Index   Back Top Print

[ IT  - PL ]

VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
 (1°-9 GIUGNO 1991)

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Chiesa della Divina Misericordia (Łomża) - Martedì, 4 giugno 1991

 

1. “Il seme è la parola di Dio, e Cristo è il seminatore” (cf. Lc 8, 11).

Cari fratelli e sorelle,

Rendo grazie alla Santissima Trinità, per mezzo della Madre di Cristo venerata nella Cattedrale di Lomza, perché mi è dato essere oggi qui, a Lomza. In questa grande comunità del Popolo di Dio, nella quale prevalgono gli agricoltori che coltivano la terra. Abbiamo ascoltato la parabola di Cristo, del seminatore e del seme che cade nel campo coltivato dall’uomo.

L’odierno incontro mi ricorda - quattro anni fa durante il precedente pellegrinaggio in Patria - una grande assemblea, nei prati umidi nei pressi di Tarnow, in occasione della beatificazione di Carolina Kozka, figlia della campagna polacca. Ma in più mi torna in mente la sosta a Lomza durante le celebrazioni del Millennio del Battesimo della Polonia - nel 1966.

Ho sempre davanti agli occhi la figura del Card. Stefano Wyszynski, Primate di Polonia - come se sentissi continuamente le parole della sua omelia nella quale si riferiva all’opera di Reymont “Chlopy” (“I contadini”), per toccare il grande segreto dell’anima contadina: l’amore per la terra.

2. Voi, cari partecipanti all’odierna visita del Papa, fratelli e sorelle, siete eredi di quelle generazioni alle quali faceva riferimento il defunto Primate del Millennio - egli stesso, del resto figlio della vostra terra, nato a Zuzela sul Bug. E anche se il lavoro della terra, per il progresso della tecnica, ha un po’ cambiato il suo carattere antico - tuttavia continua a mantenere i suoi tradizionali essenziali segni. Il banco del lavoro è la terra coltivata dall’uomo e coltivandola egli le permette di rivelarsi nella sua raccolta, nella sua naturale fertilità. Questa terra - il banco del lavoro dell’agricoltore - la terra che genera e che nutre, diventa dunque simile ad una madre. Madre-terra.

Di nessun altro banco del lavoro è possibile esprimersi in simile modo. È l’uomo che coltiva questa terra, si sente - giustamente - il diretto destinatario e mandatario di quelle antichissime parole del Creatore stesso, pronunciate ai primi genitori: “soggiogate la terra” (cf. Gen 1, 28).

Conoscevo, cari fratelli e sorelle, le difficoltà di ieri della campagna polacca, parlai più volte su questo tema. Conosco anche, almeno parzialmente, i nuovi problemi dell’agricoltura, quelli di oggi. So che il contadino polacco comincia nuovamente quasi a perdere la sicurezza di sé e la speranza per il futuro. Mi sono commosso per la vostra lettera dell’8 maggio u. s. che mi avete inviato in Vaticano. In essa mi parlate di un certo esaurimento di forze vitali della nostra Nazione e dei dispiaceri della vostra vita, dei quali fa parte la povertà che si va estendendo, un veloce arricchimento di alcuni e la mancanza di prospettive per gli altri. Avete tuttavia anche la consapevolezza che in Polonia si sta operando un grande passaggio e che bisogna salvare le riforme finora attuate, conferendo ad esse una dimensione nuova negli anni che verranno. “In una Polonia sovrana - scrivete - stiamo ricostruendo il sistema sociale secondo i normali principi democratici. Cerchiamo di elaborare le opportune soluzioni economiche”.

Vi benedica Dio in questo nobile sforzo.

Io cerco di essere con voi e raccomando i vostri problemi a Dio nella preghiera.

Naturalmente i problemi dell’agricoltura non possono essere staccati dalle riforme dell’intero sistema economico, però tutti sentono anche, che questo settore, del resto non solo nella nostra Patria, esige una particolare protezione, la collaborazione di molti settori e la solidarietà di tutti gli ambienti, e soprattutto richiede la garanzia della libera iniziativa degli agricoltori stessi. Tutti sappiamo quanti sono i problemi difficili da risolvere. Occorre che la voce dello sperimentato agricoltore venga sentita nello Stato e venga rispettata.

3. La parabola del seminatore, come ogni altra parabola nel Vangelo di Cristo, ha tuttavia il suo senso metaforico, analogico: parla del regno di Dio. Come la storia di questa terra viene attraversata dal lavoro di uomini-seminatori e aratori, così attraverso la storia dell’uomo - degli uomini che abitano la terra - procede il lavoro della parola di Dio e del suo Seminatore. Il Seminatore è Cristo. Già prima di lui vi erano molti seminatori della verità divina: “Dio che aveva già parlato molte volte e in diversi modi... per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni ha parlato... per mezzo del Figlio” (Eb 1, 1), Egli stesso - il Figlio eterno - è il Verbo consostanziale al Padre.

