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VIAGGIO APOSTOLICO IN TANZANIA, BURUNDI, RWANDA E YAMOUSSOUKRO

MESSA PER LE ORDINAZIONI SACERDOTALI
NELLA SPIANATA DI MBARE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Kabgayi (Rwanda) - Sabato, 8 settembre 1990

 

Cari fratelli e sorelle,

1. “Si è avvicinato a noi il Regno di Dio” (Lc 10, 9). Questo è il gioioso messaggio che Gesù ha affidato ai suoi discepoli, come abbiamo udito dal Vangelo che ci è appena stato proclamato. Questa è la Buona Novella da diffondere su tutta la terra. Nella scia degli Apostoli di Cristo, ve la porto a mia volta oggi, da pellegrino che viene da Roma!

Dio sia benedetto! Egli è con noi grazie al suo Regno che viene! Sia benedetto per la sua presenza amorosa e vivificante in questo mondo! Sia benedetto per la solenne assemblea di questo giorno!

Al momento di prendere la parola, prima del rito dell’ordinazione, vorrei anzitutto ringraziare Monsignor Thaddée Nsengiyumva, Vescovo di Kabgayi, per le calorose espressioni di benvenuto che mi ha rivolte all’inizio di questa Messa.

Ai Signori membri del Governo e alle personalità che li circondano presento i miei deferenti saluti e li ringrazio per la loro presenza a questa celebrazione liturgica.

Rivolgo un cordiale saluto ai rappresentanti di altre confessioni cristiane e di altre tradizioni spirituali venuti qui tra noi.

Saluto in modo particolare i miei fratelli Vescovi, quelli del Rwanda e quelli dei Paesi vicini. Infine, a ciascuno ed a ciascuna di voi, vorrei rivolgere un saluto molto cordiale: ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai novizi e a tutti i fedeli laici che compongono questa splendida assemblea.

Un cordiale buongiorno!

Dio vi protegga!

2. In questo giorno benedetto della natività di Nostra Signora, in cui celebriamo l’aurora della salvezza, rendo grazie a Dio per il dono di suo Figlio, nato dalla Vergine Maria. Allo stesso tempo, rendo grazie per il dono del sacerdozio che prolunga, in certo qual modo, il dono del Figlio.

Ringrazio il Signore per le numerose vocazioni rwandesi e, in particolare, per le famiglie cristiane che favoriscono lo sbocciare di queste vocazioni, grazie alla loro stima e al loro amore per il sacerdote e per la persona consacrata.

In questa felice circostanza, mi piace rievocare il meritorio lavoro dei primi missionari: in particolare, i primi Vescovi di Kabgayi, Monsignor Hirth, Monsignor Classe e Monsignor Deprimoz, che hanno formato il clero indigeno e creato le congregazioni locali: le Bayozefiti, le Benebikira e le Bizeramariya.

Infine, lodo il Signore per la presenza, in Rwanda, di comunità contemplative che testimoniano l’assoluto di Dio e che mantengono, nel cuore degli uomini e delle donne di oggi, il senso dell’adorazione, condiviso da tanti credenti su questo continente africano.

3. Il Regno di Dio è vicino, ci dice Gesù Cristo. Infatti, con Lui e in Lui, il Regno di Dio è vicino alla storia umana. Il Padre gli ha affidato questo Regno, e Lui, il Figlio, facendosi uomo, lo ha affidato prima di tutto agli Apostoli. Tramite gli Apostoli, ha affidato il Regno di Dio alla Chiesa nel corso dei secoli. Nella Chiesa, lo ha affidato a noi: ad ogni uomo, ai popoli e alle Nazioni di tutta la terra.

Portiamo in noi il Regno di Dio come eredità di Cristo e, allo stesso tempo, come un compito da adempiere e come premessa del compimento definitivo. Il Regno di Dio è già in mezzo a noi. E nello stesso tempo, ogni giorno preghiamo perché esso venga. Come abbiamo appreso dal Salvatore e secondo il suo comando, nel “Padre Nostro” diciamo: “Venga il tuo Regno”.

In questa preghiera, la Chiesa sulla terra rwandese si unisce alla Chiesa di tutta la terra.

4. Poiché il Regno di Dio si presenta come un dovere da compiere, bisogna che questo compito sia assunto da uomini. Il Regno di Dio è simile a una mietitura: questa non si può fare senza il concorso dei mietitori.

