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CONCLUSIONE DELLA XXVI SETTIMANA DI PREGHIERA
PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Festa della Conversione di San Paolo - Lunedì, 25 gennaio 1993

 

“Ecco il nostro Dio, in lui abbiamo sperato perché ci salvasse” (Is 25, 9).

1. La corale adesione di fede e di speranza al piano salvifico di Dio, espressa nelle parole profetiche del libro di Isaia, orienta il nostro sguardo verso la meta finale preparata da Dio per i suoi fedeli. Il quadro, delineato dal Profeta per rivelare il futuro di pienezza e di pace che ci attende, è composto da vivide immagini tratte dall’esperienza dolorosa e gioiosa di ogni esistenza umana: alle lacrime, alla coltre che copre le genti, alla condizione disonorevole del popolo e soprattutto alla morte, si contrappongono il ricco e fraterno banchetto imbandito da Dio, il dono della sua parola, l’annuncio della salvezza e la gioia per la certezza della sua realizzazione. “Il Signore degli eserciti preparerà su questo monte un banchetto...”. L’abbondanza di ciò che sarà offerto nel banchetto messianico è garantita dalla stessa presenza di Dio, dal suo manifestarsi. Sarà Lui a schiudere gli occhi dei popoli incapaci di scorgerlo a motivo del loro sguardo offuscato. Anzi, Dio stesso annullerà la morte, così che gli invitati al banchetto possano vivere con lui per sempre.

2. Tale promessa divina si è realizzata appieno nell’incarnazione del Figlio di Dio e nella redenzione da Lui operata. In Gesù si è compiuto in modo definitivo il progetto salvifico del Padre celeste. Resta però necessario che questa salvezza sia trasmessa ad ogni uomo e ad ogni popolo per mezzo dei discepoli, ai quali il Redentore dice: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo” (Mc 16, 15-16). Ecco, carissimi fratelli e sorelle, l’opera della salvezza promessa dal Signore. Durante la “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”, che proprio oggi si conclude, noi tutti, come credenti in Cristo, abbiamo riflettuto sulla promessa di Dio e sulla responsabilità che da essa scaturisce per ciascuno di noi ed abbiamo innalzato preghiere e suppliche perché si affretti l’ora della piena realizzazione del disegno divino. Un elemento essenziale di tale disegno è l’unità dei credenti in Cristo. Su di essa ci siamo soffermati a meditare durante questi giorni, docili alla preghiera di Gesù: “Che tutti siano una sola cosa” (Gv 17, 21), ed abbiamo rinnovato la nostra fede nella sua vittoria definitiva su ogni limite umano, soprattutto sulle tristi conseguenze del peccato.

3. Ci accompagna e ci guida in questo itinerario di impegno ecumenico l’esempio dell’apostolo Paolo, di cui oggi celebriamo l’evento straordinario della conversione. Ciò che cambiò radicalmente la sua vita – lo abbiamo ascoltato dalle sue stesse parole pronunciate davanti ai Giudei di Gerusalemme – fu la scoperta personale e travolgente di Gesù di Nazaret come Messia e Salvatore. “Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù, il Nazareno, che tu perseguiti” (At 22, 8). Fino a quel momento Saulo aveva ritenuto di essere “pieno di zelo per Dio” e di servirlo fedelmente “arrestando e gettando in prigione uomini e donne”, seguaci della “nuova dottrina”. Ma ogni sua convinzione è ora sconvolta, annientata: Gesù, il Nazareno, si rivela a lui, identificandosi con i fratelli che egli perseguita. E si produce un altro evento, anch’esso paradossale: Gesù, pur avendogli parlato direttamente, da quell’istante, vuole comunicargli la salvezza mediante il suo rappresentante, Anania. È nella Chiesa e per mezzo della Chiesa che Cristo agisce e vuole salvare l’umanità. È così che Egli opera anche in ciascuno di noi. Con il battesimo, amministrato dalla Chiesa, gli occhi degli uomini si schiudono, viene rimosso “il velo che copre la loro faccia” (cf. Is 25, 7) ed ha inizio una vita nuova: “Quanti siete stati battezzati in Cristo, – afferma l’Apostolo – vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3, 27). Il battesimo crea quindi una nuova comunione e, come afferma il Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II, “costituisce il vincolo sacramentale dell’unità, che vige fra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati” (Unitatis redintegratio, 22). Il battesimo è per il cristiano l’inizio dell’incorporazione a Cristo; è, al contempo, l’avvio della nuova vita secondo lo Spirito, donato a tutti i battezzati.

4. “Portare il frutto dello Spirito per l’unità dei cristiani” è il tema prescelto per la “Settimana di Preghiera” di quest’anno. Nella lettera ai Galati San Paolo spiega qual è “il frutto dello Spirito”, specificandolo in una pluralità di doni: “Il frutto dello Spirito – egli scrive – è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, dominio di sé” (Gal 5, 22). Lo Spirito Santo edifica con questi suoi molteplici doni l’unità nel Corpo Mistico di Cristo, quell’unità che il Signore ha ardentemente desiderato e per la quale Egli ha pregato il Padre: “Affinché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). Non dobbiamo fermarci di fronte a momentanee difficoltà: lo Spirito di Dio guida anche oggi i discepoli di Cristo verso l’unità. A chi, sull’esempio di Paolo, interpellerà il Signore: “Che devo fare, Signore?”, Egli non mancherà di rispondere, indicandogli la giusta via, che dobbiamo percorrere insieme, e che è caratterizzata dalla fedeltà e dalla comprensione. Fedeltà al Signore e comprensione verso i fratelli, nella sincera volontà di incontrarli per crescere insieme nell’obbedienza al Vangelo.

5. Alla fine, desidero ritornare a quella preghiera per la pace nell’Europa, e in particolare nei Balcani, che ha avuto luogo in Assisi all’inizio di questo mese. Rivolgo ancora una volta il mio cordiale ringraziamento a tutti, specialmente a quei nostri fratelli delle Chiese e Comunità Cristiane dell’Europa, che insieme con noi hanno voluto partecipare a quella preghiera. Insieme con i Presidenti delle Conferenze Episcopali cattoliche di tutta l’Europa, abbiamo chiesto che, in collegamento con il Messaggio del 1 gennaio per la Giornata Mondiale della Pace, si promovesse una tale preghiera in tutte le diocesi e le parrocchie. Siamo quindi grati a tutti i nostri fratelli che hanno intrapreso una simile preghiera insieme con noi o parallelamente a noi. Di ciò, Assisi ha costituito un’espressione singolare. Ringraziamo i nostri fratelli Ortodossi. Benché la loro presenza in Assisi non abbia potuto essere piena, le parole con cui si sono rivolti a noi si sono rivelate colme della stessa sollecitudine, della stessa solidarietà cristiana, che richiede – appunto – la causa della pace in Europa. In modo particolare, ringraziamo per il messaggio del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli, come pure per quello del Patriarca Paolo di Serbia. Abbiamo letto le loro parole colme di dolore e di commozione. In Assisi, le abbiamo incluse nelle nostre preghiere.

6. Superare ostacoli e fratture mediante “il dialogo della verità”, come giustamente osservava il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I in occasione della recente festa di sant’Andrea, è oggi “una insistente richiesta dei tempi”. “I problemi dell’uomo contemporaneo – egli aggiungeva – sono così numerosi ed urgenti che l’unità dei cristiani diventa assolutamente necessaria ed ogni ostacolo ad essa per qualsiasi ragione è un atto delittuoso”. Tale consapevolezza anima l’autentico movimento ecumenico, ed è fermo intendimento della Chiesa Cattolica dispiegare ogni possibile sforzo perché, abbattute le frontiere dell’incomprensione e sormontati gli scogli presenti sulla via del dialogo, l’intero corpo di Cristo possa quanto prima respirare con “i due polmoni”, costituiti dalle Comunità ecclesiali d’Oriente e d’Occidente totalmente riconciliate. Sono persuaso che, grazie all’impegno di ciascuno, il “dialogo della verità”, accompagnato dal quotidiano “dialogo della carità”, andrà avanti e porterà i suoi frutti. Il Signore ci chiama ad essere, in questo nostro mondo preoccupato ed inquieto, “araldi di amore e di pace”, apostoli di verità e di autentica comunione.

