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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN CRISPINO DA VITERBO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 28 marzo 1993

 

1. “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno” (Gv 11, 25-26). Carissimi Fratelli e Sorelle! La liturgia di questa V domenica di Quaresima non poteva rivolgerci parole più consolanti. La paura della morte minaccia infatti, quotidianamente, il nostro insopprimibile desiderio di vita. Tenuto in scacco da tale ineluttabile prospettiva, l’uomo spesso fa di tutto per rimuoverla dai suoi pensieri. Ma a che serve? La morte rimane sempre in agguato. Solo Gesù può liberare l’essere umano da tale incubo: piangendo la morte dell’amico Lazzaro e richiamandolo alla vita per restituirlo all’affetto dei suoi, Egli si rivela il Signore della vita e il vero amico dell’uomo. Cristo, nel mistero della sua morte e risurrezione, ha ridotto all’impotenza “colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo”, e ha liberato così “quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2, 14-15).

2. Io sono la risurrezione e la vita: credi tu questo? Questa domanda oggi il Signore la rivolge a ciascuno di noi. Nella professione di fede, la Chiesa ci fa ripetere: “Credo la risurrezione della carne e la vita eterna”. Verità fondamentale che sembra talora estranea e incomprensibile alla cultura del nostro tempo, una cultura spesso chiusa al senso della Trascendenza, quasi totalmente centrata sull’esistenza mondana. Ma che cosa sarebbe l’uomo, se tutto si risolvesse nel breve ciclo della sua vita biologica? Il recente Catechismo della Chiesa Cattolica, frutto maturo del Concilio Vaticano II, afferma: “Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterà nell’ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra risurrezione sarà opera della Santissima Trinità: “Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (Rm 8, 11)” (CCC 989). Quale consolante speranza, carissimi Fratelli e Sorelle, irrompe allora nella nostra vita! Questa luminosa verità di fede spalanca dinanzi a noi un meraviglioso orizzonte: la vita oltre la morte! Ed è alla luce di tale verità che assume senso e valore pieno il quotidiano nostro impegno di uomini e di credenti.

3. Gesù scoppiò in pianto (Gv 11, 35). Le lacrime di Cristo di fronte alla morte dell’amico Lazzaro manifestano certamente la sua sensibilissima umanità, ma rivelano pure, per così dire, il “pianto di Dio”, il suo paterno intenerimento, il suo misericordioso giudizio dinanzi a quella più profonda e tragica morte dell’uomo che è il peccato, di cui il disfacimento fisico è conseguenza: La morte – afferma S. Paolo – è il salario del peccato (cf. Rm 6, 23). Col Cristo la Chiesa piange e prega per ogni peccatore, perché sia liberato dalle bende che lo rendono prigioniero e possa uscire dal sepolcro per ritornare alla vita: perché abbia la vita. “Lazzaro, vieni fuori!” (Gv 11, 43). È per noi questo appello di Cristo e della Chiesa. È invito ad abbandonare tutto ciò che frena ed appesantisce il nostro cammino verso la pienezza della grazia battesimale. Già morti al peccato, – ricorda l’Apostolo – come potremo noi ancora vivere nel peccato? “O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6, 3-4). Ecco, carissimi, il dono grande che il Signore ci rinnova con la sua Pasqua: una vita nuova, libera dalla schiavitù della carne e dal disordinato attaccamento ai beni effimeri del mondo. Una esistenza rinnovata e posta sotto il dominio dello Spirito, fonte di amore, di gioia e di pace.

4. Questa inesauribile e radicale liberazione tocca l’intimo del cuore, ma deve necessariamente manifestarsi anche all’esterno, nei comportamenti dei singoli credenti e della stessa comunità. È come popolo, infatti, che siamo stati salvati. Lo ricorda opportunamente il Concilio Vaticano II: “A Dio piacque di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma costituendo di loro un popolo che lo riconoscesse nella verità e santamente lo servisse” (Lumen gentium, 9). Nella Chiesa, dunque, si realizza la sorprendente profezia contenuta nella prima Lettura dell’odierna liturgia: “Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio” (Ez 37, 13). Nell’Antico Testamento, il viaggio degli esuli verso la terra promessa prefigurava l’itinerario della Comunità ecclesiale verso la salvezza. Questo impegno comunitario oggi è più che mai urgente: la Chiesa è, infatti, autentico segno di speranza nell’attuale società, segnata da una crisi morale e sociale di vaste dimensioni. Occorrono comunità cristiane vive, ricche di comunione e di tensione missionaria ed è necessario che tutto ciò rifluisca in ogni campo dell’umana attività, grazie alla testimonianza autentica dei discepoli di Cristo. Un compito certamente arduo, ma affascinante.

