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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN CAMERUN, SUD AFRICA E KENYA

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA ALL’ «UHURU PARK»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Nairobi (Kenya) - Martedì, 19 settembre 1995

 

“Lodiamo il Signore, fonte di vita”.

Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

1. Lo scorso anno la Sessione Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha tenuto le sue sessioni di lavoro a Roma, vicino alla tomba dell’Apostolo Pietro. Ora, un anno dopo, i risultati del Sinodo sono stati raccolti nella Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa e il Successore di Pietro si reca presso la Chiesa in Africa per incoraggiare tutti ad ascoltare il messaggio del Sinodo e a metterlo in pratica. Saluto con gioia il mio caro Fratello, il Cardinale Otunga, i membri della Conferenza Episcopale del Kenya, e anche i Vescovi dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Orientale. Saluto i sacerdoti, i diaconi, i seminaristi, i religiosi e le religiose, i laici, uomini e donne, i giovani e gli anziani. Porgo un cordiale benvenuto ai membri delle altre denominazioni cristiane e ai seguaci di altre tradizioni religiose. Rivolgo uno speciale saluto a Sua Eccellenza il Presidente e alle altre autorità della città e dello Stato per la loro gradita presenza.

Profondamente grato a Dio, effettuo questo viaggio in Africa. Ogni tappa di questo viaggio di celebrazione mette in evidenza ora l’uno ora l’altro dei temi principali del Sinodo: a Yaoundé in Camerun, la vitale questione dell’evangelizzazione della cultura e dell’inculturazione, a Johannesburg, nella Repubblica Sudafricana, la questione della pace e della giustizia nella società e nella Chiesa, e ora qui, a Nairobi, capitale del Kenya, rivolgiamo la nostra attenzione agli agenti di evangelizzazione e in particolare alla famiglia.

2. “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo” (Ef 1, 3).

Con queste parole tratte dalla Lettera agli Efesini, questa Assemblea eucaristica si rivolge al Padre, che la Chiesa prega ogni giorno con le parole della Preghiera del Signore. Ci rivolgiamo a Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo. Attraverso Lui, Verbo Eterno, l’Africa, Continente delle famiglie, delle razze e dei popoli, come l’intera storia umana, viene inserita nel piano eterno di Dio realizzatosi in Cristo, figlio unigenito, nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. I nostri cuori si volgono verso il Padre che, attraverso Cristo, ci ha donato ogni benedizione spirituale, scegliendoci in Lui prima che iniziasse il mondo, e predestinandoci, nella carità, a essere, per opera di Cristo, suoi figli adottivi (cf. Ef 1, 4-5). Grazie all’inesauribile amore di Cristo per noi siamo stati redenti e i nostri peccati sono stati perdonati con il suo sangue. Per questo diciamo: “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

Il Signore Crocifisso e Risorto è diventato Capo della Chiesa, suo Corpo Mistico, che è in pellegrinaggio verso la pienezza dei tempi, l’avvento finale, quando l’intero creato sarà colmo della Gloria del Dio vivente. È questa la fede che professiamo ogni giorno nell’Eucaristia quando dopo la consacrazione diciamo: Cristo è morto, Cristo è risorto, Cristo tornerà.

3. Desidero ardentemente associare a questa Celebrazione Eucaristica qui a Nairobi l’intera grande famiglia dei popoli dell’Africa, iniziando con la popolazione del Kenya.

Cristo è la nostra pace! Popolo del Kenya, non stancarti mai di pregare e di operare per la pace.

Vorrei riunire intorno a questo altare i popoli del Camerun e della Repubblica Sudafricana che ho appena lasciato; i popoli dello Zaire, che hanno ancora delle difficoltà a riunire in modo democratico le loro diverse componenti, e quelli del Congo; quelli del Malawi e del Mozambico, dello Zambia e dello Zimbabwe, del Lesotho e dello Swaziland, del Botswana e della Namibia. Invito ad avvicinarsi a questo altare i popoli dell’Angola, straziati da lunghi anni di guerra civile. Invito i popoli del Sénégal, di Capoverde, di Sao Tomé e Príncipe; i popoli della regione del Sahel, del Burkina-Faso, del Niger, del Mali e della Mauritania.

