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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI DELLA DIOCESI DI ROMA

 

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Dio che è in Roma,

1. Il passaggio di consegne, che avviene nell’ufficio del mio primo collaboratore per la guida della diocesi, mi induce a rivolgervi questa lettera per riflettere con voi sul cammino che ci attende e per proporre alcune linee orientatrici che diano slancio e vigore al comune impegno, diretto a favorire lo svolgimento del Sinodo diocesano e la costruzione di una comunità ecclesiale sempre più unita nella verità e nella carità di Cristo e in grado, quindi, di sempre meglio servire Dio e gli uomini nell’opera della nuova evangelizzazione.

Vi saluto tutti con grande affetto, assicurandovi che la diocesi di Roma occupa un posto specialissimo nel mio cuore, nei miei pensieri e nella mia sollecitudine pastorale.

2. Desidero innanzitutto rinnovare l’espressione della mia viva, personale gratitudine al Signor Cardinale Ugo Poletti, che per oltre 12 anni mi è stato accanto nella quotidiana dedizione a questa amata Chiesa di Roma, spendendosi senza riserve in una generosità pastorale che sembrava non avvertire stanchezza. La sua conoscenza dei sacerdoti e delle parrocchie, come di tutte le forze vive, religiose e laiche, che compongono il tessuto diocesano, mi è stata di fondamentale aiuto nel progressivo avvicinamento alla realtà cittadina. La sua sensibilità pastorale, aperta a cogliere ogni fermento che veniva manifestandosi nel contesto ecclesiale e civile della città, mi ha offerto illuminanti suggerimenti per le decisioni da prendere nelle diverse situazioni. Il suo zelo generoso, sempre disposto a farsi carico delle molteplici incombenze connesse con l’ufficio, mi è stato di grande sollievo nell’adempimento dei doveri derivanti dall’universale ministero che la successione all’apostolo Pietro comporta. Sia dunque ringraziato il Cardinale Poletti per quanto ha fatto e, attraverso lui, sia ringraziato il Signore che ha voluto farmi dono della familiarità e della collaborazione di un così valido Uomo di Chiesa.

Voglio, poi, rivolgere un fraterno saluto al nuovo Pro-Vicario, Monsignor Camillo Ruini, che ritengo persona particolarmente preparata per assumere l’importante e delicato incarico. Chiedo per lui l’abbondanza dei doni dello Spirito perché, unitamente ai Vescovi Ausiliari, possa attivamente lavorare alla vostra edificazione e godere della vostra piena e fiduciosa collaborazione.

3. La realtà della Chiesa di Roma è per molti versi singolare. Anzitutto, per essere la Sede del Successore di Pietro, partecipe quindi del carattere universale del suo ministero. Proprio per questo essa è chiamata ad una speciale esemplarità cristiana, perché a lei giustamente guardano tutte le altre Chiese, come a quella che presiede nella carità” (Sant’Ignazio di Antiochia, Ad Romanos, saluto iniziale).

Ma questo ruolo esemplare essa deve esercitare nella situazione complessa e in certo senso unica di una città come Roma, dove la grandezza della tradizione religiosa e civile è vissuta nella realtà di una metropoli moderna, che è capitale di un’importante Nazione, sede di attività politica e di vita culturale e centro ormai di molteplici iniziative economiche, anche nei settori più avanzati.

Questa stessa città sente in maniera acuta i disagi e le fatiche della convivenza quotidiana, è afflitta da disuguaglianze stridenti e da molteplici forme di povertà e di emarginazione. Pur essendo ricca di vitalità cristiana - per vari aspetti oggi più che nel passato -, conosce la sfida massiccia della secolarizzazione, che si concretizza in una condotta di vita “come se Dio non esistesse” e porta con sé la crisi di tante famiglie, la perdita in molti giovani del senso e del gusto della vita, l’offuscarsi di valori fondamentali, come il rispetto della vita umana e la solidarietà sociale, per giungere fino alle forme più gravi della delinquenza organizzata.