5. Non siamo soli, carissimi Fratelli e Sorelle, il divin Maestro ci assicura: “Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete!” (Ez 37, 14). Vorrei che così consolante certezza spirituale sostenesse la fede dell’intera vostra Comunità parrocchiale, dedicata a S. Crispino, un francescano dei Frati Minori Cappuccini, vissuto nel XVIII secolo e da me canonizzato il 20 giugno del 1982. La sua caratteristica peculiare fu la gioia, che gli riempiva il cuore e traspariva dal suo volto. Siamo tutti invitati a vivere questa gioia, che nasce da uno spirito riconciliato con Dio e in pace con i fratelli. Il cristianesimo è novità di vita, e perciò gioia dello spirito pur fra sofferenze e prove. Ecco l’annuncio e la testimonianza che la vostra Parrocchia da circa dieci anni non cessa di rinnovare nella complessa situazione sociale, che caratterizza il vostro quartiere, dove grandi insediamenti popolari hanno aggregato famiglie provenienti da diverse regioni del Sud dell’Italia, alla ricerca del lavoro e di una casa. La popolazione è andata in questo decennio rapidamente crescendo ed oggi supera le 2300 famiglie. Purtroppo, però, la maggior parte dei residenti, per le quotidiane esigenze lavorative è costretta a vivere molte ore della giornata lontano da casa, e ciò rende non facile un costante e proficuo riferimento alla Comunità parrocchiale. La nuova costruzione della Chiesa e dell’edificio parrocchiale sta, tuttavia, favorendo l’allargarsi dei contatti fra i gruppi d’impegno apostolico e fra le famiglie della zona. È sicuramente nella ricerca di un’autentica comunione che deve intensificarsi il vostro impegno pastorale e missionario. Sforzatevi, carissimi Fratelli e Sorelle, di diventare sempre di più, intorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, una vera famiglia, la famiglia dei figli di Dio.

6. A costruire una comunità viva e solidale mira lodevolmente l’intera attività della Parrocchia, che si avvale della collaborazione di diverse realtà ecclesiali, quali la Comunità di S. Egidio, il gruppo Vincenziano e gli Scout facenti capo alla parrocchia di S. Chiara, le Comunità neocatecumenali, il gruppo “Comunità Maria”, i giovani incaricati dell’animazione liturgica. Essa si inserisce, così, nel vostro progetto diocesano che il Sinodo, ormai vicino alla conclusione, sta mettendo in luce con sempre crescente chiarezza. Auguro di cuore che le sue indicazioni trovino pure nella vostra Comunità una pronta e operosa rispondenza. Con tali sentimenti vi saluto tutti, carissimi Fratelli e Sorelle. Saluto il Cardinale Vicario, Camillo Ruini, il Vescovo del Settore, Mons. Enzo Dieci, il vostro parroco, don Vincenzo Lauretti, e i sacerdoti collaboratori. Saluto i Religiosi e le Religiose, come pure i laici attivamente impegnati al servizio dei fratelli. Un pensiero speciale non posso non riservare agli ammalati, ai bambini, agli anziani, a chi soffre per mancanza di lavoro e di casa, come pure ai giovani. Ricordo con particolare affetto gli ospiti di Casa Luciana, assistiti con amore e dedizione dalle Suore di S. Vincenzo de’ Paoli. A ciascuno rinnovo la mia esortazione a proseguire con fiducia e generosità nel cammino di comunione ecclesiale intrapreso e specialmente nell’impegno di solidarietà verso i più disagiati e sofferenti.

7. “Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo” (Gv 11, 27). Questa professione di fede di Marta, sorella di Lazzaro, richiamato in vita da Gesù, è anche la nostra.

“Io sono la risurrezione e la vita”, ci ripete ancor oggi il nostro Redentore. “Chi crede in me non morirà in eterno”. La sua assicurazione colma l’attesa del nostro spirito, risponde all’aspirazione intima di ogni uomo.

Sì, Signore, io credo in te!

Credo nella tua parola e nel tuo amore.

La tua gloria è l’uomo vivente. Amen!

 

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