiasi azione intesa a contribuire al bene del prossimo e ad aiutare un fratello, è sorgente di schietta gioia per chi la compie.

5. Vorrei incoraggiarvi tutti a superare con impegno le tentazioni di reciproca indifferenza o di contrapposizione sistematica e di generale timore che spesso si insinuano nell’ambiente di lavoro, e tendono a renderlo nemico all’uomo stesso che vi opera.

La parola del Vangelo ci fa pensare che mancherebbe ad un suo preciso dovere morale chiunque rifiutasse di mettere a disposizione del bene comune, nel contesto del servizio che lo riguarda, i mezzi dell’intelligenza, le risorse tecniche e il potere di cui dispone. E certo legittimo operare per il miglioramento della propria situazione e di quella della categoria a cui si appartiene. Lo sviluppo, tuttavia, non si attua nella sola ricerca esasperata dei profitti. Ogni crescita si compie con la collaborazione di tutti verso tutti, avendo sempre presenti le incidenze che le rivendicazioni dei singoli hanno sull’intera compagine sociale. Oggi più che mai gli uomini si rendono conto di essere legati da comuni problemi e aspirazioni, e comprendono di dover costruire insieme, con equilibrio, con vera partecipazione, con onestà e verità, il bene che li riguarda tutti insieme.

6. Come è noto, per commemorare il 20° anniversario dell’enciclica del Papa Paolo VI Populorum Progressio, ho inviato a tutti i cristiani una lettera, che inizia con le parole Sollicitudo Rei Socialis. In essa ho cercato di mettere in risalto il valore della solidarietà. Essa è un atteggiamento dell’animo fondato sulla considerazione dei vincoli sempre più stretti che, di fatto, legano tra loro gli uomini e le nazioni del mondo contemporaneo. Ma la solidarietà è anche una virtù morale, che nasce dalla consapevolezza della connaturale interdipendenza che lega ogni essere umano ai propri simili nelle varie componenti della sua esistenza: l’economia, la cultura, la politica, la religione. La solidarietà non può, quindi, ridursi ad un vago atteggiamento di partecipazione emotiva o ad una parola senza risonanza pratica. Essa richiede un impegno morale attivo, una determinazione ferma e perseverante di dedicarsi al bene comune, ossia al bene di tutti e di ciascuno: tutti siamo responsabili di tutti.

7. Il principio della solidarietà chiede, quindi, di trovare applicazione nei diversi campi, nei quali l’uomo è chiamato ad agire, a partire da quegli ambienti sociali che lo riguardano più immediatamente: la famiglia, la comunità di lavoro, la comunità civile e quella religiosa. Anche tra di voi, dunque, la collaborazione dovrà essere improntata ai principii della solidarietà: questa dovrà essere la guida di ogni impegno morale nella vita interna dell’Azienda, come anche nella soluzione dei problemi che sorgono nell’ambito del servizio pubblico.

Si tratta, come è ovvio, di un cammino da percorrere con costante volontà di adattamento alle situazioni, superando le circostanze meno propizie con intelligenza, acume, abilità e soprattutto con sentimento di umana comprensione.

L’instaurazione di rapporti di solidarietà è, infatti, un compito che chiama in causa le qualità migliori di ciascuno. Io vi invito, pertanto, a porre in ciò il vostro quotidiano impegno.

8. Ritorniamo con la nostra mente alla famiglia di Nazaret. Ivi Maria e Giuseppe vivono la loro vita di fede, corrispondendo ad una vocazione sublime, che lega la loro esistenza al mistero di Dio presente tra gli uomini in quel loro Figlio, che è lo stesso Verbo di Dio incarnato.

Nella dedizione a lui essi trovano la quotidiana motivazione per una solidarietà tra loro che nessuna difficoltà riesce ad incrinare. Dalla fede in lui, che essi sanno essere venuto “per salvare il suo popolo” (cf. Mt 1, 21), traggono la spinta per aprirsi ad una inesauribile solidarietà verso gli altri. E questa solidarietà vivono nel nascondimento del lavoro quotidiano, affrontato con la consapevolezza di collaborare anche in quel modo all’universale piano della salvezza.

Così essi compiono la “loro peregrinazione della fede”, di cui la narrazione evangelica che abbiamo ascoltato ci fa vedere solo “il punto di partenza”. Il resto del cammino - specialmente del cammino di Giuseppe - è come racchiuso nel silenzio. Sappiamo solo che la vita di lui fu spesa nella quotidiana fatica del carpentiere, accanto al Figlio di Dio Gesù, il quale, crescendogli accanto giorno dopo giorno, diventava sempre più validamente suo collaboratore: carpentiere accanto al carpentiere.

Anche ogni uomo che lavora è chiamato da Dio a costruire la propria esistenza nella quotidiana fatica e nella generosa solidarietà, percorrendo con perseveranza il proprio cammino. Un cammino sul quale la fede getta un raggio di vivida luce, insegnando ad amare ogni uomo in Cristo come fratello, aiutandolo a sostenere la parte di croce quotidiana che si cela in ogni tipo di attività, invitandolo a leggere la propria vicenda nel quadro di un più ampio disegno provvidenziale, che ha come scopo la salvezza dell’umanità e come prospettiva finale il trionfo della giustizia e dell’amore nel ritorno glorioso di Cristo.

Carissimi lavoratori, queste non sono verità astratte: l’esempio dei componenti la sacra Famiglia le rende estremamente concrete. Sono verità che passano attraverso la fatica casalinga di Maria, si irrorano del sudore quotidiano di Giuseppe, hanno lo spessore degli strumenti manovrati dalle mani callose dello stesso Figlio di Dio.

Sappiate guardare a loro - a Maria, a Giuseppe, a Gesù - per ricuperare ogni giorno il senso della vostra dignità e la stima del vostro lavoro. Sentiteveli vicini nel disimpegno quotidiano dei vostri compiti. Nell’anno mariano, che stiamo vivendo, vi è vicina in particolare la Vergine santa, alla quale, come a Madre premurosa e sollecita, potete confidare i vostri problemi, quelli di lavoro e quelli di famiglia.

A lei vi affido, perché so che vi può capire: è la sposa di un lavoratore come voi, e so che vi può aiutare: è la Madre dell’Onnipotente.

Dopo queste considerazioni omiletiche diciamo la nostra professione di fede e poi, con la preghiera dei fedeli, ci prepariamo a portare sull’altare eucaristico tutto quello che costituisce la vostra vita quotidiana: vita delle famiglie, sollecitudini, preoccupazioni, ansie, speranze, come anche tutto quello che costituisce la vostra quotidiana vita del lavoro, lavoro di giorno, lavoro di notte, tutto quello che il lavoro significa per la persona umana e per una umana comunità.

Sia lodato Gesù Cristo.

 

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