Index   Back Top Print

[ IT  - PL ]

VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
 (1°-9 GIUGNO 1991)

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Aeroporto militare di Radom (Varsavia) - Martedì, 4 giugno 1991

 

1. “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia” (Mt 5, 6).

Con il Vangelo delle otto beatitudini di Cristo del Discorso della montagna saluto la città di Radom. Saluto anche la Chiesa della diocesi di Sandomierz-Radom. Saluto cordialmente tutti qui riuniti.

Con una particolare venerazione mi rivolgo verso l’antichissima Sandomierz - città nella quale la storia della Polonia è inscritta sin dai tempi antichissimi: la storia della nazione e della Chiesa. Saluto tutta questa terra, ricordando con gratitudine il suo passato lontano e più recente.

La terra dei santi - cominciando dai Martiri di Sandomierz, dal beato Vincenzo Kadlubek, Ladislao di Gielniów, Salomea - sino a San Casimiro, il quale, come figlio del re governò il regno polacco in sostituzione di suo padre, Casimiro Jagellone. Proprio da Radom, nato a Wawel, ritornò santo a Vilnius, per essere patrono del Popolo di Dio della Lituania.

Saluto la patria di Jan Kochanowski, di Jan Dlugosz e di tanti altri uomini benemeriti per la cultura e per la scienza polacca. Ricordo gli eroi delle insurrezioni nazionali, salutando insieme i comandanti e i soldati dell’ultima guerra, specialmente dell’esercito clandestino, ai quali dobbiamo il posto della Polonia sulla carta d’Europa.

2. Durante la visita odierna mi soffermerò accanto al sasso-monumento con l’iscrizione: “In memoria di coloro che hanno subito dei torti in occasione della protesta operaia del 1976”. Sono tempi non lontani che la città di Radom e tutta la Polonia hanno scritto profondamente nella loro memoria. Si può dire che l’anno 1976 fu l’introduzione ai successivi eventi degli anni Ottanta. Sono costati molti sacrifici, arresti, umiliazioni, torture (praticate specialmente sotto il nome del “sentiero della salute”), morti (tra gli altri di uno dei sacerdoti di Sandomierz) - e attraverso tutto questo aprivano la strada all’umano desiderio di giustizia.

“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5, 6).

La fame della giustizia si esprime anche con la protesta? Con una protesta operaia, come nell’anno 1976? La fame e la sete di giustizia certamente significa tendere verso la vittoria su tutto ciò che è ingiustizia e torto, che è violazione dei diritti dell’uomo.

3. Sul percorso del mio pellegrinaggio attraverso la Polonia mi accompagna il Decalogo: le dieci parole di Dio pronunciate con forza sul Sinai, confermate da Cristo nel discorso della montagna nel contesto delle otto beatitudini. Il Creatore è il fondamento della morale umana. Egli è, al tempo stesso, il supremo Legislatore, infatti creando l’uomo a propria immagine e somiglianza, inscrisse nel suo “cuore” tutto l’ordine della verità, che condiziona il bene e l’ordine morale, e perciò è anche la base della dignità dell’uomo - L’uomo-immagine di Dio.

Al centro stesso di quest’ordine sta il comandamento “non uccidere”, un fermo ed assoluto divieto che contemporaneamente afferma il diritto di ogni uomo alla vita: sin dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale. Questo diritto in modo particolare prende difesa di uomini innocenti e indifesi. “Avere fame e sete di giustizia” - vuol dire far di tutto affinché questo diritto venga osservato, affinché nessun uomo diventi vittima dell’aggressione alla sua vita o salute: perché non venga innocentemente ucciso, torturato, tormentato, minacciato.

Nel discorso della montagna, Cristo ancora amplierà l’ambito del quinto comandamento del Decalogo a tutte le azioni contro il prossimo, generate dall’odio o dalla vendetta (persino senza arrivare ad uccidere). “Chiunque si adira con il proprio fratello” - dice Cristo nel Discorso della montagna.

4. I codici umani di diritto difendono la vita e puniscono gli assassini.

Contemporaneamente però è difficile non affermare che il nostro secolo è il secolo gravato dalla morte di milioni di uomini innocenti. Ha contribuito a ciò il nuovo modo di condurre le guerre che consiste in una massiccia lotta e distruzione della popolazione che non prende parte attiva nella guerra. Basti ricordare i bombardamenti (fino all’uso della bomba atomica), poi i campi di concentramento, le massicce deportazioni della popolazione, concluse con la morte di milioni di vittime innocenti. Tra le nazioni d’Europa, la nostra nazione ha avuto una parte speciale in questa ecatombe. Sui nostri territori il comandamento “non uccidere” è stato violato da milioni di crimini e di delitti.

