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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA IMMACOLATA DI LOURDES

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 8 novembre 1992

 

Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia
“Santa Maria Immacolata di Lourdes”!
“Credo la risurrezione della carne, credo la vita eterna”.

1. È trascorsa da pochi giorni la solenne commemorazione di tutti i fedeli defunti, siamo ancora nel clima di riflessione e di orazione per i nostri cari scomparsi. Il mesto pellegrinaggio, che durante il mese di novembre conduce tanta gente nei cimiteri, è gesto di pietà e di affetto, è corale manifestazione di fede e di comunione ecclesiale. Anch’io mi sono recato nel pomeriggio del 1 novembre al cimitero del Verano per celebrare il divin Sacrificio e ricordare i morti della nostra Città. Mi sono così unito all’intera famiglia dei credenti che dappertutto si raccoglie, accomunata dalla speranza evangelica, nei luoghi ove riposano le spoglie dei cari trapassati, e per loro eleva verso Dio un’invocazione carica di fiducia. La Chiesa proclama allo stesso tempo la propria fede in Cristo vincitore della morte: “Credo la risurrezione della carne, credo la vita eterna”. Questi due articoli del Credo o Simbolo apostolico acquistano un significato singolare alla luce della memoria dei defunti. Ci ricordano che noi non siamo incamminati verso il nulla: la nostra esistenza, al contrario, ha una meta precisa e la fede apre, sulla tristezza delle separazioni umane, i luminosi orizzonti di una vita che va oltre questa terrena esistenza, e che sarà l’approdo di tutti i figli di Dio, in Gesù Cristo.

2. Della risurrezione della carne e della vita eterna parlano le Letture della Santa Messa di questa trentaduesima domenica del Tempo ordinario. Nel tratto dell’odierno Vangelo di Luca alcuni Sadducei si rivolgono a Gesù con una domanda insidiosa. Essi negano che ci sia la risurrezione della carne e tendono a provocare in merito una sua presa di posizione, ma Gesù risponde loro, come sempre, con chiarezza cristallina. Il Signore asserisce che i morti risorgono! Ed è questa l’affermazione più importante e solenne. Egli osserva: “Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono in lui” (Lc 20, 37-38). Spiega anche come sarà la vita eterna, prendendo spunto dal loro provocatorio quesito. Ai Sadducei, che con malcelata ironia chiedono di chi sarà moglie, dopo la morte, una donna che ha avuto in vita più mariti successivi, Gesù replica che i risorti nell’al di là “non prendono moglie, né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio” (Lc 20, 35-36).

3. In queste brevi espressioni, dunque, il divin Maestro ha modo di ribadire per ben due volte la verità della risurrezione, aggiungendo chiaramente che l’esistenza, dopo la morte, sarà diversa da quella sulla terra: verrà meno l’esercizio della procreazione, necessario nel tempo, secondo la parola del Creatore: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra” (Gen 1, 28). E poiché la vita dei risorti sarà simile a quella degli angeli, egli fa comprendere che la persona umana sarà svincolata dalle necessità connesse con la presente condizione mortale. Da altri passi della Sacra Scrittura, come pure dalla riflessione dei Padri della Chiesa, sappiamo che il Paradiso costituisce la più alta risposta al nostro intimo bisogno di felicità, in un diretto possesso del Bene infinito: Dio. Sant’Agostino scriveva: “Ibi vacabimus, et videbimus; videbimus, et amabimus; amabimus, et laudabimus. Ecce quod erit in fine sine fine” (De civitate Dei, XXII, 30, 5; PL 41, 804). In Paradiso “riposeremo liberi, e vedremo; vedremo e ameremo; ameremo e loderemo. Ecco ciò che sarà alla fine senza fine”.

4. Un esempio di incrollabile fede nell’al di là ci è oggi proposto anche dalla prima Lettura, tratta dal Libro dei Maccabei. È il racconto dei sette fratelli che, insieme alla loro madre, affrontano eroicamente la morte, pur di non contravvenire alle prescrizioni della legge mosaica. Essi lo dicono e quasi lo gridano al re pagano che li vuole costringere al male: “Il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna” (2 Mac 7, 9). La loro eroica testimonianza anticipa quella delle migliaia di Martiri cristiani, vanto e corona della Chiesa delle origini. Molti di essi, proprio a Roma, hanno consumato il sacrificio della vita, versando il loro sangue per il Vangelo. Il martirio a causa del Vangelo è sempre stato presente nella Chiesa e lo è tuttora. Ma ce ne sono tanti altri, contemporanei, nel nostro secolo. Si tratta di una singolare chiamata divina rivolta ad anime privilegiate, che, attraverso l’immolazione della propria vita, si trovano a imitare più da vicino il Salvatore Gesù, fecondando con il dono totale di se stesse il “vasto campo di Dio” (1 Cor 3, 9). Se solo ad alcuni è domandato questo straordinario sacrificio, ogni fedele, tuttavia, che voglia servire Cristo con autentica generosità, prima o poi si trova a dover soffrire, a causa proprio di tale fedeltà, qualche sorta di martirio: del cuore, dei sensi, della volontà, dei sentimenti. Nelle ore difficili, memori del coraggio dei Martiri e dei Santi, non dobbiamo mai dimenticare le parole del Simbolo apostolico: “Credo la risurrezione della carne, credo la vita eterna”. Sono sorgente di fortezza e di speranza; luce e sostegno nella prova. Solo la certezza della risurrezione può trattenere il credente dal cedere alle seduzioni del mondo e dall’imitare quanti pongono tutta la loro fiducia nella presente condizione mortale, preoccupati unicamente dell’immediato tornaconto.

