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AI RELIGIOSI NELLA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 2 febbraio 1989

 

1. “Mosso dunque dallo Spirito, si recò nel tempio” (Lc 2, 27). Così l’evangelista Luca scrive di Simeone.

Egli era un “uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele; lo Spirito Santo, che era con lui, gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore” (Lc 2, 25-26).

Insieme con Simeone l’Evangelista menziona Anna, figlia di Fanuèle, chiamandola “profetessa”. Anna, vedova, “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” (Lc 2, 37). Anche lei è sopraggiunta nel tempio nello stesso momento in cui Maria insieme con Giuseppe vi portava Gesù “per offrirlo al Signore” (Lc 2, 21).

Tutto ciò è successo il quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù a Betlemme. Per questo la Chiesa ricorda questo avvenimento nella liturgia, quaranta giorni dopo il Natale del Signore.

Siamo chiamati in questo giorno per “lodare Dio” insieme con Simeone ed Anna, e ringraziarlo per il compimento della grande promessa fatta ad Israele ed all’intera umanità.

2. La Chiesa ripete ogni giorno queste parole ispirate, allora pronunciate da Simeone; ogni giorno, infatti, essa termina la sua liturgia delle ore con le stesse parole di lui: “Nunc dimittis . . .”: “Ora lascia, o Signore . . .”.

Simeone, Anna - e noi tutti insieme con loro - ringraziamo per il fatto che “i nostri occhi hanno visto la sua salvezza” (cf. Lc 2, 30), che Dio ha preparato “davanti a tutti i popoli” (Lc 2, 31); ringraziamo per il fatto che a loro - e a noi - è stato dato il vedere “la luce”. Gesù Cristo - la luce del mondo - costituisce il contenuto di questa preghiera pronunciata nel tempio dal vecchio Simeone per ispirazione dello Spirito Santo.

La figura del vecchio, che prende nelle sue braccia il Bambino di appena quaranta giorni di vita, ha una eloquenza senza paragoni. E le sue parole, pronunciate in lingua umana, sono veramente sovrumane. Tutta la grandezza e la semplicità della Rivelazione, della verità che proviene da Dio, sono racchiuse in questo avvenimento.

3. La liturgia della festa odierna rilegge giustamente nell’avvenimento e nelle parole di Simeone il compimento di ciò che il profeta Malachia aveva detto molti secoli prima: “Ecco, io manderò il mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate”, (Ml 3, 1).

Simeone ed Anna sono i primi testimoni del compimento di quel preannunzio del profeta.

Si sono aperti totalmente gli occhi interiori della loro fede - e hanno visto entrare nel tempio del Popolo di Dio colui che era l’atteso, il desiderato.

In questo momento egli è un piccolo bambino. E la sua venuta è simile a quella di tanti altri figli di Israele, quaranta giorni dopo la nascita. E tuttavia Malachia si era domandato: “Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire?” (Mt 3, 2).

4. Simeone si china sul Bambino, che tiene tra le braccia, e si rivolge a Maria con le parole, nelle quali risuona forse un’eco di quel severo preannuncio del profeta:

“Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione” (Lc 2, 34).

E a lei stessa, alla Madre, si riferiscono le ultime parole del vegliardo: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima, perché siano rivelati i pensieri di molti cuori” (cf. Lc 2, 35).

È difficile non provare stupore dinanzi a quello che è stato detto. Nel quarantesimo giorno dopo la sua nascita viene rivelata l’intera verità sul Messia. Rileggiamo nelle parole di Simeone il preannunzio penetrante di questo mistero di Cristo, il cui compimento definitivo sarà la Pasqua della nuova ed eterna alleanza.

“Segno di contraddizione . . .” fino alla Croce sul Calvario.

5. Cari fratelli e sorelle! Nella festa di oggi voi soprattutto siete invitati a partecipare alla liturgia serale nella Basilica di san Pietro.

Siete venuti qui a Roma dove si trovano le vostre numerose famiglie religiose, maschili e femminili, che compiono la loro missione nella Chiesa, in tutti i continenti, nelle missioni tra gli innumerevoli popoli della grande famiglia umana.

Vi saluto nel nome di Cristo, luce del mondo, che è diventato la luce particolare della vostra via: della vostra vocazione nella Chiesa e nel mondo.

