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LETTERA GIOVANNI PAOLO II
AL REV.MO PIERINO MORENO, PREPOSITO GENERALE
DELL’ORDINE DEI CHIERICI REGOLARI SOMASCHI

 

Al Rev.mo Pierino Moreno
preposito generale dell’Ordine dei Chierici Regolari Somaschi.

1. Cinquecento anni fa nasceva a Venezia san Girolamo Emiliani: questa ricorrenza ci induce a riflettere sul modo in cui Dio si servì d’un uomo semplice, che a lui s’era consacrato senza riserve, come strumento per accrescere la propria gloria e farlo segno dell’amore ch’egli porta ai suoi figli, specialmente ai più derelitti. Noi pertanto, mentre partecipiamo alla gioia dell’Ordine dei Chierici Regolari Somaschi e delle altre Famiglie religiose che seguono il santo come loro guida e modello, cogliamo l’occasione che ci viene offerta per manifestare quanta stima abbia la Chiesa per l’opera apostolica, che essi svolgono, ed esprimere i sentimenti che ci suggerisce questo avvenimento. Noi li esortiamo vivamente a perseverare sulla via da lui segnata e a suscitare sempre e dappertutto la fiamma della carità evangelica, di cui ardeva san Girolamo, padre e rifugio dei poveri.

La via percorsa da lui affascinò i suoi contemporanei e non cessa di affascinare anche gli uomini del nostro tempo. Dopo essere stato liberato dal carcere per intercessione della Beata Vergine Maria nel 1511 durante la guerra detta della “Lega di Cambrai”, piacque al benignissimo Iddio di muovergli perfettamente il cuore e con sante ispirazioni trarlo a sé dalle occupazioni del mondo. Si dedicò allora con tutte le forze a condurre una vita davvero cristiana e raggiungere il proprio perfezionamento spirituale.

Quando Dio prese totalmente possesso del suo spirito, il Signore gli porse l’occasione “d’imitare più da vicino Cristo, il suo nuovo capitano” (Vita del clarissimo Signor Girolamo Miani gentil huomo venetiano). Questa occasione fu appunto l’incontro con i poveri durante la carestia che nel 1528 afflisse l’Italia. Migliaia di persone si rifugiarono allora a Venezia per sfuggire alla fame. Al veder quei poveri aggirarsi per la città, Girolamo fu colpito nel suo intimo dalle parole del Vangelo: “Se vuoi esser perfetto, va’ a vendere ciò che possiedi e da’ il ricavato ai poveri . . . poi vieni e seguimi” (Mt 19, 21). In pochi giorni distribuì in elemosine tutto il danaro che possedeva, vendette tutta la suppellettile della sua casa per aiutare i poveri: dava loro da mangiare, li vestiva, li difendeva, li ospitava nella propria casa, curava e confortava i malati e di notte seppelliva i cadaveri abbandonati per la strada.

Particolari cure rivolse poi ai ragazzi e alle ragazze rimasti orfani e privi di qualunque aiuto. Fondò quindi a Venezia il primo orfanotrofio.

Con l’aiuto di san Gaetano Thiene e di Giovan Pietro Carafa, che fu poi sommo pontefice col nome di Paolo IV, maturò l’idea di condividere in tutto la vita con i poveri, indossò l’abito dei poveri, andò a vivere con loro e non si vergognò di chieder per essi l’elemosina e abbandonò la propria casa col proposito di non tornarvi mai più.

2. Per disposizione di Dio s’incamminò per nuove strade: nel 1532 fu chiamato a Bergamo dal Vescovo di quella città per organizzare opere di carità in quella diocesi; ivi perciò attese a svolgere la salutare sua attività a vantaggio degli orfani, dei malati, delle vedove e delle meretrici.

Nelle campagne poi trovò un’altra forma di povertà: l’ignoranza religiosa. Organizzò allora delle vere missioni catechistiche, per le quali si servì anche dei suoi ragazzi come di nuovi apostoli del Vangelo. Alla fine dell’anno 1533 lasciò Bergamo e s’impegnò nelle medesime opere a Milano, Como, Pavia, Brescia e Verona. Nel 1534 si ritirò nel piccolo villaggio di Somasca, ove trascorreva la vita prestando il suo aiuto agli orfani e ai poveri, curando i malati, insegnando il catechismo ai contadini in assoluta povertà, penitenza, solitudine e nella contemplazione delle realtà divine. Nel mese di gennaio del 1537, mentre curava i colpiti dalla peste, cadde anch’egli in questa malattia, a causa della quale morì nel Signore nella notte tra il 7 e l’8 febbraio. Le sue ultime parole furono: “Seguite Cristo, servite i poveri. Gesù, Maria!”.

Il 14 marzo del 1928 il papa Pio XI, di felice memoria, proclamò san Girolamo Emiliani “patrono universale degli orfani e della gioventù abbandonata”. Così la sua carità illimitata e la sua intercessione presso Dio si estende con tutta ragione anche ai ragazzi e alle ragazze di oggi, che si trovano in condizioni di miseria. Stimolato dall’urgenza dei bisognosi e dalla realtà della vita d’ogni giorno il santo uomo attingeva continuamente ispirazione dal Vangelo, sforzandosi di ricondurre l’uomo a Dio, promovendone le condizioni materiali e spirituali. Per lui l’uomo si realizza nella sua vita di cristiano, che deve vivificare tutte le fasi dell’educazione, tenendo conto delle inclinazioni naturali e favorendo, in modo responsabile, lo sviluppo delle doti largite a ciascuno dal Padre celeste. San Girolamo si dedicò interamente a quest’opera profondendo agli altri l’amore straordinario che nasce dalla carità verso Dio e si nutre di essa, che richiede fedeltà, prontezza al sacrificio e dedizione fino alla morte, amore pieno di comprensione e di attenzione, ma nello stesso tempo forte e capace di spingere a compiere i propri doveri. A tutti coloro, dunque, che sono impegnati nel campo dell’educazione rivolgiamo la nostra paterna esortazione che seguano questo maestro e amino di tutto cuore i piccoli, ai quali si dedicano, fino a dare per essi la propria vita, come fece san Girolamo.