Invito la Tunisia, il Marocco e l’Algeria, Paesi a maggioranza musulmana, che però hanno conosciuto la presenza del cristianesimo già dai suoi primi secoli di esistenza. Invito la Costa d’Avorio, il Ghana, il Togo e il Bénin; il Gambia, la Guinea-Bissau, la Repubblica di Guinea, la Guinea Equatoriale, il Gabon, la Sierra Leone e la Liberia. Volgendomi al centro dell’Africa, invito i numerosi popoli della Nigeria, con i suoi quasi cento milioni di abitanti, la Repubblica Centroafricana e l’Uganda dei martiri. Mi rivolgo all’Egitto, alla Libia e al Sudan dove, qualche anno fa, ho reso onore alle reliquie della beata Joséphine Bakhita: ancora bambina, era stata venduta come schiava; dopo essere stata riscattata, fu battezzata e divenne una religiosa; condusse una vita esemplare e fu elevata agli onori degli altari per diventare la patrona celeste del suo Paese d’origine tanto tormentato, Patrona celeste del Sudan.

Invito i popoli del Burundi e del Rwanda. Serbo vivi ricordi delle mie visite in questi magnifici Paesi in tempi di pace, mentre oggi pensiamo con tristezza, con preoccupazione al terribile conflitto etnico, ancora latente dopo avere mietuto tante vittime innocenti. Durante il Sinodo per l’Africa noi, Pastori della Chiesa, abbiamo sentito il dovere di esprimere la nostra costernazione, la nostra preoccupazione e di lanciare un appello al perdono e alla riconciliazione: è l’unico modo per dissipare le minacce di etnocentrismo che incombono sull’Africa, etnocentrismo che negli ultimi tempi ha colpito tanto brutalmente il Rwanda e il Burundi.

A questa grande Assemblea eucaristica invito i popoli del Ciad e delle antiche terre dell’Etiopia che sono venuti per unirsi oggi a noi in questa seconda parte della liturgia, della Somalia, dell’Eritrea e del Djibouti. Il nostro pensiero è rivolto anche alla Tanzania, alle pendici del monte Kilimandjaro. Saluto il Madagascar e le Isole dell’Oceano Indiano, con i loro popoli di origine africana e indiana, Maurizio, Réunion, le Seychelles e le Comore.

4. In passato ho potuto visitare molti di questi Paesi ed ho incontrato la grande famiglia dei popoli africani. Spero di potermi recare un giorno dove finora non mi è stato possibile. Ci si chiede spesso: perché il Papa visita tanto spesso l’Africa? Esiste una risposta: l’Africa è il Continente della famiglia e il futuro della missione evangelizzatrice della Chiesa passa attraverso la famiglia.

Nel momento culminante della sua opera di creazione Dio fece l’uomo; “maschio e femmina li creò” (Gen 1, 27). Il libro della Genesi prosegue: “l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gen 2, 24). Attraverso l’unione di marito e moglie continua a rinnovarsi il miracolo della creazione; il miracolo con il quale il Creatore chiama alla vita un nuovo essere, fatto a sua immagine e somiglianza. La coppia sposata, uomo e donna uniti al cospetto di Dio, formano un’unità singolare che deve essere permanente e indissolubile se la famiglia deve diventare una vera comunità di vita e d’amore, se deve garantire il futuro dei suoi figli, se deve essere la “chiesa domestica” e il luogo principale di evangelizzazione, come auspicato dal Sinodo per l’Africa.

La famiglia è fondamentale in Africa! La società africana è profondamente radicata nella famiglia! Si tratta di un tesoro che deve essere conservato e mai sottovalutato, poiché ogni indebolimento della famiglia è fonte di complessi problemi. Se prevale una concezione utilitaristica e materialista della famiglia, i suoi membri tendono ad avere aspettative ed esigenze individualistiche che minano la sua unità e la sua capacità di creare armonia e di educare nella solidarietà. Al contrario, laddove la famiglia viene considerata un valore di per sé, i suoi membri comprendono che il loro bene personale coincide con il loro dovere di amarsi, rispettarsi e aiutarsi reciprocamente. Il loro legame affettivo e il sostegno reciproco li aiutano ad affrontare insieme ogni sfida e a superare molti momenti difficili.

5. Cana in Galilea ci parla della famiglia e dell’evangelizzazione. Gesù vi si era recato insieme a sua Madre e agli Apostoli per assistere a un festa di nozze. Quando sua Madre gli fece notare che non vi era più vino egli trasformò l’acqua in vino. Maria svolse un ruolo particolare in questo primo miracolo di Gesù. La sua sensibilità di madre voleva salvare la coppia dalla vergogna, e sapeva che il Figlio non l’avrebbe tradita. Disse quindi ai servi: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5). Gesù ordina loro di riempire d’acqua le giare e di portarne alcune al maestro di tavola. Dopo averlo assaggiato il maestro di tavola chiamò lo sposo e disse: “Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono” (Gv 2, 10). L’aspetto saliente di questo passaggio è proprio il fatto che il Signore ha iniziato la sua attività messianica partendo dalla famiglia.

