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SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Mercoledì, 29 gennaio 1988

 

1. “O Roma felix!”

La Chiesa che è in Roma rivolge oggi lo sguardo verso le sue origini. L’inizio della sua esistenza si collega con i nomi degli apostoli Pietro e Paolo, si collega con l’eredità particolare che essi hanno qui lasciato. L’hanno lasciata non soltanto alla Chiesa di Roma, ma anche a tutto il mondo.

La testimonianza apostolica, l’eredità apostolica.

Oggi è il giorno in cui questa testimonianza apostolica è stata sigillata con la morte; con il martirio. Proprio questa morte degli apostoli, quale testimonianza definitiva, costituisce il “sigillo” della loro eredità.

Noi ritorniamo costantemente ad essa, perché viviamo di essa e ci sviluppiamo da essa. Oggi lo manifestiamo in modo particolare sia qui a Roma, sia nel mondo intero.

“O Roma felix!”

2. La testimonianza apostolica è stata la testimonianza di uomini, di uomini chiamati da Cristo.
La loro storia è conosciuta sufficientemente sia per quanto riguarda Simon Pietro, sia per Paolo di Tarso.

La storia degli uomini ha la sua caratteristica “umana”; la sua “autenticità” umana. I testi del Nuovo Testamento, i Vangeli e le lettere ci permettono di conoscere quest’autenticità umana di Simone figlio di Giona, come anche di Saulo di Tarso.

In questo modo diventa ancor più trasparente la scelta operata da Cristo nella chiamata di ciascuno di essi. Scegliendo Simon Pietro, Gesù ha chiamato un uomo generoso, ma anche impulsivo, che era in grado di dire al maestro: “Anche se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai” (Mt 26, 33), ma che poco dopo veniva dolorosamente meno alla sua promessa. E noto - fu quello il momento del rinnegamento e poi delle lacrime amare del pentimento.
Tuttavia Cristo scelse proprio questo uomo, e confermò questa decisione anche dopo il rinnegamento di Pietro.

Il suo imprigionamento a Gerusalemme, ricordato dalla prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, mostra quanto questo apostolo, esposto in seguito alla persecuzione e alla morte, dovesse consolidare in sé la convinzione di essere sostenuto dalla potenza di Dio stesso.

Dato che Cristo un giorno gli aveva detto: “Tu sei pietra” (cf. Mt 16, 18), egli, in base alle esperienze della propria vita, doveva acquistare la sicura certezza di essere una tale “pietra” non grazie a se stesso, ma soltanto ed esclusivamente in virtù della potenza di Dio.

3. Conosciamo bene anche Paolo di Tarso. Mediante gli Atti degli Apostoli e le lettere, il profilo spirituale di quest’apostolo si delinea molto chiaramente.

Saulo, fariseo, nemico del nome di Cristo, persecutore dei discepoli e seguaci del nazareno, viene personalmente convertito da Cristo. Convertito vuol dire fatto passare dalla vita nella quale camminava con accanimento ad una vita diametralmente opposta. Da persecutore ad apostolo. E lo stesso fervore che dimostrava nel combattere Cristo, egli lo trasferisce nel professarlo e nel proclamarlo, raggiungendo con l’annuncio del Vangelo gli angoli più lontani dell’Impero romano.

Uomo di grandi lotte e combattimenti spirituali. Noi sentiamo un’eco di queste lotte e combattimenti anche nelle parole della seconda lettura di oggi, tratta dalla seconda lettera a Timoteo: “Cerca di venire presto da me . . . Il Signore . . . mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone . . . Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno” (2 Tm 4, 9. 17. 7-8).

4. La Chiesa che è a Roma ritorna a queste due figure, a entrambi gli apostoli, con i quali è collegata la sua apostolica eredità.

E lo fanno nello stesso giorno anche le altre Chiese, perché quest’eredità apostolica di Pietro e Paolo è importante e fondamentale per tutti. Per tutta la Chiesa in Occidente e in Oriente.

Con gioia grande saluto la delegazione della carissima Chiesa di Costantinopoli, presieduta dal Metropolita Damaskinos di Svizzera. Con questa presenza e con la reciproca partecipazione della Chiesa cattolica alla festa di sant’Andrea al Phanar si esprime il comune desiderio di consolidare le fraterne relazioni che s’addicono a Chiese sorelle, impegnate nella ricerca del ristabilimento della piena unità. L’eredità tramandata dagli apostoli ed accettata in forme e modi diversi fin dai primordi, ci lega in uno spirito di profonda stima, di affetto, di mutua comprensione e di carità.

Saluto pure gli Arcivescovi metropoliti, recentemente nominati, a cui viene oggi imposto il sacro Pallio. Tale rito, che si compie presso la tomba di Pietro per mano del suo successore, è stato sempre interpretato come una manifestazione del “pasce oves meas”, detto da Gesù a Pietro (cf. Gv 21, 15-17). Il Pallio è, perciò, simbolo di speciale legame col Vescovo di Roma, “principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione” (Lumen Gentium, 18). Esso è, al tempo stesso, richiamo ad un più generoso spirito di servizio e di fedeltà nella quotidiana dedizione al gregge di Cristo. Vi auguro, venerati fratelli, che l’odierna cerimonia rafforzi in ciascuno di voi il proposito di lavorare per il Regno di Cristo così che, secondo l’auspicio espresso da un’antica formula, “unde advenit fastigium visibile, inde florescat amor invisibilis”.

Col contributo di tutti sarà così efficacemente custodita l’eredità comune e universale. Pietro ha portato qui con sé ciò che il Padre stesso gli aveva rivelato su Cristo e che assunse forma di professione di fede per la Chiesa di tutti i tempi: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). Ha portato anche la risposta di Cristo, una promessa per tutta la Chiesa: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18).