Chi sono questi operai chiamati a lavorare alla mietitura? I primi, furono gli Apostoli di Cristo. Ma già, oltre agli Apostoli, il Signore aveva inviato altri missionari, come ci ricorda la lettura del Vangelo di Luca ascoltato oggi: settantadue discepoli, ai quali furono affidate precise istruzioni sul loro comportamento durante lo svolgimento del loro apostolato (cf. Lc 10, 1-9).

Chi sono oggi questi operai del Regno di Dio, chiamati a lavorare alla mietitura? Sono tutti i discepoli di Cristo, tutti i battezzati, qualunque sia il loro stato, qualunque sia la loro professione.

Ma la grande mietitura del Regno di Dio sulla terra chiede degli uomini che abbiano ricevuto una vocazione particolare, che siano chiamati a un servizio specifico nella Chiesa.

Oggi, ho la gioia di ordinare sacerdoti un gruppo numeroso di figli della Chiesa in Rwanda e nello Zaire, che sono chiamati a questo ministero essenziale alla vita del Popolo di Dio.

Uomo del sacro, testimone dell’Invisibile, portavoce di Dio rivelato in Gesù Cristo, il sacerdote deve essere riconosciuto come tale. Perché egli ha una triplice missione:

- egli annuncia la Buona Novella per far conoscere Gesù Cristo e mettere i fedeli in vera relazione con Lui grazie ad una fede sempre in progresso e ad impegni apostolici concreti;

- egli è dispensatore dei misteri di Dio: in particolare l’Eucaristia e la Riconciliazione. Per tali ministeri, i laici non possono essere delegati. Occorre l’ordinazione sacerdotale. La celebrazione dell’Eucaristia spetta esclusivamente ai sacerdoti: e noi sappiamo tutto ciò che rappresenta l’Eucaristia per il Popolo di Dio!

- infine, egli edifica la comunione ecclesiale: è il sacerdote che assicura l’unione della famiglia di Dio. Il suo sacerdozio gli conferisce il potere di condurre il popolo sacerdotale.

In unione con i Vescovi, i sacerdoti partecipano all’unico sacerdozio di Cristo e all’unità del ministero nella sua Chiesa. Essi sono degli ausiliari e dei consiglieri indispensabili dei Vescovi, che vedono in essi dei “fratelli e degli amici” (cf. Presbyterorum ordinis, 7).

5. I candidati di oggi all’ordinazione sacerdotale devono meditare bene nel loro cuore le parole dell’Apostolo Pietro agli “anziani”! Noi le abbiamo sentite nella seconda lettura di questa Messa. Pietro dà il titolo di “anziani” ai Pastori, non tanto a causa della loro età, ma a motivo della funzione che devono assolvere.

Si tratta della funzione pastorale. L’Apostolo spiega loro chiaramente come bisogna compiere questo dovere. Mostra ad essi il senso della funzione di Pastore della Chiesa. Chiede loro di adempierla con dedizione. Rivolge il loro sguardo verso il modello più perfetto di Pastore: Colui che ha dato la vita per le sue pecore.

Il Cristo, Pastore eterno, giudicherà ciascuno di noi sull’esercizio del ministero pastorale. Davanti a lui, dovremo rendere un conto definitivo di questo servizio. L’Apostolo scrive questo perché anch’egli è un anziano, perché è testimone delle sofferenze di Cristo: “Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo” (1 Pt 5, 1).

6. Quando si sta per ricevere il sacramento dell’Ordine, si può provare un certo timore ascoltando il programma dato da San Pietro ai Pastori del gregge di Dio. Comprendiamo le reazioni del profeta Geremia, evocate nella prima lettura. Chiamato da Dio, Geremia cerca di ostacolare la chiamata e comincia con il cercare delle scuse: “Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane” (Ger 1, 6).

Ma il Signore gli risponde: “Non temere, perché io sono con te” (cf. Ger 1, 8).

Certamente, la vocazione sacerdotale è un grande dono di Dio. Essa ha la sua sorgente in Lui: “Prima di formarti nel grembo materno . . . ti avevo consacrato” (Ger 1, 5). È da Dio che viene la vocazione particolare di servire Dio. Appartiene all’uomo apprezzare il dono di Dio e accoglierlo con una grande fiducia nella grazia del Signore, conferita dal sacramento dell’Ordine. Cantando insieme le litanie dei Santi, chiederemo l’aiuto quotidiano di quelli e di quelle che hanno lavorato prima di noi per la venuta del Regno. Quando imporremo le mani sugli ordinandi, con i Vescovi e i sacerdoti, lo Spirito di santità sarà dato loro, nel più profondo di se stessi.