7. In spirito di sincera stima per le Chiese d’Oriente, uscite dalla pluriennale prova del martirio, preghiamo, quindi, affinché esse possano pienamente rinnovarsi per assumere responsabilmente i compiti dell’evangelizzazione, posti davanti a loro dai nuovi tempi. Ringraziamo Dio per il fatto che i fedeli hanno conservato l’attaccamento alla tradizione dell’Oriente cristiano, altamente significativa anche per il rinnovamento della identità culturale di tante nazioni così profondamente ad essa legate. Le direttive emanate lo scorso anno dalla Pontificia Commissione per la Russia al fine di “coordinare l’azione evangelizzatrice e l’impegno ecumenico della Chiesa Cattolica in Russia e negli altri Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)” tengono conto della secolare presenza della Chiesa ortodossa e della dolorosa storia di quelle popolazioni sotto il regime comunista. Indubbiamente l’azione apostolica della Chiesa Cattolica in quelle terre oggi più che mai deve rivestire “una dimensione ecumenica”, capace di favorire in ogni modo il dialogo fra i credenti alla luce dei principi enunciati dal Concilio Vaticano II e dai documenti postconciliari. “La via per realizzare l’unità dei cristiani, infatti, – osserva il Documento della Pontificia Commissione per la Russia – non è il proselitismo, ma il dialogo fraterno tra i discepoli di Cristo, un dialogo nutrito dalla preghiera e sviluppato nella carità, per ristabilire quella comunione piena tra la Chiesa bizantina e la Chiesa di Roma, che esisteva nel primo millennio”. Un dialogo, dunque, da promuovere e incoraggiare ad ogni livello, tra i fedeli cattolici ed ortodossi in spirito di reciproca stima e fiducia, riconoscendosi gli uni e gli altri membri di Chiese “che conservano gran parte del patrimonio comune” e pertanto chiamati a rendere “una testimonianza comune a Cristo, di fronte al mondo, che aspira alla propria unità”. In tale spirito, primo bisogno del mio cuore è di esprimere al Patriarca di Mosca Alessio II il mio più profondo omaggio per i martiri di quella Chiesa che – ne sono convinto – intercedono per noi davanti alla Maestà del Volto divino. Dobbiamo continuamente unirci alla loro intercessione, pregando gli uni per gli altri. Pregando per l’unità di tutti i cristiani.

8. L’intento di affrettare il cammino verso l’unità, condizione indispensabile per un’autentica rinnovata evangelizzazione, ha spinto la Santa Sede a mettere a punto il Direttorio Ecumenico della Chiesa Cattolica, la cui pubblicazione è ormai prossima. Esso vuole offrire una guida sicura, fondata sull’insegnamento del Concilio Vaticano II e sensibile agli sviluppi del movimento ecumenico di questi ultimi anni, per approfondire un dialogo teologico aperto con ognuna delle Comunioni cristiane mondiali. Auspico di cuore che, una volta pubblicato, il Direttorio possa rafforzare lo spirito di amore fraterno e di reciproco rispetto tra i cristiani, nella strada, ardua ma esaltante, che essi sono chiamati a percorrere insieme in vista della piena comunione nella verità e nella carità. 9.“Proclamerò ai popoli il nome del Signore”. Non si arresti la nostra preghiera né si affievolisca la nostra testimonianza. Signore – abbiamo detto all’inizio della celebrazione eucaristica – “concedi anche a noi di essere testimoni della tua verità e di camminare sempre sulla via del Vangelo” (dalla Colletta). Preghiera e testimonianza, “sino all’ultimo giorno”. “Invocando il suo nome”, camminiamo animati dall’ardore dell’apostolo Paolo, che non risparmiò energie per portare al mondo il Vangelo di Cristo. Raccolti in questa antica Basilica romana, rivolgiamoci, carissimi fratelli e sorelle, al Datore di ogni dono perfetto, perché comunichi abbondantemente su di noi il dono del Suo Spirito: Signore, donaci uno Spirito di fede e di conoscenza, donaci uno Spirito di bontà e di generosità, donaci uno Spirito di amore e di unità.

 

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