Non occorre forse pensare che questa vocazione è un dono particolare dello Spirito di Cristo? E voi dunque - così come Simeone ed Anna - “lodate Dio” parlando a tutti coloro che aspettano “la liberazione di Gerusalemme” del Figlio di Dio, il quale, come uomo - come figlio di Maria Vergine - è la via, la verità e la vita per l’umanità.

Sentite certamente vicine a voi queste due figure del tempio gerosolimitano; esse sono le prime che han resto testimonianza a Cristo - ed anche voi siete chiamati a rendergli una testimonianza particolare.

E se gli occhi interiori della fede vi permettono - in modo particolare - di vedere in Cristo “la luce per illuminare le genti” (Lc 2, 32), e l’unica “salvezza” dell’uomo; - la sensibilità particolare del cuore vi permetterà pure di penetrare più profondamente il mistero di quel “Segno di contraddizione” come fu mirabilmente pronunciato su Cristo da Simeone, nella sua “sintetica” profezia.

6. Proprio nello spirito di questa “profezia” voi, famiglie religiose, maschili e femminili, state vivendo una fruttuosa stagione della vostra esistenza, caratterizzata da una intensa ricerca in merito alla vostra identità ed alla vostra missione.

In particolare, nella diocesi di Roma, avete celebrato due assemblee, una nel 1980 e l’altra nel 1985, in cui avete studiato prima il problema della vostra presenza e della vostra missione in questa Chiesa, dedicando poi la vostra attenzione alle nuove istanze pastorali della città.

Rispettosi delle altre componenti della stessa Chiesa, vi siete impegnati a vivere in pienezza ed autenticità, secondo il dettato del Concilio, il vostro carisma, consci che “quel dono corrisponde alle diverse necessità della Chiesa e del mondo nei singoli momenti della storia” (Redemptionis Donum, 15).

Avete anche accettato, nei limiti delle vostre possibilità e tenuto conto delle difficoltà di personale che state vivendo, di far fronte a situazioni nuove nella periferia della città, a favore dei nuovi poveri che la civiltà moderna produce.

In particolare voi, religiose, avete dato esempio di grande disponibilità verso i bisogni di questa Chiesa locale, promovendo le vostre opere di carità come risposta alle nuove sfide della città, per portare alla diocesi l’insostituibile contributo del vostro carisma.

A voi compete una missione di servizio che, nutrendosi della dimensione comunitaria della vostre istituzioni, può essere testimonianza inestimabile per tutta la Chiesa, nello spirito richiesto dalla comunione ecclesiale.

Grazie alla vostra consacrazione religiosa voi siete disposte a lasciare tutto per andare ad annunziare il Vangelo fino ai confini del mondo.

Vorrei, pertanto, invitarvi a continuare e ad intensificare questo vostro cammino che ora, molto opportunamente, si inserisce nel Sinodo pastorale diocesano, da me indetto, e al quale so che, mediante vostri rappresentanti, portate il contributo della vostra competenza.

Aiuterete così ad individuare le strade per una rievangelizzazione di Roma e per realizzare il progetto inteso a rinnovare la “comunione e la missione della Chiesa di Dio che è in Roma alle soglie del terzo Millennio”.

7. “E anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2, 35). Nelle sue parole profetiche Simeone ha svelato questo legame che esiste tra il mistero di Cristo e la maternità di Maria.

Nel corso dell’anno mariano abbiamo cercato di far nostre quelle intense parole, pronunciate nel tempio gerosolimitano, nel quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù.

Abbiamo pure approfondito la fede della genitrice di Dio, così come siamo stati a ciò preparati dal Concilio nella costituzione Lumen Gentium, quando ha sottolineato che Maria, mediante la fede, ci “precede” nella peregrinazione spirituale dei popoli, degli uomini, delle famiglie, delle comunità delle famiglie religiose . . .

Voi, fratelli e sorelle, avete vissuto in modo particolare quell’anno come una preparazione al grande giubileo del 2000.

Facendo riferimento alle parole che ho indirizzato a voi nell’anno mariano, rinnovo l’augurio che la vostra vita, sull’esempio della Genitrice di Dio, sia “nascosta con Cristo in Dio” (Col 3, 3).

E anche nella potenza di questo santo “nascondimento” portiate nella vostra vocazione una particolare “epifania”, che giunga fino ai confini della terra e nella profondità dei cuori degli uomini contemporanei. Amen.

 

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