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VISITA ALLA PARROCCHIA DI GESÙ DI NAZARETH

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 15 marzo 1992

 

Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia “Gesù di Nazaret”!

1. In questa seconda domenica di Quaresima la liturgia ci presenta l’episodio della Trasfigurazione del Signore sul monte Tabor, la quale tocca il suo vertice nelle parole del Padre: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!” (Lc 9, 35). Contempliamo questo evento emozionante, nel quale Gesù manifestò la sua gloria, per predisporre i discepoli prediletti al duro passaggio della sua passione. Scrive Luca: “Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare” (Lc 9, 28). È una caratteristica di Luca quella di mettere in evidenza la consuetudine di Gesù con la preghiera, come momento di solitudine, di contemplazione e di intimità col Padre. L’Evangelista ci riferisce che era in preghiera al Giordano, quando la voce del Padre si rivelò per la prima volta (Lc 3, 21); prima di scegliere i Dodici, allorché passò la notte in orazione (Lc 6, 21); nei suoi frequenti ritiri in luoghi solitari (Lc 5, 5-16) e, soprattutto, nel Getsemani, dove “inginocchiatosi, pregava: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice” (Lc 22, 39-46). Questi esempi e le frequenti esortazioni da lui rivolte ai discepoli ci dicono che la preghiera deve avere il primo posto nella vita cristiana, specialmente in questo tempo di Quaresima, che è tempo privilegiato di comunione con Dio.

2. Sul Tabor, mentre appunto Gesù pregava, il suo volto cambiò d’aspetto, la sua veste divenne candida e sfolgorante, e apparvero accanto a lui due uomini, Elia e Mosè, i quali parlavano “della sua dipartita, che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (Lc 9, 31), cioè della sua prossima passione e morte. Mosè ed Elia sono personaggi celebri dell’Antico Testamento: uno il condottiero e il legislatore del popolo, l’altro il profeta del fuoco che distrugge l’iniquità; due prefigurazioni del Messia, nuovo liberatore e portatore sulla terra del nuovo fuoco della salvezza. La bellezza della visione affascina i tre Apostoli. Pietro desidera prolungare il più possibile quella esperienza beatificante ed esclama: “Maestro... facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia” (Lc 9, 33). Ma mentre così parlava, venne una nube e li avvolse. Non vedendo più nulla, provarono paura, ma furono riconfortati dalla voce del Padre. Il Tabor è mistero di gloria e di passione. Infatti San Luca prima di descrivere la trasfigurazione riporta l’annuncio che Gesù fa della sua morte: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno” (Lc 9, 33). Anche nella scena della trasfigurazione la morte del Cristo appare come il tema della conversazione fra Mosè ed Elia. Questa morte è detta “esodo”, cioè dipartita: Gesù “partirà” passando dalla passione alla gloria, dal pellegrinaggio terreno al trionfo celeste. Anche il prefazio di questa domenica richiama il legame tra la passione e la glorificazione del Signore: “Egli, dopo aver dato ai discepoli l’annunzio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria e... indicò agli Apostoli che, solo attraverso la passione, possiamo giungere con lui al trionfo della risurrezione”. È quest’ultimo aspetto del mistero che prevale nella trasfigurazione.

3. Ma l’episodio della trasfigurazione di Gesù è anche sorgente di fede particolarmente significativa, una tappa di quell’itinerario di fede, lungo il quale con tanta pazienza il Signore guidò i suoi discepoli. La fede è la scelta di Dio al di sopra delle cose visibili. La fede è l’adesione a Lui con tutta l’anima. La fede permette di vedere tutto ciò che esiste con lo sguardo di Dio. Senza fede non si può piacere a Dio. Gesù ha chiesto apertamente di credere in Lui. E gli Apostoli, dopo tante esitazioni, hanno finalmente abbracciato la fede in modo totale e irreversibile, fino alla testimonianza suprema del sangue. La liturgia della Parola insiste sulla fede, insiste anche riportando sia l’esempio di Abramo, il quale “credette al Signore che glielo accreditò come giustizia” (Gen 15, 6), e insiste anche l’esortazione di San Paolo ai Filippesi, ai quali l’Apostolo dice che solo per fede si può rimanere saldi nel Signore e raggiungere la patria celeste, dove il nostro misero corpo sarà trasfigurato, cioè reso conforme al suo corpo glorioso (cf. Fil 3, 18-19).

