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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA DEL SOCCORSO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 5 marzo 1995

 

1. “Et ne nos inducas in tentationem...”.

Mercoledì scorso, col rito delle Ceneri, abbiamo iniziato un nuovo cammino quaresimale. Con l’imposizione delle ceneri sul capo dei fedeli, la Chiesa ricorda la fondamentale verità sull’uomo contenuta nelle parole del Libro della Genesi: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai” (cf. Gen 3, 19). In luogo di questa formula, la liturgia ne prevede anche un’altra tratta dal Nuovo Testamento: “Convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1, 15). Questa seconda esortazione mette in risalto il fatto che la Quaresima è un periodo di evangelizzazione particolarmente intensa. Si tratta delle parole, annotate dall’evangelista Marco, con le quali Gesù di Nazaret inaugura la sua predicazione messianica. A tale inizio richiama i nostri pensieri anche la liturgia della Parola dell’odierna prima Domenica di Quaresima.

Gesù, ricevuto il battesimo nelle acque del Giordano, si reca nel deserto. Leggiamo in san Luca: “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto [...]. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame” (Lc 4, 1-2). E proprio la fame costituisce l’occasione della prima tentazione, alla quale l’uomo Gesù di Nazaret si è sottoposto, per iniziare l’opera della nostra Redenzione. È molto importante meditare sul fatto che Gesù, Figlio unigenito del Padre ed allo stesso tempo vero uomo, accetta di essere tentato. Colui che, sulla riva del fiume Giordano, si era unito alla fila dei peccatori per ricevere il battesimo di penitenza da parte di Giovanni, nel deserto dimostra di voler liberare l’umanità dal peccato attraverso una profonda solidarietà con l’uomo peccatore. Proprio per questo accetta l’esperienza di essere tentato. L’uomo infatti pecca perché cede alle molteplici tentazioni che gli si presentano.

2. I racconti evangelici descrivono le tentazioni di Gesù nel deserto facendo riferimento alla triplice concupiscenza che, secondo l’insegnamento di san Giovanni, costituisce lo stimolo del peccato (cf. 1 Gv 2, 16): la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita. Nel brano di Luca, che abbiamo ascoltato, il tentatore fa riferimento a queste tre concupiscenze.

Anzitutto si riferisce alla concupiscenza della carne. Approfittando del fatto che Gesù è stremato dal digiuno, Satana insinua in Lui il seguente pensiero: “Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane” (Lc 4, 3) – naturalmente allo scopo di saziare la tua fame. Si tratta qui di un bisogno naturale, che in sé non ha nulla di riprovevole. Tuttavia Satana attribuisce al bisogno naturale del cibo carattere di tentazione. Perciò Cristo respinge il suo consiglio, apparentemente benevolo, replicando con le parole della Scrittura: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo” (Lc 4, 4).

3. La tentazione successiva corrisponde a ciò che san Giovanni chiama “concupiscenza degli occhi”. Il tentatore conduce Gesù in alto e in un istante gli mostra tutti i regni del mondo dicendo: “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni [...]. Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo” (Lc 4, 6-7). Nell’uomo la concupiscenza degli occhi si accompagna al desiderio, o piuttosto alla bramosia di possedere. Di per sé, il possedere dei beni è una cosa voluta per l’uomo dal Creatore, che sin dall’inizio gli affidò il mondo visibile dicendo: Soggioga la terra! (cf. Gen 1, 28). Tuttavia il legittimo desiderio dei beni, di cui l’uomo ha bisogno per vivere, viene trasformato dalla concupiscenza in bramosia di possesso, in smania di possedere per possedere, per avere il più possibile, per avere tutto. Questo “avere” diventa più importante dell’“essere”, come ha ricordato giustamente il Concilio (Gaudium et Spes, 35). È questa una grande tentazione per l’uomo, ferito e indebolito, dopo il peccato originale. In modo particolare essa è forte nella nostra epoca, che, in un grado finora sconosciuto, ha sviluppato nell’uomo la brama di possedere.

Gesù respinge anche questa tentazione ricorrendo alle parole della Sacra Scrittura: “Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai” (Lc 4, 8). Nel rispondere Gesù non fa riferimento al possesso, ma smaschera il fine per cui il tentatore voleva strumentalizzarlo: servire e adorare ciò che non è Dio. Se l’uomo infatti possiede i beni di questo mondo senza bramosia e con l’aiuto di essi serve Dio e il prossimo, è segno che ha sconfitto la bramosia del possedere.

