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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II IN OCCASIONE
DEL IX CENTENARIO DELLA MORTE DEL PATRONO DI MANTOVA

 

1. La diocesi di Mantova si appresta a ricordare degnamente, con solenni celebrazioni liturgiche e con adeguate iniziative culturali, il nono centenario del “dies natalis” del suo patrono principale sant’Anselmo da Baggio, e in tale significativa ricorrenza desidero partecipare alla gioia di tutte le componenti di codesta comunità diocesana, che venera in sant’Anselmo un luminoso riflesso della santità di Dio e del Figlio suo Gesù Cristo.

Novecento anni non hanno appannato tale luce, che anzi splende tuttora vivida a rischiarare i nostri passi non meno di quelli dei suoi contemporanei. Né potrebbe essere altrimenti: mutano nei secoli le condizioni di vita, ma non muta, nel profondo, il cuore dell’uomo, con le sue grandezze e le sue miserie, così come non muta l’amore di Dio nei suoi confronti. I santi sono tali perché, nelle forme e negli ambiti propri a ciascuno, hanno validamente operato nel fare in modo che tutti gli uomini possano e vogliano beneficiare della volontà salvifica di Dio.

Le vie, lungo le quali sant’Anselmo ha camminato, sono molteplici e differenziate; ma a ben guardare, sono tutte riconducibili a un unico motivo ispiratore: il bene della santa Chiesa, che egli amava presentare allo Sposo divino “senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 27). Di qui il suo duplice impegno, volto, per così dire, sia all’esterno sia all’interno della comunità dei fedeli.

Con la parola, gli scritti e ogni altra attività suggerita dal suo zelo, in esemplare integrità di costumi, egli operò a sciogliere la Chiesa dai vincoli ad essa imposti dalle potenze terrene, perché riacquistasse appieno quella libertà, di cui Cristo l’ha dotata, e che è condizione indispensabile per l’adempimento della sua missione. Nel contempo, poiché coloro che facevano soffrire la Chiesa erano pure sempre suoi figli, e sovente - duole ancor più ricordarlo - erano purtroppo tra coloro che avrebbero dovuto pascere nella verità e nella carità il gregge di Cristo, con sollecitudine paterna e fraterna, sant’Anselmo fece ricorso a tutti i mezzi in suo potere per convincerli dell’errore ed esortarli a ravvedersi, assicurandoli dell’immutato affetto della Madre comune.

All’interno, intanto, con non minore sollecitudine egli andò esplicando tutte le doti del buon pastore, nel provvedere ai poveri, nel dirigere le anime, nel celebrare i sacri riti. Di particolare spicco è anche la sua opera canonistica, svolta non soltanto con profonda dottrina, ma con l’afflato spirituale che nasceva dal suo amore indefettibile alla Chiesa, a cui intendeva offrire ragioni per rafforzarne le strutture, ribadirne le certezze, illuminarne i divini fondamenti. Costretto, a motivo della fedeltà alla Chiesa e al Papa, ad abbandonare la sede di Lucca di cui era legittimo pastore, fu nominato legato pontificio per la Lombardia. Fissò così la sua residenza a Mantova, da dove svolse un ampio ministero a servizio della Chiesa universale, secondo gli incarichi affidatigli dal Romano Pontefice.

I suoi rapporti con il successore di Pietro, e in specie con san Gregorio VII, varrebbero più ampie considerazioni. In breve, possiamo con ragione affermare che essi costituiscono come la sintesi dell’opera di sant’Anselmo, poiché egli vedeva in Pietro il fulcro della Chiesa quale Cristo la volle: di qui il costante proposito nel santo per assicurarne la libertà e per farne il fondamento dell’unità dei fedeli.

Unità e libertà della Chiesa: ecco l’impegno di tutta la vita di sant’Anselmo, impegno perseguito con forza e con coraggio fino al sacrificio. Con queste parole, il mio predecessore san Pio X, quando era ancora a Mantova, elogiava il santo che celebriamo: “Egli ha trasmesso ai posteri un nome glorioso, perché in nessuna cosa fu inferiore ai primi banditori del Vangelo, e difensore della Chiesa, zelatore della salute delle anime poté ripetere come san Paolo: «Nihil minus fui ab iis, qui sunt supra modum Apostoli» (cf. 2 Cor 12, 11); degno per questo della riconoscenza non di Mantova solo, ma di tutti i popoli” (cf. ASDM, FCV, Serie Mons. G. Sarto, a. 1894).

