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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
A S.E. JAVIER PÉREZ DE CUELLAR,
SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

 

A sua eccellenza
Javier Pérez de Cuellar
segretario generale delle Nazioni Unite.

Quest’anno segna l’anniversario dell’istituzione della missione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Con questo scritto, signor segretario generale, desidero non soltanto commemorare questa importante data, ma anche riaffermare l’importanza attribuita dalla Santa Sede e dalla Chiesa cattolica all’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Fu nel 1964 che il mio predecessore Paolo VI decise di istituire una missione “ad hoc” presso l’ONU. Lo fece alla luce dei nuovi orientamenti che stavano nascendo all’interno della Chiesa e per rispondere all’apprezzamento manifestato dalla comunità internazionale nei confronti dell’impegno della Santa Sede a favore della pace e della solidarietà tra le nazioni. Nell’inviare un osservatore presso la sua Organizzazione, egli intendeva dimostrare l’interesse della Santa Sede verso tutte le iniziative che miravano alla promozione della crescita umana, sociale, culturale, politica e morale della comunità delle nazioni. Egli desiderava inoltre rendere più efficace il contributo della Chiesa all’interno delle deliberazioni dell’ONU in questioni di interesse mondiale.

Naturalmente la Santa Sede aveva spesso preso parte in passato alle discussioni che miravano ad una più profonda comprensione di problemi connessi con l’ordine morale, come l’aiuto ai bisognosi e i problemi della pace. Ma lo aveva fatto solo con interventi straordinari, laddove l’istituzione di un ufficio permanente consentiva ovviamente una presenza più significativa.

L’idea di Paolo VI fu presto confermata dal Concilio Vaticano II che invitava tutta la Chiesa a collaborare nell’edificazione della comunità internazionale: “La Chiesa, in virtù della sua missione divina, predica il Vangelo e largisce i tesori della grazia a tutte le genti. Contribuisce così a rafforzare la pace in ogni parte del mondo, ponendo la conoscenza della legge divina e naturale a solido fondamento della solidarietà fraterna tra gli uomini e tra le nazioni” (Gaudium et Spes, 89). Lo stesso Concilio dichiarò anche: “La Chiesa deve essere assolutamente presente nella stessa comunità dei popoli, per risvegliare e incitare gli uomini alla cooperazione vicendevole” (Gaudium et Spes, 4).

Come lei sa, signor segretario generale, la missione permanente della Santa Sede ha partecipato alla vita della comunità internazionale in questi ultimi venticinque anni. Lo ha fatto mantenendo il suo status di osservatore. Questo status le consente una attiva presenza, e insieme salvaguarda la sua possibilità di mantenere l’istanza di universalità che la sua propria natura richiede. Come risultato, essa è diventata punto di riferimento per le sfere sia spirituali che temporali, nel momento in cui ciascuna si impegna con le sue modalità specifiche per gli stessi obiettivi (Allocutio in Palatio Nationum Unitarum ad earundem Nationum Legatos habita, die 2 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 522 ss.).

Nell’ultimo quarto di secolo, la Santa Sede ha seguito da vicino il difficile cammino percorso dall’ONU. Ha condiviso la gioia dei suoi molti notevoli successi, come pure il dolore e l’ansia causati dalle molte violazioni della pace ed ostacoli al progresso che ha dovuto affrontare in questo periodo.

Le Nazioni Unite si sono giustamente assunte il compito di dirigere l’attenzione mondiale sui problemi e le questioni urgenti che stanno di fronte al genere umano, in particolare quelli relativi ai conflitti regionali, l’ambiente, il traffico di droga, i diritti delle donne, i bambini, i senza tetto e gli handicappati. Con un impegno concertato, l’ONU ha spesso portato nuova luce in minacciosi orizzonti con nuova speranza e senso di sicurezza. Questo ruolo in grande espansione, è stato di recente riconosciuto nell’attribuzione del Premio Nobel per la pace alla forze di sicurezza dell’ONU.

In questa occasione, posso ripetere, signor segretario generale, quanto scrissi nella lettera del 6 aprile 1982, sulla disponibilità della Santa Sede nell’offrire piena collaborazione all’ONU in quei campi che sono in armonia con la missione specifica della Chiesa, e in particolare nelle questioni legate alla pace e alla giustizia, i diritti umani e l’aiuto ai poveri.

Dato l’indiscutibile impegno dell’ONU in questi campi, e conscio della sollecitudine della Chiesa per il bene di tutti, sono lieto di richiamare le parole dette dal Papa Paolo VI nel memorabile discorso del 4 ottobre 1965, in cui parlò dell’ONU come “il passo obbligatorio per una moderna civiltà e per una pace mondiale”. Facendo eco a questa convinzione, e con rinnovati auguri per il suo impegno per il bene dei popoli e del mondo, invoco su di lei, signor segretario generale, e su tutti coloro che lavorano per la pace che è frutto della giustizia, la benedizione dell’Onnipotente.

Dal Vaticano, 15 maggio 1989.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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