4. Proprio in questa situazione, carissimi fratelli e sorelle, la Chiesa di Roma è chiamata a far convergere in uno slancio unitario le molteplici energie che lo Spirito Santo le ha donato, le ricchezze della sua nobilissima tradizione e i frutti del rinnovamento conciliare, per far giungere a tutti l’annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, unico Redentore dell’uomo. Ciò suppone la proposta di itinerari di educazione alla fede che, partendo dalla famiglia e dalla prima formazione dei bambini, si sviluppino in forme proporzionate alle tappe dell’iniziazione cristiana, e culminino in una rinnovata e capillare catechesi dei giovani e degli adulti, illuminando con l’integrale verità della fede gli interrogativi della coscienza e le difficoltà della vita.

5. Per essere autenticamente missionarie, le nostre comunità ecclesiali dovranno rivolgersi ad ogni persona con quello sguardo di amore e quella prontezza al servizio che il Maestro divino ci ha insegnato. Per grazia di Dio sono già molte e forti le testimonianze di condivisione e di solidarietà operosa della Chiesa di Roma verso i fratelli più deboli, i poveri, i sofferenti: esse devono continuare ed aumentare.

Nello stesso tempo, e col medesimo spirito, l’impegno apostolico e la sollecitudine pastorale vanno orientati verso quegli ambiti nei quali si costruisce preferenzialmente il futuro della città, permeandoli col fermento del Vangelo, per porre così le premesse di un futuro veramente cristiano.

Mi riferisco in particolare alla pastorale della famiglia, chiamata a far crescere progressivamente la capacità delle famiglie cristiane di essere soggetti attivi di evangelizzazione e di solidarietà nei confronti delle altre famiglie; a una pastorale giovanile, che si preoccupi di promuovere luoghi di socializzazione e formazione cristiana aperti alla generalità dei giovani; a una pastorale della cultura, che sappia incarnare la fede e l’etica cristiana negli sviluppi sempre nuovi delle attuali conoscenze e possibilità di azione, realizzando una presenza missionaria nelle istituzioni -a cominciare dalle Università -deputate alla elaborazione e trasmissione del sapere.

6. Il Sinodo diocesano, come comune cammino e impegno apostolico di tutte le componenti della Chiesa di Roma, è la sede naturale nella quale questi orientamenti pastorali devono confluire, per trovare pratica attuazione. È un Sinodo per tutto il popolo di Dio e di tutto il popolo di Dio che è in Roma, nel quale ciascuna persona e famiglia cristiana, le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni e i movimenti ecclesiali sono chiamati a vivere più profondamente e nel segno di una più forte comunione, secondo l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, la propria vocazione apostolica e missionaria.

In questo invito al cammino comune, un pensiero particolare va ai parroci e alle parrocchie di Roma: sono i pilastri su cui si regge la pastorale quotidiana ed a loro è anzitutto affidata anche la svolta verso una pastorale maggiormente missionaria, grazie alla quale le parrocchie sappiano penetrare negli ambienti di lavoro, di educazione e di cultura, come nei luoghi della sofferenza, e così in certo senso cercare e trovare se stesse al di fuori di se stesse, secondo il mandato apostolico del Signore risorto, che ci comanda di “andare” alla ricerca di ogni fratello.

Con i parroci ricordo tutti i sacerdoti e quanti, nei seminari della diocesi, si preparano al sacerdozio: la capacità di “andare” nel nome del Signore presuppone di aver dimorato a lungo, nella preghiera, nello studio sacro, nella vita comunitaria, vicino al Signore.

7. Carissimi fratelli e sorelle, per il Sinodo diocesano come per tutta la vita e l’azione della Chiesa la preghiera è l’anima e la forza decisiva. Al termine di questa lettera rinnovo dunque il pressante invito alla preghiera insistente per il Sinodo e per la Chiesa di Roma: è un impegno di tutti, ed è un particolare appello che il Vescovo di Roma rivolge alle comunità di vita contemplativa.

Affido le intenzioni di questa lettera e il nostro cammino di Chiesa all’intercessione sommamente efficace di Maria Santissima nostra Madre e nostra Fiducia, Salvezza del Popolo Romano e Madonna del Divino Amore, e all’immenso coro di preghiera che sale incessantemente al Padre dagli Apostoli Pietro e Paolo e da tutti i Santi e le Sante che hanno fecondato con il loro sangue e le loro virtù la terra di Roma.

Quale rinnovato pegno del mio affetto, imparto a tutti voi la benedizione apostolica, propiziatrice di copiosi favori celesti.

Dal Vaticano, 19 gennaio 1991.

GIOVANNI PAOLO II

 

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