Tra questi delitti rimangono particolarmente sconvolgenti i sistematici stermini di intere nazioni - prima di tutto degli Ebrei oppure dei gruppi etnici (come gli Zingari), unicamente per motivi di appartenenza a quella data nazione o razza.

5. Era questo soltanto un fatto di particolare crudeltà, di immediata crudeltà? Bisogna constatare che gli effetti micidiali dell’ultima guerra erano stati preparati da interi piani di odio razziale ed etnico! Tali programmi respingevano il principio morale del comandamento “non uccidere” come assoluto e comunemente obbligatorio. Facendo riferimento alle ideologie demenziali, lasciavano, alle privilegiate istanze umane, il diritto di decidere della vita e della morte di singole persone, e anche di interi gruppi e di singole Nazioni. Al posto del “non uccidere” divino è stato messo il “è lecito uccidere” umano e perfino il “bisogna uccidere”.

Ed ecco che enormi parti del nostro continente sono diventate la tomba di uomini innocenti, vittime di crimini. La radice del crimine sta nell’usurpazione da parte dell’uomo dell’autorità divina sopra la vita e la morte dell’uomo. Si fa sentire in questo una lontana, ma tuttavia insistente eco di quelle parole accettate dall’uomo “sin dall’inizio” contro il proprio Creatore e Padre. Esse suonavano così: “diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male” (cf. Gen 3, 5) - (che vuol dire: deciderete di ciò che è buono, e di ciò che è cattivo, voi uomini - come Dio, come Dio - contro Dio).

6. Perdonatemi, cari Fratelli e Sorelle, se andrò ancora oltre. A questo cimitero di vittime della crudeltà umana nel nostro secolo si aggiunge ancora un altro grande cimitero: il cimitero dei non nati, cimitero degli indifesi, di cui perfino la propria madre non conobbe il volto, acconsentendo, oppure cedendo alla pressione, perché venisse loro tolta la vita ancora prima di nascere. E tuttavia già avevano la vita, erano già concepiti, si sviluppavano sotto il cuore delle loro madri, senza presentire il pericolo mortale. E quando questa minaccia divenne ormai un fatto, questi esseri umani indifesi tentarono di difendersi. La cinepresa ha registrato questa disperata difesa di fronte all’aggressione nel grembo della madre di un bambino non-nato. (Una volta vidi un tale film - e fino ad oggi non posso liberarmi dal suo ricordo, non posso liberarmene). È difficile immaginare il dramma orrendo nella sua eloquenza morale, umana.

La radice del dramma - quanto è a volte estesa e differenziata! C’è poi anche l’istanza umana, i gruppi, a volte “i gruppi di pressione”, i corpi legislativi, che “legalizzano” la privazione della vita all’uomo non-nato. Esiste una tale istanza umana, esiste un tale parlamento, che abbia il diritto di legalizzare l’uccisione di un essere umano innocente ed indifeso? Che abbia il diritto di dire “è lecito uccidere”, e perfino “bisogna uccidere”, là dove occorre massimamente proteggere e aiutare la Vita?

7. Osserviamo ancora, che il comandamento “Non uccidere” contiene in sé non solo il divieto. Esso ci esorta a determinati atteggiamenti e comportamenti positivi. “Non uccidere”, piuttosto proteggi la vita, proteggi la salute e rispetta la dignità di ogni uomo, indipendentemente dalla sua razza o religione, dal livello di intelligenza, dal grado di conoscenza o di età, dallo stato di salute o di malattia.

“Non uccidere”, piuttosto accogli un altro uomo come dono di Dio - specialmente se è tuo proprio figlio.

“Non uccidere”, ma piuttosto cerca di aiutare i tuoi prossimi perché accolgano con gioia il loro figlio, anche se; umanamente parlando - secondo loro fosse venuto in un momento inopportuno.

Dobbiamo aumentare nello stesso tempo la nostra sollecitudine sociale non solo per un bambino concepito, ma anche per i suoi genitori, specialmente per sua madre - se la comparsa del figlio li ha messi di fronte alle preoccupazioni e le difficoltà quasi al di sopra delle loro forze, o almeno lo pensano. Questa premura dovrebbe trovare espressione sia nelle azioni e negli atteggiamenti umani spontanei che nella creazione di forme istituzionali di aiuto ai genitori. Volessero anche le parrocchie e i conventi inserirsi in questo movimento di solidarietà sociale con il bambino concepito e i suoi genitori in difficoltà.

8. “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia”.