4. Cari fratelli e sorelle! Nella Lettera che indirizzai circa un anno fa alla Diocesi di Roma, ebbi a ricordare che Roma è chiamata a una speciale esemplarità cristiana, perché a lei giustamente guardano tutte le altre Chiese. Purtroppo essa oggi, più che nel passato, conosce la sfida massiccia della secolarizzazione, che si traduce in una condotta di vita, come se Dio non esistesse. Per questo chiedevo di far convergere in uno slancio unitario le molte energie che lo Spirito Santo le ha donato, perché giunga a tutti l’annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, unico Redentore dell’uomo. E indicavo nel cammino del Sinodo pastorale Diocesano la via per attuare gli itinerari di educazione alla fede. Nella vostra parrocchia, grazie all’impegno dei Sacerdoti, dei Religiosi e dei Laici, si stanno realizzando tali direttive con lodevoli iniziative pastorali a favore della famiglia, dei giovani e degli adulti. L’attenzione con cui intendete rivivere lo spirito della Famiglia di Nazaret già nelle strutture architettoniche e funzionali del complesso parrocchiale in via di ultimazione, e ancor più negli atteggiamenti spirituali e morali della comunità, è segno di autentica adesione al Vangelo. Se incontrerete difficoltà materiali e morali, nella struttura del quartiere e nelle scelte di vita dei suoi abitanti, non perdetevi d’animo. La fede in Gesù Cristo, l’adesione ai suoi insegnamenti e l’atteggiamento caritatevole verso tutti, anche i lontani e gli erranti, avranno la meglio sulle forze del male.

5. E adesso insieme al Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale, al Vescovo del Settore, Monsignor Salvatore Boccaccio, insieme al Parroco, Don Andrea Santoro, ai Religiosi e alle Religiose che collaborano in questa zona, saluto voi tutti, cari fedeli, che prendete parte alla vita della Parrocchia. Desidero salutare, altresì, i giovani del Circolo ricreativo (Airs), quelli dell’Azione Cattolica e di altri Movimenti ecclesiali, i quali testimoniano la loro fede con gioia e con entusiasmo. Rivolgo un pensiero grato ai membri del Consiglio pastorale e di quello per gli Affari economici, come pure ai rappresentanti della Caritas, i quali promuovono iniziative umanitarie a favore dei malati, degli anziani, degli emarginati e dei tossicodipendenti. Mentre li ringrazio per la loro opera in campo sociale, desidero informarvi che il Cardinale Vicario e il vostro Vescovo Ausiliare in questi mesi mi hanno tenuto al corrente della prova dura in cui molti di voi sono coinvolti: so che diversi posti di lavoro sono venuti a mancare nell’area tiburtina della Diocesi e che molte aziende si trovano in gravi difficoltà. La Chiesa non può rimanere insensibile a questa sfida, che rischia di condizionare la serenità delle famiglie e il futuro dei nostri giovani. Di cuore prego per tutti voi. Preghiamo insieme. Mi aspetto che in questa Chiesa romana, prima e meglio che altrove, sia recepito l’insegnamento tradizionale della Chiesa, che io stesso ho ribadito anche nella Lettera Enciclica “Centesimus annus”, e cioè che la via della solidarietà tra tutte le parti sociali è imprescindibile in una società che voglia ispirarsi al Vangelo. Vi esorto a vivere intensamente il mistero della redenzione nello spirito dell’antica massima ascetica: “per crucem ad lucem”! È questo il mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo, che riviviamo soprattutto in questo tempo di Quaresima. È il mistero che riviviamo nei sacramenti della fede. Riscoprite in questi santi giorni il sacramento della penitenza o riconciliazione, che vi fa passare dalle tenebre del peccato alla luce della grazia e dell’amicizia con Dio Padre. Voi siete ben consapevoli della grande forza spirituale che questo sacramento ha per la vita cristiana: esso vi fa crescere nell’intimità con Dio, vi fa riacquistare la gioia perduta e godere della consolazione di sentirsi personalmente accolti dall’abbraccio misericordioso di Dio. Solo così possiamo trasfigurarci, come il Signore sul monte Tabor, e risplendere di luce limpidissima davanti al mondo, che ancora non conosce il Signore Gesù; solo così saremo un giorno accolti dal Padre con le parole rivolte al Figlio suo: “Questi è il Figlio mio prediletto, in cui mi compiaccio” (Mt 3, 17).

E con queste parole voglio augurarvi di vivere in profondità il grande mistero della Trasfigurazione del Signore. Amen!

 

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