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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 29 giugno 1995

 

1. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16).

Oggi la Chiesa ritorna a questa confessione, pronunciata da Pietro nei pressi di Cesarea di Filippo. Questa è la fede del Collegio apostolico, a nome del quale Pietro parla. Questa è la fede di Paolo. Entrambi, Pietro e Paolo, resero ad essa testimonianza fino allo spargimento del proprio sangue. Ciò avvenne, secondo la tradizione, qui a Roma, ai tempi di Nerone, intorno all’anno 67 dopo la nascita di Cristo.

In modo particolare richiamiamo oggi alla memoria Andrea, fratello di Simon Pietro: colui che fu chiamato per primo (Protókletos) e condusse Simone a Cristo. Con intensa emozione evochiamo oggi la sua figura, perché in questo giorno solenne la Chiesa di Roma ospita il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, e la Chiesa da lui presieduta è in modo speciale unita alla persona e al martirio dell’apostolo Andrea.

Sorella nel rendere onore al suo Patrono. Oggi è per noi una gioia grande, nel glorioso ricordo di Simon Pietro, fratello di Andrea, poter ospitare a Roma il Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I di Costantinopoli, la prima Sede nell’ordine delle Chiese ortodosse nel mondo. Insieme ad Andrea, Pietro pronuncia oggi queste parole: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16).

2. Questa confessione schiude davanti a noi il mistero di Dio Padre. Cristo, infatti, rispondendo alle parole di Pietro, disse: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16, 17). Il Padre rivela il Figlio, perché soltanto il Padre conosce il Figlio, come solo il Figlio conosce il Padre (cf. Lc 10, 22). La Chiesa professa questa fede con le parole del simbolo Niceno-costantinopolitano: “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente...”.

È un testo venerando che insieme riconosciamo come espressione normativa e irrevocabile dell’unica fede della Chiesa. Nessuna confessione di fede propria ad una tradizione liturgica particolare può contravvenire a tale fondamentale espressione della fede trinitaria, insegnata e professata dalla Chiesa di tutti i tempi.

3. Al riguardo, occorre dissipare un malinteso, che ancora proietta la sua ombra sui rapporti tra Cattolici ed Ortodossi. A questo fine è stata costituita una Commissione mista, che ha il compito di spiegare, alla luce della fede comune, il significato legittimo e la legittima portata di espressioni tradizionali diverse riguardanti l’origine eterna dello Spirito Santo nella Trinità, espressioni che appartengono ai nostri reciproci patrimoni dottrinali e liturgici. Da parte cattolica, c’è ferma volontà di chiarire la dottrina tradizionale del Filioque, presente nella versione liturgica del Credo latino, così che ne sia messa in luce la piena armonia con ciò che il Concilio ecumenico confessa nel suo simbolo: il Padre come sorgente di tutta la Trinità, unica origine e del Figlio e dello Spirito Santo.

Il Figlio consostanziale al Padre è il Verbo eterno, di cui scrive l’apostolo Giovanni nel Prologo del IV Vangelo, confessando il Verbo che “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). Secondo la tradizione, san Giovanni scrisse il Vangelo ad Efeso, divenendo in questo modo particolarmente caro a tutto l’Oriente cristiano. Il suo Vangelo è luce che illumina la Chiesa in tutto l’orbe terrestre.

Anche noi, Successori di Pietro e di Andrea, uniti oggi nella venerazione dei santi apostoli Pietro e Paolo, desideriamo illuminare il nostro incontro con la luce del Vangelo di Giovanni, affinché sia chiaro per tutti che la stessa verità sul Padre e sul Figlio viene da noi professata e in comune annunziata.

4. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16).

Così confessa Pietro e, insieme con lui, tutta la Chiesa edificata sugli Apostoli. Confessando Gesù di Nazaret come Cristo, la Chiesa annuncia indirettamente anche la verità sullo Spirito Santo. Il nome “Cristo”, dall’ebraico “Messia”, indica infatti colui che viene unto con lo Spirito di Dio. A tale verità diede voce il profeta Isaia, molti secoli prima di Cristo, con le parole che Gesù avrebbe proclamato e portato a compimento all’inizio della sua attività messianica: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4, 18).

Lo Spirito Santo, che il Padre manda nel nome del Figlio (cf. Gv 14, 26), è fonte della vita della Chiesa dal giorno di Pentecoste, conformemente alla promessa del Redentore: “Egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14, 26). Lo Spirito, che guida la Chiesa e l’ammaestra, che consacra i Vescovi come successori degli Apostoli, è oggi in modo particolare con noi, come lo fu con Pietro e Paolo il giorno del loro martirio, quando essi resero la testimonianza definitiva a Cristo e sigillarono col sangue la loro missione, lasciandone l’eredità non soltanto a Roma, ma in tanti altri luoghi del mondo antico.