Queste parole disse Cristo e queste parole portò con sé sulla croce. Sulla croce egli anche fu condannato a morte - e subì questa morte, e questa fu la morte del più santo tra i figli dell’uomo. Anche a lui hanno tolto la vita . . .

Il Figlio di Dio subì la morte sulla croce perché, in modo più che mai radicale fosse confermata la forza del comandamento: “Non uccidere”.

Ai piedi della croce stava sua Madre - così come sta in tanti santuari di tutta la terra. Ricordo il santuario a Blotnica presso Radom e l’incoronazione della Madre di Dio - proprio nell’anno 1977.

“Non uccidere”!

Sulla croce è stata inflitta la morte al suo Figlio. Nel segno della croce cerchiamo le vie della redenzione e della remissione di tutti i peccati.

Ecco muore sul legno dell’ignominia Colui, che annunziò all’umanità il messaggio delle otto beatitudini. Il Figlio di Dio che è “il Primo e l’Ultimo” (cf. Ap 22, 13) tra quelli che hanno fame e sete della giustizia. Colui che unisce questa fame e sete con l’assicurazione “saranno saziati”. Sì: “perché saranno saziati”.

Fratelli e sorelle di Radom e di tutta questa terra! Edifichiamo il comune futuro della nostra Patria secondo la Legge di Dio, secondo quell’eterna Sapienza, che non perde la validità in nessuna epoca, secondo il Vangelo di Cristo!

Costruiamo . . . Piuttosto: ricostruiamo, perché tanto è stato distrutto . . . sì, distrutto negli uomini, nelle coscienze degli uomini, nei costumi, nell’opinione pubblica, nei mezzi di comunicazione.

Ti preghiamo, Redentore del mondo, Cristo crocifisso e risorto, ti preghiamo per mezzo della Tua e nostra Madre, per mezzo di tutti i santi e giusti figli e figlie di questa terra, perché il futuro appartenga a coloro che veramente e inflessibilmente “hanno fame e sete della giustizia”.


Parole di saluto ai numerosi fedeli della diocesi di Sandomierz - Radom prima della benedizione conclusiva:

Cari fratelli e sorelle

Mentre il Santissimo Sacrificio volge verso la fine, in questo vasto aeroporto di Radom, desidero esprimere la mia gratitudine alla Divina Provvidenza, per aver potuto essere qui tra voi e pregare insieme a voi.

Ringrazio la Divina Provvidenza per avermi concesso di visitare la Chiesa e i fedeli della Diocesi di Sandomierz-Radom. Di una terra donatasi a Dio e alla Patria. Desidero abbracciare con il cuore tutti coloro che, sin dagli albori della storia, mettevano le basi della grandezza spirituale di questa diocesi, coloro che lottarono, nel corso dei secoli, per la giustizia e per il diritto della Polonia all’indipendenza. Percorro con il pensiero il tempo delle spartizioni e l’umiliante prepotenza degli zar; il tempo delle insurrezioni nazionali e il periodo della seconda guerra mondiale in modo particolare; oppure gli anni del dopoguerra. Voglio nominare qui, anche il vescovo Piotr Golebiowski e la sua fermezza nella questione di Wierzbice; le iniziative intraprese da lui per salvare l’unità della Chiesa.

Anni fa, come Metropolita di Cracovia, lo ringraziai personalmente per quella sollecitudine veramente pastorale, e oggi rinnovo tale ringraziamento. È sepolto nella cripta della Basilica Cattedrale a Sandomierz e circondato dal grato ricordo e dalla perpetua devozione dei sacerdoti e dei fedeli.

È sempre vivo in me il ricordo della nuova peregrinazione dell’immagine della Madre di Dio. Infatti e stato proprio qui che Maria riprese il percorso del pellegrinaggio attraverso la Polonia e qui l’immagine della visitazione è tornata.

Non dimenticheremo la peregrinazione del Legno della Santa Croce a Radom negli anni dell’intensificata ateizzazione. Abbiamo oggi i motivi per aver fiducia nella saggezza della nazione, che si costruisce sulla sapienza del Vangelo, sulla Croce e sulla fiducia nella Madre di Dio. Con il cuore abbraccio gli abitanti dell’antichissima Sandomierz e in questa occasione desidero ricordare i Vescovi defunti: Walenty Wojcik e Stanislaw Sygnet, legati a questa città.

Nella mani del Vescovo Pastore presento speciali saluti e ringraziamenti ai qui presenti Cardinali ospiti con il Primate polacco, vescovi diocesani e ausiliari. Saluto i Sacerdoti, le Congregazioni religiose maschili e femminili tutti i fedeli della diocesi di Sandomierz-Radom, gli ospiti e coloro che si sono uniti alle nostre preghiere, come pellegrini, dalle diocesi vicine: prima di tutto alle diocesi di Lublino, di Lodz e di Podlasie. Rivolgo un caloroso saluto alle diverse migliaia di rappresentanti dei movimenti contro l’alcolismo.

