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VISITA PASTORALE IN FRIULI-VENEZIA GIULIA

CONCELEBRAZIONE IN PIAZZA DELL’UNITÀ D’ITALIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Trieste - Sabato, 2 maggio 1992

 

1. “Sono io, non temete!” (Gv 6, 20). Così disse Gesù agli apostoli, quando essi lo videro camminare sulle acque del lago di Genesaret, nei pressi della città di Cafarnao, là dove avrebbe annunziato il mistero dell’Eucaristia. Queste parole le rileggiamo nel tempo di Pasqua. Dopo la sua risurrezione, Gesù apparve più volte ai discepoli, ripetendo loro: “Non abbiate paura, sono io!”. Si incontrava con loro, li preparava alla sua dipartita e alla venuta del Consolatore, lo Spirito di Verità. “Non abbiate paura!”.

2. All’origine della paura dell’uomo c’è sempre il presentimento di un male incombente. Nella memoria degli Apostoli erano ancora impressi gli eventi del Venerdì Santo: ciò che era successo a Gesù, come Egli era stato giudicato, flagellato, condannato a morte e, infine, crocifisso sul Golgota. Si trattava di un “male” accaduto al loro amato Maestro, nel quale avevano riposto piena fiducia. Sulla via di Emmaus i due discepoli non dicevano forse: “Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele” (Lc 24, 21)? Il motivo della paura può, però, essere anche un bene: un evento positivo, straordinario e inatteso. Gesù sulla strada di Emmaus, non si fece subito riconoscere dai due discepoli con i quali conversava. Essi lo sapevano crocifisso, morto e deposto nel sepolcro. Ed invece Gesù era vivo! I loro cuori erano posseduti dal timore, prima che in essi subentrasse la gioia. La realtà della risurrezione supera la limitatezza dell’uomo: l’uomo si è abituato al fatto che la morte sia qualcosa di irreversibile. Ecco perché Gesù dice: “Sono io, non temete!”.

3. I giorni tra la Pasqua e la Pentecoste sono un tempo di gioia, unita a singolare timore. La discesa dello Spirito Consolatore opera negli Apostoli un cambiamento essenziale: fa maturare la certezza della risurrezione e l’amore per il Signore risorto. Essi comprendono, allora, il mistero pasquale: “Bisognava che Gesù sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria” (Lc 24, 26). Ritrovano in se stessi quella forza sovrumana che scaturisce dalla croce e dalla risurrezione, e dal giorno della Pentecoste diventano testimoni. La Chiesa è nata e si è sviluppata grazie alla testimonianza da essi resa nello Spirito di Verità.

4. Proprio di questo parla la prima lettura dell’odierna liturgia. Gli Apostoli impongono le mani su sette uomini destinati al servizio dei poveri e dei bisognosi: sono i primi diaconi, tra i quali si trova Stefano, “uomo pieno di fede e di Spirito Santo” (At 6, 5). Sarà lui il primo martire della Chiesa. Cadendo sotto i colpi delle pietre, in un trasporto di estasi, esclamerà: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio” (At 7, 56). La Comunità dei credenti cammina nel mondo avendo anch’essa dinanzi agli occhi Cristo crocifisso e risorto, costituito dal Padre Signore della storia umana.

5. Guardando verso il compimento della storia, Giovanni, nell’Apocalisse, vede il Figlio dell’uomo e ode le sue parole: “Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi. Scrivi, dunque, le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che accadranno dopo” (Ap 1, 17-19). Ancora una volta Cristo dice: “Non temere!”. Nell’uomo della nostra epoca c’è la paura. Ci sono paure di diverso genere, spesso assillanti per la coscienza umana, per la coscienza individuale e per quella collettiva. Può qualcun altro, al di fuori di Cristo, al di fuori di Colui che ha “potere sopra la morte e sopra gli inferi” (At 1, 18), dire all’uomo contemporaneo: “Non temere!”?

6. Non temere! Il Signore lo ripete a ciascuno di noi, che siamo raccolti attorno all’altare per la celebrazione dell’Eucaristia in questa storica piazza. Non temete, carissimi fratelli e sorelle della città e della diocesi di Trieste. Vi saluto tutti con affetto nel nome di Cristo. Saluto il vostro Pastore, il carissimo Monsignor Lorenzo Bellomi, e gli altri Presuli presenti. Saluto i Presbiteri, stretti collaboratori del ministero pastorale del Vescovo, i Religiosi e le Religiose, testimoni singolari del Regno di Dio, e i Laici, chiamati a recare l’annuncio della salvezza in ogni ambiente della umana convivenza. Rivolgo un deferente pensiero alle Autorità Amministrative, Politiche e Militari, e ringrazio vivamente quanti hanno collaborato alla realizzazione di questo mio viaggio apostolico. Saluto ancora i nostri fratelli cristiani che hanno voluto essere con noi in questa celebrazione del giorno odierno. Siamo molto grati e molto fiduciosi per la loro presenza. Sono venuto tra voi per recarvi la pace e la gioia di Cristo, che ci ha redenti col suo sangue e ci ha resi, con la sua morte e risurrezione, un solo popolo nella diversità dei carismi, chiamandoci a proclamare e testimoniare il suo messaggio di salvezza a ogni creatura.

7. Per rispondere a così singolare vocazione, la vostra Diocesi si è data un impegnativo programma apostolico, che si inserisce nel piano pastorale “Evangelizzazione e testimonianza della carità”, proposto dai Vescovi italiani per il decennio degli anni ‘90. Nella situazione sociale della vostra terra voi sentite che oggi urge dare rinnovato impulso al “primo annuncio della fede”. Ciò richiede un cambiamento di mentalità e di prassi nelle Comunità parrocchiali: all’attuale preminenza della catechesi per i bambini e i fanciulli bisogna sostituire la formazione spirituale, teologica e missionaria degli adulti. Essi, infatti, sono chiamati ad essere, a loro volta, annunciatori e testimoni del Vangelo in Comunità vive, dinamiche ed evangelizzanti. Voi avvertite, inoltre, l’esigenza d’inculturare la fede e di diffonderla in maniera capillare. La cultura triestina è ricca di civiltà e di valori, tra i quali piace ricordare la libertà e l’amore patrio, la tolleranza e l’accoglienza. Come dimenticare che sin dalle origini del suo assetto moderno, nel diciottesimo secolo, Trieste ha conosciuto la coesistenza di diverse genti e culture, così da divenire, quasi per naturale vocazione, ponte tra i mondi latino, germanico e slavo? Reagite, pertanto, con fermezza, carissimi fratelli e sorelle, a ciò che tenta di dividervi e di ostacolare la convivenza tra i vari gruppi etnici. Trovate, piuttosto, nella costante adesione al Vangelo la sorgente della vostra concordia e della reciproca collaborazione. Abbiate l’audacia degli Apostoli di Cristo! Un grande campo di lavoro è dinanzi a voi: recare il Vangelo alla vasta area dei cosiddetti “lontani”, degli “indifferenti”, dei “non credenti”. Che sfida immane per la vostra Comunità! Che compito singolare da svolgere all’interno della vostra tipica realtà locale, anche in vista della “nuova Europa”, da costruire in particolare sui valori cristiani come “casa comune”! Tocca a voi, fratelli e sorelle carissimi, infondere a coloro che incontrate la speranza e la gioia di Cristo risorto. Essa è fonte di ottimismo, di coraggio e di perseveranza per chi opera a favore della vita, dell’uomo e del suo futuro; a favore della società e della pacifica convivenza tra i popoli. Tocca a voi, fedeli della Chiesa di Trieste, rendere visibile il mistero della divina carità. L’alta percentuale di anziani, molti dei quali ammalati e soli, le famiglie dissestate o in pericolo, i giovani in difficoltà, gli stranieri, i profughi, i poveri e gli emarginati vi stimolano a sempre più grande apertura nei loro confronti, a gesti concreti di accoglienza, di assistenza e di solidarietà. Siate a tempo pieno volontari dell’amore di Cristo! Su queste strade non vi sarà difficile incontrare la collaborazione convinta di tante persone di buona volontà, alle quali annuncerete il Vangelo con l’eloquenza della parola, ma soprattutto con la forza trascinante dei fatti.

8. “Non abbiate paura, sono io!”. Ecco, cari fratelli e sorelle, ciò che vi ripete ancora una volta, quest’oggi, il Risorto. Ascoltate la sua voce; abbiate entusiasmo e vigore per proporre il suo annuncio, testimoniando il primato di Dio nella vostra esistenza. Siate sempre premurosi delle esigenze, della sensibilità e della cultura di coloro che vi vivono accanto. Fatevi garanti della giusta liberazione, che con la fede è strettamente connessa. Il rispetto per la libertà religiosa, come metodo oltre che come condizione, continui a occupare un posto di primaria importanza nel dialogo religioso, che nella vostra Città è fervido e ricco di frutti ecumenici. Accanto ai fratelli delle altre Chiese cristiane, che hanno avuto qui, da secoli, una loro significativa presenza, costruite il Regno di Dio. Unico è il Signore, unica deve essere la carità che unisce i credenti nel suo nome. Solo la carità può generare tra di voi un incessante cammino di fraterna comprensione e di amicizia, un cammino fedele sempre alle esigenze della verità. Fedele a Cristo. Vi accompagni e vi sostenga Maria, presente nei punti estremi del golfo triestino con due segni monumentali: l’antica Chiesa di Muggia vecchia, dedicata all’Assunta, e il moderno, maestoso Tempio a Maria, Madre e Regina. Sia Lei il forte sostegno della fede dei credenti e l’aiuto potente per l’unità dei cristiani.

“Sono io, non temete!”, continua a ripeterci il Signore Risorto.

Ascoltiamo la sua parola!

Apriamogli il cuore con gioia e fiducia!

“Io ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte”.

“Non temere!”.

Amen!

 



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