Quando ci si è decisi ad andare alla mietitura, è normale accettare la fatica del mestiere di mietitore, contemporaneamente alla chiamata, perché il Signore ha promesso di ricompensare coloro che hanno lasciato tutto per seguirlo.

I primi missionari, che ho ricordato all’inizio di questa omelia, non hanno temuto di fare i grandi sacrifici loro chiesti in nome del Vangelo. In condizioni molto difficili, hanno faticato per far conoscere e amare Gesù Cristo, rinunciando alla loro famiglia e alla loro patria che non potevano più rivedere come invece si può fare oggi.

Sull’esempio di questi grandi pionieri nel lavoro apostolico, i sacerdoti di oggi non esitino a prendere la croce che devono portare tutti coloro che seguono il Cristo! Sono richiesti loro dei sacrifici: per esempio, il rifiuto di un certo benessere materiale, la ricerca di uno stile di vita semplice, la volontà di essere fedeli alla preghiera nonostante la molteplicità delle occupazioni della giornata; è soprattutto la volontà di combattere energicamente ogni segregazione basata sui gruppi sociali e di essere, a qualunque costo, degli artefici di riconciliazione e di pace.

Per far fronte alle esigenze della vita apostolica e per perseverare nel ministero sacerdotale, i sacerdoti dovrebbero cercare una certa forma di vita comunitaria; le migliori tradizioni familiari africane possono d’altronde ispirarla.

7. Inviando i suoi discepoli ad annunciare il Regno di Dio, Cristo, da Buon Pastore, diceva: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10, 2).

Il nostro incontro eucaristico di oggi sia una grande preghiera per gli operai della messe del Regno di Dio! Non solo qui, in Rwanda, non solo nello Zaire e in tutto il continente africano, ma anche in tutte le parti del mondo! Questa è una delle più grandi necessità della Chiesa.

Occorre quindi che Cristo tocchi i cuori di molti giovani e che tocchi anche molte bocche ponendovi le sue parole: “Ti metto le mie parole sulla bocca” (Ger 1, 9). Bisogna che egli consacri molte mani come quelle di questi Rwandesi e Zairesi che stanno per ricevere la santa unzione.

È necessario perciò che dei cuori di giovani, delle bocche di giovani, delle mani di giovani, delle vite di giovani, rispondano “si” a Cristo, sì per tutta la loro esistenza. “La messe è abbondante”.

8. Nostra Signora della Fedeltà, tu che incessantemente “cercavi il volto del Signore”, tu che hai accettato il mistero e che l’hai meditato nel tuo cuore, tu che sei vissuta in accordo con la tua fede ardente, ti preghiamo per coloro sui quali imporremo le mani, aiutali a conservare i loro impegni, da buoni e fedeli servitori, fino alla fine della loro vita!

Noi te lo chiediamo in questo giorno in cui la Chiesa celebra la tua Natività. Per mezzo tuo è venuto a noi il Sole di Giustizia, il Cristo nostro Dio. Così sia!

Il Papa si è ancora rivolto all’assemblea dei fedeli con queste parole:

Cari fratelli e sorelle,

Il Signore ci ha parlato oggi della messe e io ho pensato con voi alla vostra terra rwandese, ho pregato con voi affinché non manchi mai la messe in questa terra, messe con la quale Cristo nutre voi stessi, le vostre famiglie, i vostri figli che voi amate tanto.

Abbiamo celebrato la mietitura spirituale ed ecco che dei nuovi Sacerdoti esprimono questo mistero spirituale della messe. Cristo riempia la loro missione. Oggi la Chiesa del Rwanda canta “alleluia” con essi, canta “alleluia” tramite le voci di questi bambini, questi danzatori che hanno cantato e danzato, “alleluia” per rendere gloria alla Vergine nel giorno della festa della sua entrata nel mondo.

Miei cari figli e fratelli, sacerdoti novelli, vi auguro con tutti i presenti, i Cardinali, i Vescovi e i sacerdoti, tutti i presbiteri, missionari e nativi del Rwanda, vi auguro di andare a compiere la vostra missione, portando il nome di Maria nei vostri cuori e anche nelle vostre parole, nel vostro ministero; e che Dio il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che è tanto con lei, sia sempre con voi.

Ringraziamo il Signore per la serena giornata che ci ha concesso qui, sulla terra rwandese.

 

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