5. Carissimi fratelli e sorelle, sono lieto di potervi fare visita quest’oggi e con affetto vi saluto. Dopo le parole sulla Santa Liturgia voglio ancora rivolgermi alla vostra comunità. Saluto il Cardinale Vicario, Camillo Ruini, il Vescovo di Settore, Mons. Cesare Nosiglia, il Parroco, Padre Sabino Di Molfetta, degli Oblati di San Giuseppe, e i Vicari parrocchiali. Saluto i Sacerdoti, in maniera particolare gli ospiti del Collegio Belga, i Religiosi e le Religiose impegnati in molte opere educative e socio-sanitarie tra le quali l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata dei Figli dell’Immacolata Concezione, la casa di cura “Villa Benedetta” delle Suore di San Giovanni Battista, le scuole rette dai fratelli delle Scuole Cristiane e dalle Suore del Santissimo Sacramento. Saluto i laici appartenenti alle diverse Associazioni e Movimenti d’apostolato. Rivolgo un affettuoso pensiero agli ammalati, ai bambini, ai giovani. Esprimo a tutti voi il mio compiacimento per l’intensa opera evangelica che qui svolgete. Sono contento di salutarvi come membri di una Comunità giovane nel tempo, sorta appunto quattordici anni or sono proprio all’inizio del mio Pontificato; una Parrocchia costruita grazie anche alla generosità delle Suore di Nostra Signora di Lourdes, che, dopo aver donato, per la sua costituzione, la chiesa e alcuni edifici, continuano a servirla con lo zelo di una intensa collaborazione pastorale insieme agli altri Istituti di Vita Consacrata presenti nel territorio parrocchiale; una Parrocchia che ha trovato negli Oblati di San Giuseppe guide spirituali, piene di sollecitudine apostolica e missionaria, e specialmente il Superiore Generale.

6. Il vostro cammino pastorale è orientato da un progetto di Parrocchia come comunione di Comunità e tende a far crescere la conoscenza, l’intesa e la collaborazione fra tutti i fedeli sì da offrire al quartiere l’esempio della concordia e dell’amore che sgorgano dall’accoglienza del Vangelo. Vi incoraggio, carissimi fratelli e sorelle, a proseguire uniti in tale itinerario di autentica evangelizzazione. Siate attenti alle esigenze materiali e spirituali di ogni abitante del quartiere specialmente agli anziani, a chi è malato, sofferente o vive in solitudine. I giovani, impegnati in attività di formazione e di servizio, di preghiera e di solidarietà, si sentano incoraggiati dall’esempio degli adulti e si aprano fiduciosi al futuro. Le molteplici iniziative liturgiche, catechetiche e caritative, che animano la Parrocchia, contribuiscano sempre ad alimentare nel cuore di ognuno la gioia di servire il Signore.

7. Rinnovo, quest’oggi, a tutti voi l’invito ad essere intrepidi testimoni di Cristo in questa porzione della nostra Diocesi, di questa Roma. Rigenerati dal Battesimo, sostenuti dagli altri Sacramenti e dalla preghiera, voi siete chiamati a vivere in stretta comunione di cuori e di azione pastorale sì da comunicare a quanti incontrate la novità del messaggio evangelico. È questo l’impegno missionario che emerge dai lavori del Sinodo pastorale Diocesano, al quale anche voi non mancherete di offrire il vostro attivo contributo. Ringrazio con voi il Padre celeste per il cammino che la nostra Chiesa sta percorrendo attraverso le Assemblee Sinodali plenarie, il dialogo e l’ascolto reciproco: il Sinodo romano diventa così, nel suo stesso svolgimento, scuola pratica dell’ecclesiologia di comunione propostaci dal Concilio Vaticano II e ripresa nello Strumento di lavoro sinodale.

E per voi, carissimi fratelli e sorelle di questa Parrocchia, facendo eco a quanto poc’anzi è stato letto nella Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, prego così: Colui “che ci ha amati e ci ha dato per la sua grazia una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene” (2 Ts 2, 16, 17).

Vi sostenga e vi aiuti Maria Santissima, la Madre di Dio, qui venerata con il titolo di Santa Maria Immacolata di Lourdes. Amen!

 

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