4. E giungiamo alla terza tentazione, di cui parla l’odierno Vangelo. Satana conduce Gesù a Gerusalemme. Lo pone sul pinnacolo del tempio dicendo: “Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano [...] essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra” (Lc 4,9-11). Questa tentazione corrisponde a quella che san Giovanni chiama superbia della vita e che in tanti modi cerca negli uomini la propria soddisfazione. Per indurre Gesù a cadere in questa insidia, il tentatore si richiama alle parole del Salmo 90, e nasconde il male sotto le apparenze di una sconfinata fiducia nella Divina Provvidenza, sostenuta anche da un sicuro effetto di ammirazione tra la gente: “Guardate, si è gettato dal pinnacolo del tempio e non si è fatto niente!...”. Bisogna ammettere che il tranello è fin troppo evidente. Satana, già due volte sconfitto mediante la Sacra Scrittura, tenta lui stesso di servirsene, ma si condanna così a una replica senza appello: “È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo” (Lc 4, 12). Questa frase può essere intesa in un duplice senso: in primo luogo, essa significa che non è lecito tentare il Signore per soddisfare la propria superbia; secondariamente, con tale divieto Gesù afferma di poter vincere, in quanto Dio, ogni tentazione di Satana.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di Santa Maria del Soccorso, sono lieto di incontrarvi e di celebrare con voi questa prima domenica di Quaresima. Ringrazio il Signore che mi dà modo di riprendere oggi le visite pastorali nelle Comunità parrocchiali della diocesi.

Saluto cordialmente il Cardinale Vicario ed il Vescovo del Settore. Saluto il vostro Parroco e il Viceparroco, che, pur non essendo preti romani, si sono calati pienamente nella realtà del territorio, con la sua storia ed i suoi problemi attuali. Saluto anche tutti gli altri sacerdoti che aiutano specialmente le domeniche nella parrocchia. Rivolgo uno speciale pensiero alle Suore Sacramentine di Bergamo, la cui presenza a Santa Maria del Soccorso risale alle origini del quartiere. In questi sessant’anni, sorrette dall’amore di Cristo Eucaristia, si sono dedicate anzitutto alla formazione delle ragazze e alla cura dei bambini nelle scuole materna ed elementare. Ma esse collaborano all’intera vita della Comunità, nell’intento di farne sempre più una famiglia viva, unita intorno a Cristo. Sono molto grato alla vostra Congregazione, carissime sorelle, per questo grande impegno.

Saluto quanti fanno parte delle diverse Associazioni, Movimenti e Gruppi d’impegno apostolico. Tutti incoraggio a dare grande importanza all’approfondimento della Parola di Dio e a collaborare generosamente con i sacerdoti per la diffusione del Vangelo in tutto il quartiere. Un ricordo particolare va ai giovani, che invito a considerare il sacramento della Cresima come una tappa fondamentale della loro crescita cristiana. Non dimenticate, però, cari giovani, che questo cammino di fede e di vita comunitaria va proseguito con generosità e costanza, cercando di animare con la luce del Vangelo gli ambienti di studio, di lavoro e le molteplici attività sportive e di volontariato alle quali vi dedicate. Vi aspetto poi il prossimo 6 aprile in Vaticano, per l’incontro dei giovani in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù che celebreremo la Domenica delle Palme.

6. “Et ne nos inducas in tentationem”.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Gesù ci ha insegnato a pregare il Padre anche con queste parole: “Non ci indurre in tentazione”. L’odierna prima Domenica di Quaresima costituisce, per più motivi, un particolare richiamo a questa domanda contenuta nella Preghiera del Signore. Oggi infatti ci è stato riproposto il digiuno di quaranta giorni, per mezzo del quale la Chiesa attualizza quello di Cristo nel deserto. Ma soprattutto ci è stato richiamato lo scopo del digiuno, vale a dire la lotta al peccato, il superamento delle tentazioni di vario genere, dalle quali è insidiata la vita dell’uomo.

Le tentazioni provengono da Satana, ma anche – come insegna la Chiesa – dal mondo corrotto e dalla nostra debole natura, che dopo il peccato originale è diventata più incline al male che al bene. Il mondo, come creatura di Dio, è bello e buono. Esso, però, sotto l’influsso di Satana, e a causa della nostra debolezza, è soggetto a molteplici falsificazioni, delle quali l’uomo può cadere vittima a motivo dello stimolo del peccato rimasto in lui come effetto della caduta originale. Questa debolezza viene anche sfruttata dal tentatore che il Vangelo definisce “menzognero e padre della menzogna” (Gv 8, 44).

Questo ci insegna la liturgia dell’odierna prima Domenica di Quaresima. Essa indica allo stesso tempo il mezzo essenziale col quale ognuno di noi può vincere le tentazioni. Tale mezzo è la preghiera. La preghiera infatti è l’invocazione del nome del Signore, e come ricorda san Paolo nella Lettera ai Romani: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Rm 10, 13). Facciamo nostre, pertanto, le parole dell’Apostolo come anche le parole del Salmo: “Mio rifugio e mia fortezza, / mio Dio, in cui confido” (Sal 91, 2).

Auguro a tutti questa confidenza con Dio, questa preghiera che sa vincere e superare tutte le tentazioni della vita.

 

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