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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA III ASSEMBLEA PLENARIA
DELLA FEDERAZIONE DELLE
CONFERENZE EPISCOPALI DELL'ASIA


Ai miei venerabili e cari fratelli Vescovi
radunati in occasione della Terza Assemblea Plenaria
della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia.

A voi, fratelli, e a tutti gli amati di Dio in Asia, “i quali sono santi per vocazione: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rm 1,7). Nel porgere il mio saluto a voi che siete Pastori delle Chiese locali in Asia, rivolgo il mio saluto anche a tutti i fedeli sparsi per tutto il vostro continente, per i quali voi rappresentate il Buon Pastore, Gesù Cristo.

Mi dà immensa gioia notare che voi avete scelto per le vostre riflessioni pastorali un soggetto di grande importanza e ricco di conseguenze di vasta portata: “La Chiesa, comunità di fede nel contesto dell’Asia”. Questo tema costituisce un adeguato complemento alle vostre discussioni del 1978 sulla preghiera cristiana che costituisce una dimensione essenziale della vita ecclesiale dell’Asia, e che voi in modo così adeguato descrivete quale “nostra consapevole comunione personale con Dio nostro Padre in Cristo Gesù” (Final Statement, 14). Questa comunione personale con Dio è realmente possibile proprio a causa della nostra fede, della nostra libertà nell’accogliere Cristo e la sua parola di salvezza.

Nel vostro sforzo di accentuare una visione della Chiesa come comunità di fede, voi sottolineate un aspetto fondamentale della sua vita e della sua attività, un aspetto che l’intera tradizione della Chiesa ha considerato l’inizio della salvezza e il fondamento e l’origine di ogni giustificazione (cf. Denz.-Schönm. 1532) Cari fratelli, la fede non è soltanto la base della nostra vita cristiana e perciò la base di ogni comunità di seguaci di Cristo, ma è anche, nella potente espressione di san Giovanni, “la vittoria che ha sconfitto il mondo” (1Gv 5,4). La fede pasquale è l’adempimento della volontà di Dio per noi come ci ha insegnato lo stesso apostolo: “E questo è il suo comandamento, che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo...” (1Gv 3,23). Questo Gesù Cristo che noi accettiamo e proclamiamo è colui che “fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio” (2Cor 13,4).

Gesù Cristo è realmente vivo in Asia: egli vive per la potenza di Dio nel vostro popolo che lo accetta nella fede e che è chiamato a vivere e a rendere testimonianza a quella fede, sia come individui che come comunità. Quali Pastori del gregge, vi è stato conferito un particolare carisma pastorale che vi rende capaci, in unione con la Chiesa universale, di aiutare il vostro popolo ad esprimere l’unica fede cattolica nel ricco contesto delle loro culture asiatiche. Nelle membra del suo unico Corpo, l’unica Chiesa – vitalmente presente in tutto il vostro continente in numerose comunità di fede – Cristo indiviso vuole essere e divenire, sempre più, “asiatico”. Ma ciò si può compiere solo mediante la fede della comunità, che a sua volta dipende dalla fedele proclamazione del Vangelo e dal suo essere autenticamente vissuto.

Parlando del mistero rivelato della Chiesa quale comunità locale di fede, noi cogliamo la sfida che ci viene rivolta come Pastori di vivere “nella fede del Figlio di Dio” (Gal 2,20). È solo mediante la fede che noi possiamo conoscere il Gesù che proclamiamo; soltanto mediante la fede noi troviamo la forza e la capacità di rispondere a quel profondo desiderio del popolo, ricordato nel Vangelo e ripetuto in ogni generazione della storia umana: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). Partecipando grazie alla fede ai segreti della sua divina persona e conoscendo il mistero della sua identità di Figlio di Dio e Salvatore del mondo, possiamo procedere con fiducia ad annunciare Cristo e la sua Parola.

Ogni dimensione delle comunità ecclesiali è influenzata dalla fede dei loro Pastori. Per questa ragione l’appello che Cristo ci rivolge perché noi ci impegniamo nell’opera di evangelizzazione, è un appello affinché noi crediamo più fermamente in lui e nella sua Parola. La Chiesa è costruita sulla fede degli Apostoli e la loro personale accoglienza a Cristo. Il benessere della comunità di fede in Asia dipende dalla fede dei Vescovi d’Asia e dalla loro comunione personale col Signore.

È solo nella luce della fede che i grandi problemi della vita ecclesiale possono essere affrontati. È la fede che ci guida in tutti gli aspetti della nostra attività pastorale: nella adorazione divina e nella vita sacramentale, nella preghiera e nella catechesi, nelle nostre relazioni con i sacerdoti e i religiosi, nel nostro ministero verso la famiglia e tutti gli altri gruppi, nell’affrontare i problemi morali e le sfide che concernono il nostro popolo e la loro vita quotidiana. È la fede che ci illumina e ci ispira nel nostro impegno di promozione della persona umana nella sua integralità e nel contributo alla protezione del benessere della società asiatica, dove milioni e milioni di uomini, donne e bambini chiedono che si riaffermi la loro dignità umana e si rafforzi la loro speranza nell’umanità.

Per noi Vescovi, la fede in Gesù Cristo e nella sua parola deve divenire la forza guida delle nostre vite. Che essa debba diventare anche la forza guida delle vite del nostro popolo è ciò che desideriamo promuovere nel nostro sforzo di costruire la Chiesa come comunità di fede nel contesto dell’Asia.

Amati fratelli, sono unito a voi in questo compito apostolico al quale siete stati chiamati e per il compimento del quale abbiamo ricevuto la forza da Dio. Noi lavoreremo insieme nell’unità della Chiesa universale, assistiti dallo Spirito Santo. Noi lavoreremo per la gloria della santissima Trinità e per il bene di tutta l’Asia. E facendo così, sapremo che Gesù Cristo è con noi, che egli è in mezzo a noi.

Perciò, con le parole della lettera agli Ebrei, “corriamo con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12,2). Sì, noi compiremo insieme la nostra corsa tenendo fissi gli occhi su Gesù. E nel suo nome – nel santo nome di Gesù – vi benedico tutti.

Dal Vaticano, 16 ottobre 1982.

GIOVANNI PAOLO II

    

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