Che Dio benedica la vostra attività così benedetta per la Patria. È qui presente un gruppo di pellegrini polacchi da Wilno, guidato dal Vescovo Aleksander Kaszkiewicz; un gruppo di pellegrini polacchi che risiedono in Inghilterra, a Bristol, della parrocchia della Madonna della Porta dell’Aurora. Un gruppo di pellegrini da Vicenza in Italia, guidato dal Vescovo Pietro Giacomo Nonis; i giovani della Università Cattolica di Lublino con il corpo insegnante e il Senato alla testa; la gioventù e il Senato della Scuola Superiore di Ingegneria di Radom; un gruppo di pellegrini polacchi provenienti dal Canada e dagli USA; i rappresentanti di tutti i comitati regionali di “Solidarnosc” con il Presidente della Commissione Nazionale in testa (si tratta dell’attuale successore di Lech Walesa, Marian Krzaklewski, che ho già avuto personalmente occasione di conoscere a Roma nel centenario della Rerum novarum); inoltre un gruppo di ex combattenti dell’Armja Krajowa; ex prigionieri dei campi di concentramento, ed ex prigionieri politici. C’è un gruppo di più di ottocento soldati, ci sono i lavoratori delle acciaierie di Ostrowiec Swieto Krzyski, gruppi di pellegrini di ferrovieri e di guardaboschi, sono stati loro a costruire questo meraviglioso altare; ci sono coltivatori, lavoratori dell’energia, lavoratori di tutti i campi dell’industria, inoltre un pellegrinaggio di guide turistiche provenienti da tutta la Polonia; ci sono inoltre molti, molti di coloro che nutrono la nazione - gli agricoltori, anche se un incontro ed un discorso speciale con loro è previsto per il pomeriggio di oggi a Lomza.

Un saluto pieno di amore va ai malati e ai sofferenti, alle persone prive di udito o di vista, che sono qui presenti numerosi e anche al gruppo di pellegrini proveniente da tutta la Polonia delle persone ammalate di diabete. Quanto vi sono grato, fratelli e sorelle, che in questa Santissima Offerta abbiate voluto essere con noi insieme al Papa, vostro connazionale. Che Dio ve ne renda merito! Oltre a tutti coloro che ho ricordato, e che forse non sono stato in grado di ricordare, è qui anche questo forte vento... dell’arrivo in terra polacca a Koszalin sul Baltico. Un vento che viene dal mare. È questo vento ritorna in diverse tappe. Ci si può qui ricollegare al vecchio detto: il Papa getta le parole al vento. Effettivamente getta le parole al vento!

Poiché egli crede al vento. Crede in questo potente vento che un tempo fece tremare le pareti del Cenacolo a Gerusalemme. In questo vento si è espressa, attraverso la forza della natura, il soffio dello Spirito Santo. Il Papa crede nel vento, in quello del Cenacolo, in quello della Pentecoste. Crede che le parole gettate a questo vento polacco non verranno gettate in chissà quale direzione, ma che andranno come lo Spirito Santo, che dal Cenacolo su tutte le regioni della terra ha soffiato il potente vento dello Spirito Santo. Infatti il Verbo Incarnato, Cristo, partì da questo mondo e tutto ciò che ci aveva portato con il suo insegnamento e con i suoi atti messianici, tutto ciò lo gettò nel vento, lo gettò nel vento della Pentecoste ed in forza di questo vento dura il Verbo Incarnato, il Verbo del Vangelo, e porta frutti.

E perciò finendo questo mio incontro con voi, cari fratelli e sorelle, desidero con voi innalzare la mia preghiera alla Santissima Trinità, affinché il vento dello Spirito Santo porti la parola del Papa e la parola di questa nostra comunità poiché noi tutti esprimiamo questa parola di verità, la porti e la innesti nuovamente nella nostra nuova realtà polacca, affinché formi la nostra nuova indipendenza, affinché formi la nostra nuova vita in tutte le sue dimensioni, ed affinché questa terza repubblica sia forte dell’ispirazione divina, di questo vento, il vento dello Spirito Santo, che rinnova la faccia della terra.

Ora imparto a tutti la benedizione ed è questa la preghiera finale con la quale ci rivolgiamo alla Santissima Trinità chiedendo che la Santissima offerta fruttifichi nei nostri cuori e nelle nostre coscienze.



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana