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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN GABRIELE DELL’ADDOLORATA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 10 maggio 1992

 

Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia “San Gabriele dell’Addolorata”.

1. In questa quarta domenica di Pasqua ci troviamo qui raccolti, in unità di fede e di amore, per celebrare il sacrificio eucaristico, nel clima di gioia e di esultanza che proviene dalla luce del Signore risorto. Il Vangelo di Giovanni ci riferisce alcune espressioni pronunciate dal Maestro, durante la festa della dedicazione del tempio di Gerusalemme, mentre si intratteneva con i suoi uditori, passeggiando lungo il portico di Salomone. Queste parole si trovano al capitolo decimo del quarto Vangelo, nel contesto del discorso sulla figura del Buon Pastore.

2. Gesù, che si è già definito la porta attraverso la quale si entra nell’ovile di Dio e, ancor più, il Buon Pastore che guida le pecore del suo gregge, ora spiega chi sono e come si comportano le pecore che Egli chiama “sue”. L’Evangelista, a questo proposito, riporta alcune frasi del Signore. La prima dice: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10, 27). Meditando su queste parole, comprendiamo che nessuno può dirsi seguace di Gesù, se non presta ascolto alla sua voce. E ciò non va inteso come un ascolto superficiale, ma come un ascolto coinvolgente, tale da rendere possibile una conoscenza reciproca profonda, da cui scaturisce una sequela generosa e impegnata, espressa nelle parole “ed esse mi seguono”. Possiamo riassumere: un ascolto non solamente di orecchio, ma del cuore, del nostro intimo “io” umano.

3. La metafora del pastore e delle pecore rivela, dunque, lo strettissimo rapporto che Gesù vuole instaurare con le nostre persone. Egli è la guida, il maestro, l’educatore, il modello, egli è soprattutto il nostro Redentore: e questo riguarda l’opera educativa e pedagogica che Egli svolge nei nostri riguardi. Ma Egli è anche l’amico, il fratello, lo sposo, il custode fedele e geloso di ciascuno di noi, e questo riguarda la relazione affettiva tra lui e noi, la quale è così intima e profonda che non esiste l’eguale. Non c’è vero ascolto se manca il cuore: un ascolto di cuore. Solamente questo ascolto di cuore può costituire una tale relazione tra noi e Gesù, il nostro Buon Pastore. Infatti la frase successiva del brano evangelico afferma: “Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Gv 10, 28). Chi può parlare così? Può parlare così Gesù perché è il Redentore. Gesù ha dato per noi la sua vita. L’ha data, subendo il martirio più doloroso che possa colpire un essere umano. L’ha data e poi l’ha ripresa risorgendo e ha manifestato così il suo potere sulla morte. Così Egli è vivo, alla destra del Padre - così si esprime la Scrittura -, Egli possiede la vita pienamente e sommamente, quella che Egli chiama la “vita eterna”. Questa vita somma e piena, che è propria di Dio, solo di Dio, Egli la comunica anche a noi, suoi fratelli, nella misura della nostra capacità, così da riempire del dono di Dio, mediante la grazia, le nostre anime, mentre siamo ancora su questa terra, ma con la finalità di renderci partecipi di ogni suo bene nel regno futuro. La vita eterna appartiene al futuro. Il nostro futuro in Cristo è la vita eterna. Chi è “suo”, di Cristo, cioè chi accoglie e non rifiuta con il peccato il suo dono di grazia, non andrà perduto; anzi nessuno potrà rapirlo dalla sua mano e nemmeno dalla mano del Padre suo, che è più grande di tutti e che con Gesù è una cosa sola. Gesù Cristo Buon Pastore, Gesù crocifisso e risorto, Gesù Redentore, dalla profondità della sua divinità, della sua unione col Padre.

4. Stupenda rivelazione quella che Gesù ci fa, mettendoci in grado di intravedere la ricchezza della vita di Dio! Grande è anche la sua promessa di dare a tutti gli uomini la vita eterna e di difenderla in ciascuno contro gli assalti nemici, perché il Buon Pastore è anche colui che difende il suo gregge, che è uno, in questo ovile. A tentare di strapparci la vita eterna è il “maligno” (cf. Gv 17, 15), il grande nemico di Dio e delle sue creature predilette. Ma il maligno non può nulla contro Dio e contro di noi, se non siamo noi ad aprirgli le porte della nostra anima, seguendo le sue lusinghe ingannatrici. Per questo ogni volta che ci accostiamo al Signore dobbiamo rinnovare le promesse del nostro Battesimo: quelle di rinunciare a Satana, per consegnarci nella fede a Cristo Signore. È questa la strada della vita cristiana, la strada della gioia pasquale. I cristiani ne sono certi e lo dimostrano vivendo secondo Gesù e non secondo il mondo, così come fecero gli Apostoli e i credenti delle prime generazioni, di cui ci parla in queste domeniche il Libro degli Atti degli Apostoli. Questa fedeltà talvolta costa sacrifici e persecuzioni - non soltanto nei primi tempi, ma anche nella nostra epoca, nel nostro secolo, lo sappiamo bene - ma, come abbiamo ascoltato nel brano dell’Apocalisse, la moltitudine dei salvati è giunta alla felicità, proprio passando attraverso la grande tribolazione e rendendo candide le proprie vesti nel sangue dell’Agnello redentore. Questa è la visione dell’Apocalisse.

5. Anche voi, cristiani di questa Parrocchia, giovani e adulti, siete chiamati a testimoniare nel mondo la vostra fede, là dove il Signore vi ha chiamati: nella vita familiare e professionale, nella scuola, nel lavoro e nello svago. A questo vi aiuta la Parrocchia, con i suoi sacerdoti e quanti con essi collaborano, Religiosi e Laici. Voi costituite una comunità credente, che sarà tanto più forte quanto più sarà perseverante nella preghiera e attiva nella carità, come si vede anche nei primi cristiani. La nostra Chiesa romana sente la responsabilità di diffondere in modo nuovo ed efficace il lieto annuncio del Signore. Per questo ci siamo impegnati a celebrare il Sinodo pastorale, al quale anche voi state partecipando con impegno, nella prospettiva di un più grande fervore nella vita cristiana. Roma vuole presentarsi alle soglie del terzo millennio della fede in modo degno della sua storia religiosa. Per il buon esito di questo Sinodo vogliamo pregare oggi insieme. Preghiamo anche, e con speciale insistenza, per le vocazioni sacerdotali e religiose, per le quali si celebra la Giornata Mondiale. È un impegno imprescindibile quello della promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose. Per questo tutti, a cominciare dalle famiglie cristiane, debbono sentire la responsabilità di favorire il sorgere e il maturare di vocazioni al diretto servizio di Dio e delle anime, offrendo la propria collaborazione in ogni opportuna iniziativa destinata a sostenere tale nobile causa, senza mai trascurare però il mezzo privilegiato della preghiera, secondo la parola stessa del Signore: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate, dunque, il padrone della messe perché mandi operai alla sua messe” (Mt 9, 37-38). Con il Cardinale Vicario, Camillo Ruini, con il Vescovo di Settore, Monsignor Giuseppe Mani, saluto il vostro zelante Parroco, Don Fabio Paglioni, e i sacerdoti suoi collaboratori, saluto tutti voi, cari fratelli e sorelle. Vi ringrazio per la vostra partecipazione e per il fervore che anima la vostra Comunità parrocchiale. Un pensiero grato va a tutte le associazioni cattoliche e ai gruppi giovanili che operano nell’ambito della Parrocchia per l’animazione cristiana della società. Unisco la mia preghiera alla vostra, perché ciascuno di voi ottenga dal Signore un accresciuto dono di fede, perché l’amore cristiano regni nelle vostre famiglie e in tutta la Comunità parrocchiale, perché tra voi sboccino vocazioni generose nel servizio dell’apostolato.

Invoco per voi la speciale protezione della Ss.ma Vergine Maria - e specialmente di quella Addolorata, a cui è dedicata anche la vostra parrocchia, di San Gabriele dell’Addolorata - che onoriamo particolarmente in questo mese di maggio.

Vi dico con le parole della prima lettura: “Rallegratevi e glorificate la parola di Dio e abbracciate la fede voi tutti che siete destinati alla vita eterna” (cf. At 13, 48). Siamo destinati alla vita eterna grazie al Signore.

Amen!

 

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