Il Vangelo della nuova ed eterna Alleanza è la parola di questo Verbo. La terra nel corso di duemila anni è stata già abbondantemente seminata con questa parola. È soprattutto Cristo stesso come Verbo ha reso fertile questa terra della storia umana per mezzo della redenzione mediante il sangue della sua croce. È nella parola della croce continua la sua semina, dando inizio a “un nuovo cielo e una nuova terra” (cf. Ap 21, 1).

Tutti i seminatori della parola di Cristo attingono la forza del loro servizio da quell’indicibile mistero, quale è diventata - una volta per sempre - l’unione del Dio Verbo con la natura umana, e in un certo senso con ogni uomo (come insegna l’ultimo Concilio, cf. Gaudium et spes, 22). Cadono le parole del Vangelo sulla terra delle anime degli uomini, ma soprattutto il Verbo Eterno stesso, generato per opera dello Spirito Santo da una Vergine-Madre, è diventato fonte di vita per le anime umane.

4. Nella parabola evangelica Cristo rivolge l’attenzione soprattutto sulla terra delle anime degli uomini e delle umane coscienze - e mostra che cosa avviene alla parola di Dio in dipendenza dalla specie di questa particolare terra. Udiamo dunque parlare di un seme che è stato portato via e non ha attecchito nel cuore dell’uomo, perché questi ha ceduto al Maligno e non ha capito la Parola. Sentiamo parlare del seme caduto sulla terra rocciosa, sulla terra dura - e che non era in grado di mettere le radici, dunque non ha resistito alla prima prova. Udiamo parlare del seme caduto tra i cardi e le spine - che è stato da essi soffocato (questi cardi e spine sono un’illusione della temporaneità e del benessere che passano). Solamente il seme caduto sulla terra buona, fertile, produce frutto. Chi è questa terra fertile? Colui che ascolta la parola e la comprende. Ascolta e comprende. Non è sufficiente ascoltare, bisogna accoglierla con la mente e con il cuore.

“Chi ha orecchi (per udire), intenda” (Mt 13, 9) - dice il Seminatore divino.

Tutti abbiamo udito. Ognuno di noi domandi a se stesso: quale terra sono? Che cosa avviene del seme della verità divina nella mia vita?

5. “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?” - domanda nel Vangelo il giovane, ascoltatore delle parole di Gesù (Mt 19, 16). “Osserva i comandamenti” (Mt 19, 17) - e Cristo ricorda il Decalogo dell’Antica Alleanza, che è la legge di Dio e l’indicatore della strada della moralità umana in ogni tempo e luogo. Quest’anno il mio peregrinare attraverso la Polonia è unito al Decalogo.

Cari fratelli e sorelle! Da secoli dura la semina di Dio nella nostra terra. Attraverso le generazioni la verità della moralità umana e cristiana cade sulla terra delle anime. Come è questa terra? Che cosa è successo al seme del Vangelo nello spazio delle ultime generazioni? Questo seme dei comandamenti raggiunge una terra fertile? O forse questa è una terra dura, che non accoglie la parola della verità? Non accetta le esigenze della moralità, poste all’uomo da Dio, e allo stesso tempo dalla coscienza umana, la quale - se è sana - essa stessa diventa la voce di Dio che parla nell’intimo dell’uomo?

I fondamentali principi della moralità non sono stati essi “strappati” dalla nostra terra dal Maligno, che si nasconde sotto diverse forme? Non sono stati “divorati” dagli stridenti uccelli rapaci di una multiforme propaganda, di pubblicazioni, di spettacoli, di programmi, che giocano con la nostra debolezza umana? Cosa è successo nella nostra vita polacca con il comandamento “non commettere adulterio”?

Gli sposi ci tengono davvero che i loro figli nascano da genitori puri? Portiamo dentro di noi il senso che il corpo umano è chiamato alla risurrezione e che dovremmo preoccuparci di mantenere la sua dignità? Sapremo renderci conto che la sessualità umana è la prova di una fiducia, addirittura inaudibile, dimostrata da Dio all’uomo e alla donna e ci adoperiamo noi a non deludere questa fiducia? Abbiamo presente che ogni uomo è una persona e che non è lecito ridurre l’altro a un ruolo di oggetto, che si può guardare per concupiscenza, o che viene semplicemente usato? I fidanzati costruiscono la loro futura unione matrimoniale, nel modo in cui questo va fatto: cioè, iniziando dal costruire l’unione di spirito? Lavorano gli sposi su l’approfondimento della loro unione matrimoniale - nonostante tutta la fatica, e anche le oggettive difficoltà, che la vita porta con sé, nonostante le varie deficienze di cui tutti e due sono portatori? Ricordano essi che al momento del loro matrimonio davanti all’altare il Cristo stesso si è impegnato ad essere sempre con loro, ad essere la loro luce e la loro forza? Ci tengono davvero gli sposi che questa presenza divina di Cristo colmi la loro vita matrimoniale e familiare? Davanti a Dio pongo queste domande a tutte le famiglie cattoliche, a tutti gli sposi, a tutti i genitori in Polonia!

6. Il seminatore del Vangelo è allo stesso tempo il pastore. È il buon pastore. Nella sua sollecitudine pastorale per l’uomo la Chiesa si concentra in modo particolare sui problemi del lavoro degli agricoltori. Un’espressione di questa premura la troviamo ad esempio nell’Enciclica Mater et magistra di Giovanni XXIII, egli stesso figlio di contadini in una famiglia numerosa. Allo stesso tempo la Chiesa conta sulle sane tradizioni morali di coloro che lavorano la terra, legati alla terra - e per questo più vicini al Creatore. Sensibili alla sua legge, al Decalogo e al Vangelo di Cristo.

Cristo, il buon Pastore, si pone tra l’uomo e la donna in questo grande sacramento per mezzo del quale diventano marito e moglie, e in seguito genitori dei loro figli: padre e madre.

Colui che insegna: “Non commettere adulterio”, è il Buon Pastore: il pastore dell’amore umano che vuole rendere bello, duraturo, fedele, indissolubile. Se vi giurate reciprocamente: “non ti lascerò fino alla morte”, Lui, il buon Pastore, diventa nel sacramento il supremo Garante di questi vostri voti. Il sacramento è la fonte di forza morale per l’uomo, per l’uomo e per la donna, perché ambedue facciano fronte ai loro voti. Perché vincano le debolezze e le tentazioni. Perché non si lascino sedurre da nessuna moda. Bisogna soltanto collaborare con perseveranza alla grazia del Sacramento del Matrimonio.

Bisogna costantemente rinnovare questa grazia! Che tutta la nostra società si liberi da quell’illusione della libertà, del libero amore, con cui si cerca di offuscare la realtà dell’adulterio e della dissolutezza. Costa troppo questa illusione. Sono troppo numerosi i bambini che debbono perdere la fiducia nei genitori - e in questo modo si abbassa quel terreno indispensabile, su cui essi stessi devono costruire il proprio futuro e il futuro della società. E si deteriora quel sano tessuto di contatti e di sistemi interumani.

Buon Pastore! Che cosa dobbiamo fare, perché questo processo, crescente attraverso anni interi, si fermi e si inverta? Che cosa dobbiamo fare perché la voce del comandamento di Dio e la voce della coscienza cristiana non vengano più stordite, strappate, divorate da uccelli rapaci? Che cosa dobbiamo fare perché questa voce cada su una terra buona?

Che cosa dobbiamo fare? Madre di Cana di Galilea, che oggi dovremo incoronare nella tua effigie nella Cattedrale di Lomza? Tu hai detto: “Fate quello che vi dirà lui, mio Figlio, il Seminatore e il Pastore, quello fate” (cf. Gv 2, 5).

Madre di Cristo! Madre nostra! Ripeti instancabilmente le parole di Cana: “Fate quello”.

Sì. Solo Lui “ha parole di vita eterna” (cf. Gv 6, 68).

Amen.  


Cari fratelli e sorelle!

Prima di dare la benedizione mi rivolgo ancora una volta a voi tutti con un cordiale saluto. Abbraccio con un affettuoso pensiero tutte le regioni della vostra bellissima diocesi.

La ricchezza della natura e la forza della sua vita mi hanno sempre attirato qui. Abbraccio con cuore il fedele popolo dei Kurpi, ricco di tradizioni patrie e di cultura natia!

Continua ad essere presente nella mia memoria l’incantevole terra di Augustów con il suo santuario mariano a Studzieniczna e Krasnybór, la vasta e bella regione di Suwalki, la città di Suwalki e la vicina Wigry, un tempo sede vescovile della diocesi di Wigry, e poi ancora Sejny, anche antica sede della diocesi di Sejny, con la sua basilica e il santuario mariano. È qui che quindici anni fa ho posto le corone d’oro sulle tempie della Madonna di Sejny, accanto all’indimenticabile Primate del Millennio. Da questa terra egli è uscito. Lo ricordiamo qui anche in modo particolare. Indirizzo parole piene di amore a voi, amati Lituani della terra di Sejny e di Suwalki, e a coloro che per questa Eucaristia e l’incontro di domani sono venuti con il cardinale Sladkevicius e con i Vescovi della Lituania. 