Cana in Galilea ci insegna che la famiglia è il primo luogo di evangelizzazione. Ci insegna che mentre entrambi i genitori sono responsabili in ogni cosa concernente la famiglia, è la madre a essere generalmente il primo evangelizzatore. È stata Maria a dire: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5). L’esperienza dimostra che spesso sono le madri cristiane le prime ad insegnare la verità su Dio, le prime a unire le mani dei loro figli nella preghiera e a pregare con loro. Le madri insegnano ai propri figli a distinguere il bene dal male. Insegnano loro i comandamenti di Dio, sia i comandamenti che Dio diede a Mosè sul monte Sinai, sia i comandamenti di amore di Dio e del prossimo che Gesù ha posto al centro della vita morale cristiana. La magnifica vocazione e la responsabilità dei genitori, e in primo luogo delle madri, consistono non solo nel mettere al mondo i figli, ma anche nel guidarli verso la maturità spirituale. La famiglia è l’ambiente naturale nel quale questo compito viene svolto. Il ruolo educativo della famiglia non è mai facile, tuttavia è sempre una impresa umana sublime e nobile.

Prima ancora delle parrocchie e delle scuole sono la madri e i padri a insegnare le Beatitudini enunciate nel Vangelo di oggi. Le Beatitudini rappresentano il programma completo della vita cristiana: della vita in spirito e in verità (cf. Gv 4, 23). C’insegnano a mostrare misericordia, a conservare la purezza del cuore, ad amarci l’un l’altro e a edificare la pace. C’insegnano la povertà di spirito che è la ricchezza più grande della persona. C’insegnano a consolare gli afflitti, ad avere fame e sete di giustizia. C’insegnano la mitezza, quel silenzio interiore che ci dona il controllo di noi stessi e delle situazioni. Parimenti le Beatitudini c’insegnano ad accettare la persecuzione per il bene della giustizia. Questa è la legge di coloro che vanno verso la pienezza del Regno dei Cieli, dove Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi (cf. Ap 21, 4). Per questo motivo Gesù dice: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5, 12).

6. Nel trasmettere lo spirito del Vangelo, le famiglie cristiane trovano un modello perfetto nella Santa Famiglia di Nazaret. Non possiamo credere che la Santa Famiglia fosse esente da problemi, prove difficili e sofferenze. La Santa Famiglia conobbe povertà, pericolo, persecuzione e fuga. Il duro lavoro rappresentava la costante della sua vita quotidiana. Non è dalla mancanza di sofferenze che si misura una felice vita familiare, bensì dal coraggio, dalla fedeltà e dall’amore, l’uno per l’altro e verso Dio, con i quali i membri della famiglia affrontano prove difficili, superandole o accettandole come espressione della volontà di Dio e come opportunità per partecipare al sacrificio redentore fatto da Gesù Cristo.

Nella nostra fede e nella nostra devozione la Santa Famiglia si distingue come Vangelo vivente della Vita, Vangelo del Lavoro e Vangelo dell’Amore. All’inizio e alla fine del recente Anno della Famiglia, iniziativa delle Nazioni Unite che la Santa Sede ha adottato come sfida spirituale e morale, un Legato Pontificio si è recato a Nazaret per dedicare quest’anno in modo speciale alla Santa Famiglia. Proprio durante questo stesso anno si è tenuta la Sessione di lavoro dell’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. È stata un’occasione provvidenziale per i Padri sinodali per sottolineare l’importanza della famiglia nell’evangelizzazione e per vedere la Chiesa stessa come la Famiglia di Dio in Africa e nel mondo.

7. Possano le famiglie africane trovare nella Santa Famiglia di Nazaret la via per un viaggio sicuro attraverso gli sconvolgimenti dovuti al cambiamento sociale che minaccia di privarle materialmente e spiritualmente delle proprie radici!

Possano le famiglie cristiane di questo Continente sperimentare l’effusione della forza e della gioia dello Spirito Santo per il grande compito di essere evangelizzate per essere evangelizzatrici.

Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e ravviva in loro il fuoco del tuo amore. Alleluia. Amen.

 



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