3. Quest’uomo straordinario è il fondatore dell’Ordine religioso dei Padri Somaschi. Quando egli iniziò la sua opera in soccorso degli orfani, si convinse che gli erano necessarie persone che fossero sempre interamente disponibili e preparate per quest’opera, senza esser legate da altri impegni, come anch’egli si era spogliato di tutto. Dai sacerdoti e laici che, mossi dallo Spirito del Signore e affascinati dal suo esempio, si unirono a lui, ebbe origine la “Compagnia dei servi dei poveri”, che nel 1540 fu approvata dal papa Paolo III e nel 1568 fu inserita dal papa san Pio V gli Ordini dei Chierici Regolari. Un mese prima di morire, san Girolamo tracciò per questi suoi figli la seguente regola di vita: essi si sono offerti a Cristo, abitano nella sua casa, mangiano il suo pane, si fan chiamare “servi dei poveri” di Cristo. Per esser fedeli a questa vocazione, essi devono esser pieni di carità, umiltà, mansuetudine, benignità, pazienza, comprensione della fragilità umana, zelo per la salvezza dei peccatori, devozione, mortificazione, povertà, purezza, obbedienza alle regole della vita cristiana e ai pastori della Chiesa, pieni d’un ardente desiderio di attrarre gli uomini a Dio.

Mosso dall’amore di cui ardeva il fondatore, l’Ordine ha poi dilatato gli spazi della sua carità e, oltre all’impegno di assistere gli orfani e la gioventù abbandonata, ha contribuito all’istituzione di seminari nelle diocesi secondo i decreti tridentini, all’educazione e istruzione dei giovani nelle scuole e nei collegi, alla cura delle anime nelle parrocchie e nel ministero sacerdotale. In questo secolo l’Ordine ha varcato i confini dell’Italia e ha fondato case nella Spagna, nell’America meridionale, centrale e settentrionale. Sono sorte anche altre famiglie religiose che si ispirano al carisma di san Girolamo.

Cari figli di san Girolamo Emiliani! Noi vi esortiamo che nel vostro cammino terrestre teniate fisso lo sguardo ai fondamenti del vostro Ordine “che sono risplendenti di santità e di perfezione di vita” (cf. Fonti per la storia dei Somaschi, 7, p. 11). Come era solito esortarvi il padre vostro, confidate nel Signore benignissimo e abbiate speranza in lui solo, poiché tutti coloro che sperano in lui non resteranno confusi in eterno. Il Signore allora vi colmerà della sua carità e continuerà a glorificarsi in voi per mezzo del vostro caro e tanto amato padre. E perché più facilmente meritiate di ottenere questa grazia, venerate con sincera devozione la Madre delle grazie, che liberò san Girolamo dai lacci delle occupazioni terrene.

4. Questo santo - come abbiamo già accennato - col suo esempio accese d’amore verso i fratelli di Cristo più piccoli anche l’animo di molti laici. Questi, animati da un forte impegno di vita veramente cristiana, costituirono delle associazioni, chiamate in italiano “Compagnie”, che accoglievano tra i loro membri persone d’ogni ceto sociale. Esse avevano lo scopo di fare dei loro membri degli autentici cristiani secondo il Vangelo mediante un’intensa vita religiosa, che esercitassero con solerzia le opere di misericordia verso i poveri e gli abbandonati. Esse, per parte loro, si adoperarono in modo particolare a far sorgere in Italia le scuole della dottrina cristiana, le quali contribuirono in larga misura al rinnovamento religioso del popolo italiano nel secolo XVI. Oggi, alla luce del Concilio Vaticano II, anche i fedeli che non appartengono allo stato clericale o religioso, hanno acquistato una maggiore consapevolezza d’esser chiamati a partecipare alla missione per la santificazione del mondo e a manifestare Cristo con la testimonianza della loro vita e con la luce delle loro opere. L’esempio meraviglioso di san Girolamo Emiliani, laico e animatore di laici, li aiuti a capire più profondamente le parole di Cristo che ha voluto identificarsi con i più piccoli dei suoi fratelli, e li stimoli a impegnarsi nelle opere destinate ad alleviare le necessità umane, opere tenute in particolare onore dalla Chiesa.

Se dunque guardiamo l’itinerario spirituale di san Girolamo, questi ci si manifesta come un santo capace di stimolare gli uomini del nostro tempo. Egli quasi parla loro esortandoli ad abbracciare con sincera carità e aiutare con le opere coloro che versano nelle strettezze, specialmente i più piccoli. Possa la celebrazione del V centenario della sua nascita far risplendere di nuovo la luce che infiammi, illumini, sospinga il popolo di Dio!

Mentre nell’animo nostro riecheggiano questi sentimenti, impartiamo di tutto cuore a te, diletto figlio, e a tutti i tuoi confratelli la benedizione apostolica, che desideriamo estendere a tutte le altre famiglie religiose, che hanno san Girolamo come loro maestro di vita.

Dal Vaticano, 11 gennaio 1986.

GIOVANNI PAOLO II

 

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