E quanti di questi luoghi sono proprio in Grecia! Basta elencare le Comunità destinatarie delle Lettere di san Paolo: dal “corpus paolino” emerge quasi una comune tradizione della Chiesa nell’Oriente e nell’Occidente. L’insieme, poi, delle Lettere apostoliche del Nuovo Testamento attesta la sollecitudine per tutte le Chiese, affidate da Dio agli Apostoli e ai loro successori sino alla fine dei tempi.

5. “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16, 18-19).

Sono parole sconvolgenti. L’autorità che Cristo trasmette agli Apostoli, quella delle chiavi del regno dei cieli e quella di legare e di sciogliere, è data ad essi nella persona di Pietro e in unione con lui. Insondabile mistero!

L’odierna festa del martirio dei santi Apostoli rivela qual è il vero senso di tale autorità: essa è servizio. Pietro, Paolo ed Andrea servirono fino allo spargimento del sangue, come per primo aveva fatto Cristo stesso: “Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Gli Apostoli sono stati chiamati a partecipare al servizio del loro Maestro: servizio, per mezzo del quale hanno reso l’estrema testimonianza; servizio che è la loro vera forza, la loro gloria in Cristo morto e risorto.

Oggi vogliamo onorare coloro che nel corso dei duemila anni della nuova era hanno reso e continuano a rendere testimonianza a Cristo in ogni angolo della terra: ad Oriente e ad Occidente, al Nord e al Sud. Vogliamo specialmente onorare quanti hanno reso la loro testimonianza fino allo spargimento del sangue. All’odierno incontro ci siamo preparati ripensando ai percorsi di tale testimonianza, quelli che sono passati attraverso il Colosseo romano e attraverso tanti altri “colossei” sparsi nel mondo. In tale riflessione comune ci è stata d’aiuto la Via Crucis dello scorso anno, i cui testi sono stati preparati proprio dal nostro Fratello Bartolomeo I.

6. La liturgia di oggi, così solenne, si arricchisce di un ulteriore significativo rito: l’imposizione dei palli.

I palli, che il Vescovo di Roma impone oggi sulle spalle dei nuovi Metropoliti, sono espressione di uno speciale vincolo spirituale con la confessione e la testimonianza di san Pietro a Roma e col ministero del suo Successore.

Vi abbraccio con affetto, carissimi Fratelli Arcivescovi, e gioisco per il fatto che voi, inviati a presiedere Chiese Metropolitane in varie parti del mondo, riceverete il pallio in presenza del nostro Ospite, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli.

7. La solennità dei santi Pietro e Paolo invita a riflettere sul cammino compiuto da Pietro e da Paolo seguendo Cristo, dal giorno della loro chiamata fino a quello del loro martirio qui a Roma. La prima lettura dagli Atti degli Apostoli ci ha mostrato san Pietro ancora a Gerusalemme, nella tappa iniziale del lungo pellegrinaggio della Chiesa.

Ascoltiamo insieme le parole di questo passo, che in un certo senso racconta la nostra storia, Venerato Fratello Bartolomeo I. L’ascoltiamo con profonda venerazione ed emozione, mentre l’anno 2000 dalla nascita di Cristo è ormai prossimo. Esso rappresenta una grande sfida per l’intera umanità e specialmente per tutti i cristiani. Quando penso a questo storico traguardo, mi viene alla mente quanto dice il Vangelo di san Luca, circa la missione dei discepoli: “Li inviò a due a due” (Lc 10, 1). Dobbiamo meditare sul significato di tali parole. Non dicono forse che Cristo manda anche noi a due a due come annunciatori del suo Vangelo in Occidente e i Oriente?

Cristo ci invia insieme, affinché insieme Gli rendiamo testimonianza. Non possiamo dunque rimanere separati! Dobbiamo camminare insieme, perché questa è la volontà del nostro Signore. Il mondo deve ricuperare la fede, al termine di questo secondo millennio e all’inizio del terzo! Per questo dobbiamo moltiplicare gli sforzi; dobbiamo attivamente impegnarci per formare veramente una cosa sola, come egli, Cristo, è una cosa sola col Padre (cf. Gv 17, 22).

Presso l’altare della confessione, sopra la tomba di Pietro, preghiamo insieme per tale scopo. Insieme con noi prega tutta la Chiesa all’ovest e all’est, la Chiesa che Cristo ha affidato a noi, come un giorno l’affidò a Pietro e ad Andrea, costituendola, sul fondamento degli Apostoli, via di salvezza eterna per ogni popolo e nazione, sino alla fine del mondo.

 

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