2. I fedeli di codesta illustre e antica diocesi hanno la ventura di contemplare il loro santo patrono nella sua incorrotta presenza corporea, quale si venera con tanto devoto rispetto nella cattedrale, e di ammirarlo come ripresentato in tante degne ed esemplari figure, che hanno arricchito nei secoli codesta Chiesa particolare: il beato Giovanni Cacciafronte, il beato Giacomo Benfatti, il venerabile Francesco Gonzaga, san Luigi Gonzaga, compatrono della diocesi; e per venire a tempi più recenti, il vescovo Giovanni Corti, il vicario Luigi Martini, nonché la fulgida gemma di san Pio X, che alla diocesi di Mantova donò le primizie del suo straordinario zelo episcopale. Mantova conserva anche una particolare venerazione al simulacro di Maria santissima, Incoronata Regina, rivelatasi a sant’Anselmo quasi a manifestare a tutti quale tenera devozione egli nutrisse verso di lei, che fu indubbiamente una delle fonti prime a cui il santo attinse per confortare il proprio zelo pastorale.

Maria santissima, Madre della Chiesa, non mancherà certamente di sostenere il pastore, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, le religiose e i laici di codesta diocesi nel perseguire gli stessi ideali del suo devoto, Anselmo, ideali che appaiono oggi non meno validi dei tempi della “riforma gregoriana”: libertà della Chiesa dai tanti condizionamenti e seduzioni del mondo; unità della Chiesa intorno ai legittimi pastori, con sincerità di mente e disponibilità di cuore secondo la volontà di Gesù, che “tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21.22); “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati” (cf. Gv 15, 12); unità soprattutto intorno all’Eucaristia, in quanto - come ha scritto sant’Anselmo - “Convivium Domini est unitas corporis Christi non solum in sacramento altaris sed etiam in vinculo pacis” (S. Anselmi Collectio canonum, XII, 60: Vat. lat. 1363, f. 220 r).

Nel corso dei secoli, la Chiesa mantovana ha cercato di fare proprie le scelte di fondo, religiose ed ecclesiali, tipiche del santo che essa venera come patrono principale. La difesa della sana dottrina, sia da parte dei pastori che dei fedeli della città lombarda, si è tradotta in un impegno del tutto particolare per la catechesi. Così dal Catechismo diocesano, voluto dal cardinale Ercole Gonzaga, e ampiamente ripreso dopo il Concilio di Trento nel cosiddetto “Catechismo Romano”, attraverso una serie di ottimi testi di catechesi, si è giunti al Catechismo diocesano, pubblicato da mons. Giuseppe Sarto e offerto più tardi, in larga parte, alla Chiesa universale col nome di “Catechismo di Pio X”. I fedeli e il clero di Mantova, in fervida comunione fra di loro e in serena unione con i loro pastori, si sono sempre adoperati a difendere la vita cristiana dai richiami della seduzione del denaro e di un facile edonismo, nonché di ideologie che, propugnando ambigui concetti di libertà o parziali visioni dei problemi sociali, hanno di fatto mediato una visione totalizzante della vita e della società, fondata sul secolarismo e sul materialismo pratico. La Chiesa di Mantova ha avuto sempre quale punto di onore la salvaguardia gelosa della propria identità e della propria originale tradizione religiosa ed ecclesiale dai tentativi di quanti avrebbero inteso condurla verso scelte comprensive di tutti gli aspetti della vita, volte fatalmente a compromettere la propria libertà e la stessa purezza della fede cattolica.

Auspico pertanto che codesta diocesi, sulle orme dei Padri e sull’esempio di sant’Anselmo, renda sempre più solida la comunione di intenti e di cuori, che deve impegnare tutti, clero e fedeli, attorno al vescovo, maestro e guida, per dare l’esempio luminoso di una comunità viva nella fede, unita nella carità, una comunità impegnata a tutti i livelli ad approfondire, nella continua e organica catechesi, le ragioni della propria fede e della propria speranza, per far diventare il messaggio di Gesù Cristo lievito purificatore e fecondatore dell’autentico progresso umano e sociale.

Con tali voi, invoco dal Signore, per intercessione di sant’Anselmo, larga effusione di favori celesti su di lei, venerato fratello, e su tutti i membri della diocesi di Mantova, mentre a conferma della mia benevolenza imparto di cuore l’implorata benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 31 gennaio 1986, ottavo di Pontificato.

GIOVANNI PAOLO II

 

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