Paolo ha portato con sé a Roma l’interpretazione più matura, in quei tempi, della missione universale della Chiesa. Egli fu, tra tutti gli apostoli, colui che in misura maggiore percorse varie parti del mondo, ammaestrando tutte le nazioni (cf. Mc 16, 15; Mt 28, 19). In questo modo egli diventò un preannuncio vivente della stessa missione universale, di generazione in generazione.

5. Oggi, ricordiamo con venerazione tutti e due gli apostoli, rinnoviamo altresì la consapevolezza di questa eredità apostolica, che per mezzo di essi è stata collegata con Roma.

Tale sicura consapevolezza da quel tempo è durata di generazione in generazione, trovando conferma da parte delle più grandi autorità spirituali della storia cristiana.

È noto il passo di Ireneo, che parla della Chiesa di Roma “antichissima, da tutti voi conosciuta, fondata e costituita dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo”. A questa Chiesa - afferma il santo dottore del secondo secolo - occorre che converga ogni altra Chiesa, cioè l’intera comunità dei fedeli da ogni parte del mondo (cf. S. Irenaei “Adversus haereses”, l. 1, cap. 10). Nota è pure, per tralasciarne altre, la riflessione di san Cipriano, vissuto nel terzo secolo: “Il Signore parla a Pietro: Io ti dico - afferma - che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa (cf. Mt 16, 18). Sopra una sola persona egli edifica la Chiesa, e benché dopo la risurrezione abbia attribuito a tutti gli apostoli uguale potestà . . . tuttavia, per manifestare l’unità, con la sua autorità egli dispose che l’origine di questa stessa unità cominciasse da un unico principio” (S. Cypriani “Liber de unitate Ecclesiae”, cap. IV: PL 4,499 s).

6. Dal giorno del martirio degli apostoli Pietro e Paolo, la Chiesa che è in Roma, consapevole di questa speciale eredità che deve a loro, non cessa di supplicare umilmente lo Spirito Santo, lo Spirito di verità, il Paraclito, perché le conceda - malgrado tutte le debolezze umane - di mantenere sempre la sua fede e la fedeltà a tutto ciò che costituisce tale eredità.

Lo specifico ministero “ministerium petrinum” che si collega col servizio del Vescovo di Roma, fa sì che esso abbia una singolare importanza per tutta la Chiesa. Come responsabile di tale servizio, il Vescovo di Roma è tradizionalmente eletto dai rappresentanti del presbiterio della sua Chiesa, i quali, a partire dall’inizio del secondo millennio, sono raccolti in uno speciale collegio detto dei “Cardinali”, a cui è riservata la competenza esclusiva dell’elezione papale.

A misura della crescita della Chiesa tra le diverse nazioni della terra, entrano a far parte di questo collegio i rappresentanti delle varie comunità ecclesiali del mondo. Anche se, come Cardinali, diventano membri del presbiterio della Chiesa di Roma, essi tuttavia esprimono pure l’universale estensione del “misterium petrinum”. E ad un tempo manifestano quel significativo tratto missionario del “ministerium paulinum”, che sin dall’inizio è stato iscritto nell’eredità apostolica della Chiesa che è in Roma.

7. Oggi partecipano alla nostra solennità i nuovi Cardinali. E concelebrano con il papa questa solenne Eucaristia, legata al ricordo dei santi apostoli Pietro e Paolo.

Tutto - ricorrenza liturgica, rito sacro, luogo ove la celebrazione si svolge - parla loro della grandezza del compito a cui sono stati chiamati. Tutto li richiama con forza al dovere di una coraggiosa testimonianza di unità fra loro e di fedeltà alla sede di Pietro. Essi sono cooperatori a speciale titolo del Sommo Pontefice, testimoni “usque ad effusionem sanguinis” dell’autentica fede, della parola rivelata, della verità annunciata nella Chiesa. Da essi ci si attende che siano, come Pietro, instancabili assertori e costruttori di pace e di concordia all’interno del Popolo di Dio, modelli, come Paolo, di generosa ed incessante dedizione alla proclamazione del Vangelo in ogni parte del mondo.

8. Nell’anno mariano ci rendiamo consapevoli, ancora una volta che nel mistero della chiesa è presente in modo speciale la Madre di Dio, la Madre di Cristo. L’inizio di questa presenza risale dapprima al momento dell’annunciazione e dell’incarnazione e poi, al momento della nascita della Chiesa dallo Spirito Santo, nel giorno della Pentecoste. Maria era in quel giorno con gli apostoli, era in mezzo alla Chiesa nascente. Ed è rimasta sempre con essa.

 “Infatti, nel mistero della Chiesa, la quale pure è giustamente chiamata madre e vergine, la beata Vergine Maria è andata innanzi, presentandosi in modo eminente e singolare, quale vergine e quale madre” (Lumen Gentium, 63). Anche la Chiesa “ad imitazione della madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente integra la fede, solida la speranza, sincera la carità” (Lumen Gentium, 63).

Che queste parole del Vaticano II rimangano per voi, venerabili e cari fratelli, Cardinali dell’anno mariano, una particolare fonte di ispirazione lungo l’intero vostro servizio.

8. “Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore, e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato” (Sal 34 [33], 4-5).
La liturgia dell’odierna solennità sembra mettere queste parole del salmista sulla bocca di entrambi gli apostoli: Pietro e Paolo.
Accogliamole nello stesso spirito.
Lo esige la nostra debolezza e indegnità.
Tuttavia “la potenza . . . si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9). Il Signore è colui che ci libera da ogni male e ci salva per il suo regno eterno. A lui la gloria nei secoli dei secoli (cf. 2 Tm 4, 18).

Amen.

 

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