Sia lodato Gesù Cristo. Sono contento della presenza di molti venerabili e cari ospiti. Saluto durante questa celebrazione dedicata in modo particolare ai contadini, i qui presenti rappresentanti della “Solidarnosc” rurale. In questa terra non posso non ricordare voi, cari fratelli e sorelle, che avete vissuto la deportazione in Siberia, e che impersonificate la splendida storia e nello stesso tempo il martirio di questa terra. Salutiamo i viventi. Preghiamo per i morti a Katyn e in molti altri luoghi. Desidero, per finire, abbracciare tutti i presenti a questa assemblea eucaristica, e tramite voi tutta la diocesi. Portate il mio saluto e la mia benedizione nelle vostre parrocchie e case. Saluto cordialmente i rappresentanti del Governo: il Primo Ministro della Repubblica, Jan Krzysztof Bielecki, il Ministro dell’Agricoltura, Adam Panski, le autorità della città di Lomza e del voivodato. Saluto i nostri ospiti e i Vescovi dalla Germania con a capo il Cardinale Joachim Meisner e il Presidente della Conferenza dell’Episcopato, il Vescovo Karl Lehmann. I Vescovi dall’Italia e dalla Spagna, i nostri connazionali: il Cardinale Edmund Szoka e il Vescovo Wesoly da Roma, i Vescovi: Abramowicz e Jakubowski da Chicago, l’Episcopato della Polonia con il Primate, i Cardinali e tutti i qui presenti Arcivescovi e Vescovi polacchi. I rappresentanti delle Università cattoliche.

Abbraccio con cuore tutti i partecipanti a questa assemblea eucaristica e tramite voi tutta la diocesi di Lomza. Portate il mio saluto e la mia benedizione nelle vostre case, ambienti e parrocchie. E non dimenticate anche i laghi, almeno quello di Rajgrodzkie. E infine mi sia permesso nominare il padrone di casa, che ha invitato tutti questi ospiti, me compreso; il Vescovo Juliusz e i suoi collaboratori nella missione episcopale a Lomza ereditano una particolare tradizione. Ho nella memoria i loro predecessori, già defunti, ma viventi nei nostri cuori. Durante la Santa Messa li ho ricordati, perché la stessa ospitalità di Lomza era anche una loro caratteristica, era una loro virtù, di cui usufruivano i Vescovi polacchi e i connazionali. Questa volta si sono allargati i vecchi muri della casa di Lomza e la casa del Vescovo è contenta per i tanti ospiti da tutto il mondo. Per non parlare di tutti quei sacerdoti giovani di Lomza, che sono ospiti in diverse diocesi e seminari di tutto il mondo. E alla fine mi rivolgo a Te, Madonna della cattedrale di Lomza, oggi incoronata. Sii Madre di un amore splendido per noi tutti, per gli sposi e per la gioventù. Aiutaci a trovare la risposta a quelle domande, che oggi sono state poste nell’omelia. Formaci i cuori, affinché sappiamo quale amore è vero e come distinguerlo dall’amore apparente.

Perché nella gioventù o nel matrimonio non cediamo a falsi profeti, che non mancano, non mancano in tutto il mondo, dunque è difficile meravigliarsi che non ci siano anche in Polonia. Del resto ognuno di noi porta in sé quel falso profeta, che si chiama triplice concupiscenza. Non è però una potenza invincibile. Bisogna fin dall’infanzia imparare a guardare negli occhi di questa Madre dello Splendido Amore e lei ci insegnerà la giusta risposta alla domanda, qualche volta molto difficile, in cui bisogna anche intraprendere una lotta con se stessi. È però una lotta per un valore molto, molto grande, perché nella vita non si può perdere l’amore. Non si può perdere il vero, vero amore. Non si può sostituire questo con dei surrogati. Perciò si prenda come criterio semplicemente ciò che ognuna e ognuno di voi deve promettere nel momento del sacramento: amore, fedeltà, onestà matrimoniale e che non ti abbandonerò fino alla morte.

Questo è la verifica. Non lasciatevi incantare da altre apparenze. Madonna di Lomza, Madonna della Cattedrale di Lomza, io oggi ho messo sulle Tue tempie questa corona d’oro. Ti ho incoronato con la corona dell’amore splendido e tutta, questa questione dell’amore dei Polacchi, buono, puro, nobile e vero, affido a Te. Tu vigila su di essi vigila maternamente, anche quando Ti sfuggono, inseguili, conducili sulle giuste vie, insegna dov’è la verità, perché tutti i falsi profeti che non mancano, non l’abbiano vinta con Te. Non l’hanno avuta vinta gli Svedesi, non l’avranno vinta gli altri. (Scusate, penso che non ci sia qui forse nessun svedese, ma io pensavo agli Svedesi del XVII secolo).

Ecco l’aggiunta, e adesso rimane soltanto quest’ultimo atto liturgico che desidero condividere con voi, che voglio offrirvi, cari fratelli e sorelle, in una così numerosa assemblea Eucaristica qui riuniti, l’atto di benedizione nel nome della Santissima Trinità.



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana