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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA
ROMANA DI SANTA MARIA MADRE DELL'OSPITALITÀ
E SAN BERNARDINO DA SIENA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Parrocchia di San Bernardino da Siena - Domenica, 17 aprile 1994

 

“Io sono”. Questa è la parola che ci guida attraverso tutta la Sacra Scrittura. Oggi la ascoltiamo sulla bocca di Gesù Risorto. Ma prima la abbiamo ascoltata dai Padri, soprattutto da Mosè, già in una “teofania” di Dio, quando dal fuoco che ardeva nel roveto si è alzata la voce: “Io sono”. Mosè chiedeva a Colui che parlava il suo nome e la risposta era: “Io sono”. Questa è la rivelazione di Dio. Dio è Colui che si chiama: “Io sono”, Javhè.

È vero che attraverso tutte le creature, attraverso tutto lo splendore, tutta l’immensità del creato, si poteva scoprire anche prima Colui che è, quel “Io sono”. Ma ci è voluto un periodo lungo, fino a quando in persona è venuto Colui che è, per dire a Mosè: “Io sono”; il mio nome è questo: “Io sono”.

Lo diceva ancora prima ad Abramo. Lo ha detto poi, attraverso i Patriarchi, i Profeti, e finalmente lo ha detto in Cristo. Cristo ha usato la stessa parola e per questo è stato anche condannato, perché la parola “Io sono” vuole esprimere il nome di Dio. Cristo usava questa parola in riferimento a se stesso e questo voleva dire che si faceva Dio. Lo hanno condannato, lo hanno messo in croce, lo hanno crocifisso e sepolto. E dopo tre giorni è risorto e con la stessa parola che esprime il suo nome è apparso agli Apostoli: “Io sono”.

Lo vediamo così oggi, lo vediamo nel Cenacolo. Questo “Io sono” è di un Dio incarnato, di un Dio fattosi carne già nella Vergine Maria. Questo “Io sono” è di uno che è capace di essere toccato, visto, ascoltato con le orecchie, che è capace anche di prendere del cibo e mangiare con loro.

Questo è proprio il motivo del nostro incontro.

Siamo qui, insieme, per essere con Lui, per ascoltare questa sua Parola. Gesù lo dirà attraverso la bocca del sacerdote, del Papa: “Ecco il mio corpo, ecco il mio sangue”. Vuol dire: “Io sono”, io sono con voi, io sono per voi, io sono qui per accettare le vostre offerte, le vostre preghiere, le vostre sofferenze, i vostri doni; io sono qui per accettare tutto questo e poi per ridarvi il dono che sono io stesso per tutti voi.

È splendida questa realtà che si chiama Eucaristia, costituita nell’Ultima Cena.

Oggi, nella Liturgia delle Ore, recitata da tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i monaci e anche da molti laici, si ricorda la celebrazione dell’Eucaristia nel secondo secolo. La descrive San Giustino martire e padre apostolico. Si vede che la Liturgia di quasi venti secoli fa era la stessa di oggi. Si celebrava in modo molto simile. La celebrazione dell’Eucaristia in questo modo è una intuizione primitiva uscita dal Cenacolo, per dare spazio centrale a Gesù che dirà: “Io sono: Ecco il mio Corpo, ecco il mio Sangue. Venite, mangiate. Venite, bevete”.

È splendida questa Eucaristia. È splendida questa unità attraverso i secoli, attraverso le generazioni: unità della Chiesa, della comunità, del Popolo di Dio attraverso l’Eucaristia.

In questi giorni partecipo per molte ore al Sinodo africano. I Vescovi di tutta l’Africa sono presenti a Roma per considerare, dibattere, approfondire i problemi della Chiesa nel loro Continente. Questa Chiesa è una delle più antiche, una di quelle apostoliche, se si considera soprattutto l’Etiopia. Ma è anche molto giovane, ha meno di cento anni nella gran parte del Continente. È una Chiesa giovane e robusta, piena di speranza, di dinamismo. Una volta certamente è stata fondata dai missionari europei, da italiani, francesi, tedeschi, polacchi e tanti altri. Anche oggi ci sono diversi missionari. Ma adesso questa Chiesa si prepara ad essere essa stessa missionaria, forse verso di noi. Se a noi mancheranno le forze, sarà la Chiesa d’Africa a venirci in aiuto.

Così è l’Economia divina, tutta radicata nella Parola di Dio: “Io sono”; voi non potete essere senza di me; io sono con voi, io sono per voi, grazie al fatto che voi siete creature, figli e figlie dei vostri genitori ma anche figli di Dio come me.

È stupenda questa realtà della nostra fede. Vi auguro, carissimi, di crescere in questa fede. Da questa fede è originata la Chiesa, la parrocchia di San Bernardino da Siena. Da questa fede è originata anche la parrocchia vicina che ho visitato stamattina, dedicata a Santa Maria Madre dell’Ospitalità. Grazie a Dio sono nate queste parrocchie qui nella periferia di Roma. Il Vescovo di Roma ringrazia il Signore oggi con voi e attraverso di voi per questa nascita di nuove chiese, di nuove comunità in zone che potevano essere abbandonate senza la Parola di Dio, senza l’Eucaristia che c’è adesso.

In mezzo a voi c’è l’Eucaristia, in mezzo a voi c’è il Vescovo di Roma, in mezzo a voi c’è il sacerdote, che è il vostro vicino, il vostro fratello. Sta qui anche per confessarvi. Mi diceva che confessa molto: va sempre un giorno della settimana all’altra parrocchia e confessa dalle nove di mattina alle dieci di sera. Con il Cardinale Vicario e con Monsignor Mani, che è Vescovo Ausiliare per questo Settore, vi esprimo il mio compiacimento e vi dico come Gesù ha detto agli Apostoli radunati nel Cenacolo: “Pace a voi”. Pace all’Italia, pace all’Europa, pace al mondo, pace alla Chiesa! Pace a noi, pace a voi! Amen!

 

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