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VEGLIA DELLA NOTTE DI PASQUA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica di San Pietro - Sabato Santo, 2 aprile 1994

 

1. “Non abbiate paura!” (Mc 16, 6).

Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome sentono queste parole all’ingresso del sepolcro nel quale è stato deposto il corpo di Gesù. Giunte notano il masso del sepolcro rotolato via e la tomba vuota. Sono prese da spavento e stupore. Stupore che cresce all’udire dalla profondità del sepolcro le parole: “Voi cercate Gesù Nazareno, il Crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto” (Mc 16, 6-7). Le donne sono sconvolte e fuggono dal sepolcro, paurose di riferire a qualcuno quanto hanno visto.

2. È proprio questo il momento del mistero pasquale, a cui ci avviciniamo prendendo parte alla solenne veglia della notte di Pasqua. L’evento, descritto dall’evangelista Marco, è semplice e, in pari tempo, sconvolgente.

Per questa ragione la liturgia della veglia pasquale fa riferimento alle forze della natura. In questa notte bisogna richiamarle, perché proprio esse hanno allora reagito. S’è mossa la terra, che ha tremato quando Cristo ha lasciato il sepolcro. Un terremoto ha scosso il masso che ostruiva il sepolcro (cf. Mt 28, 2).

In questa notte la liturgia si rivolge al fuoco, che possiede una potenza misteriosa, potenza benedetta, ma anche potenza che distrugge. Il fuoco consuma e divora ciò che incontra sulla sua strada, ma può essere anche forza benefica per gli uomini. Hanno infatti bisogno del fuoco le membra del corpo umano per riscaldarsi. Il fuoco, poi, illumina scacciando le tenebre e in questa notte la Chiesa lo accende per attingere da esso la luce che, in seguito, accompagna l’assemblea liturgica nel tempio con il canto: “Lumen Christi”. La luce della fiamma diventa simbolo della Risurrezione. La liturgia di questa notte riserva lo spazio maggiore alla forza dell’acqua. L’acqua può essere anche segno della morte. Secondo san Paolo essa è simbolo della morte di Cristo (cf. Rm 6, 3-4) e per passare attraverso questa morte è necessario essere immersi nell’acqua. Immersione nella morte di Cristo che serve non solo per essere lavati, bensì, ed ancor più, per essere vivificati. L’acqua zampillante dalla fonte è refrigerio per il corpo affaticato, di cui ravviva le forze; per questa ragione l’acqua è diventata il segno sacramentale della rinascita per mezzo del battesimo. Con questo sacramento la Chiesa partecipa oggi alla Risurrezione di Cristo.

Per mezzo del battesimo partecipate alla Risurrezione di Cristo voi, fratelli e sorelle, che questa notte riceverete questo sacramento. Il Vescovo di Roma vi saluta cordialmente, mentre vi apprestate ad entrare nella nuova vita. Saluta le Nazioni dalle quali provenite: Corea, Filippine, Giappone, Guatemala, Hong Kong, Italia, Perù, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Svizzera.

3. La nuova vita è sempre fonte di gioia. Abbiamo sentito la gioia della Chiesa nelle parole cantate poc’anzi dal diacono. La prima parola dell’annunzio pasquale è “Exsultet”: una chiamata alla gioia.

La gioia di questa notte è più grande del timore delle donne di Gerusalemme: è la gioia per la vittoria sulla morte e sul peccato. Non esita la Chiesa a cantare: “Felice colpa”; felice perché hai trovato in questa notte il Redentore; perché nella sua morte sei stata vinta. Cristo è risorto ridonando la vita a tutti i discendenti di Adamo.

4. Così dunque la Chiesa, già adesso, durante questa ammirabile veglia pasquale, ci invita tutti alla gioia. Rallegriamoci perché in Cristo la vita è più forte della morte e la salvezza è più forte del peccato.

“Annuntio vobis gaudium magnum, quod est - Alleluia!”.

Siate testimoni nel mondo di oggi della gioia della Pasqua!

 

© Copyright 1994 - Libreria Editrice Vaticana

 



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