Index   Back Top Print

[ IT ]

LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A MONSIGNOR VINKO PULJI
Ć,
IN OCCASIONE DI UN TRIDUO DI PREGHIERA

 

Al Venerato Fratello Vinko Puljić,
Arcivescovo di Vrhbosna, Sarajevo

Conservo sempre vivo nella memoria il ricordo dello speciale Incontro di preghiera che, otto mesi or sono, nei giorni 9-10 gennaio ci vide raccolti ad Assisi ad implorare da Dio, per l’Europa e particolarmente per i Balcani, il grande dono della pace. Le suppliche allora innalzate, e quelle di quanti nell’intero Continente, accogliendo l’invito ad essi rivolto si unirono con partecipazione corale a tale iniziativa, non sono certo cadute inascoltate. Esse tuttavia non hanno finora ottenuto che le resistenze opposte dall’egoismo, presente in troppi cuori, vengano definitivamente superate. Bisogna che le voragini scavate dall’odio siano colmate dall’amore. Per questo occorre perseverare nella preghiera, chiedendo con rinnovata insistenza a Colui che ha Progetti di pace e non di sventura” di voler finalmente concedere a quanti confidano in Lui “un futuro pieno di speranza” (Ger 29, 11).

Opportunamente pertanto è stato indetto per i primi giorni del prossimo mese d’ottobre un nuovo incontro di preghiera che avrà luogo in codesta Città di Sarajevo, tanto duramente svenata dalle presenti vicende belliche. Auspico che l’incontro renda davanti al mondo una nobile testimonianza di fede e di coraggiosa speranza. Voglia venerato fratello, assicurare i partecipanti della mia spirituale vicinanza nella preghiera per il ritorno della pace in tutta la regione.

Da più d’un anno, purtroppo, siamo testimoni di una terrificante progressione, che aggiunge orrore ad orrore: migliaia di morti sui campi di battaglia, vittime ancor più numerose tra i civili donne violentate bambini straziati crimini innominabili in spregio di ogni norma etica e di tutte le convenzioni umanitarie. E a ciò s’aggiungono devastazioni d’ogni genere: chiese e moschee profanate monumenti artistici e centri di cultura rasi al suolo, ospedali, cliniche, abitazioni miseramente distrutte.

Questa tragedia ci colpisce tutti e tutti ci amareggia profondamente: non solo quanti vi sono coinvolti direttamente per la perdita dei propri cari, le ferite riportate, i danni subiti; ma anche tutti noi che attraverso i mezzi di comunicazione sociale siamo testimoni delle terribili conseguenze di un odio che pare non conoscere limiti. La comunità internazionale, le Chiese, non possono tacere davanti a simili aberrazioni che interpellano la coscienza umana: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?” (cf. Gen 4, 10).

Il Vescovo di Roma, per parte sua, non ha mancato, sin dall’inizio del conflitto, di far eco ad un simile interrogativo, invitando tutte le parti ad avere il coraggio della pace e sostenendo gli sforzi della comunità internazionale nell’assecondare il processo di pace e nel venire in aiuto alle vittime del conflitto. In particolare, Egli ha cercato in ogni modo di riprendere su questo tema il dialogo con i fratelli nella fede, esortando ciascuno a porre ogni impegno nella ricerca di vie idonee per la riconquista di un così grande bene. Non può, infatti, mancare uno sforzo comune in tal senso da parte di coloro a cui Cristo ha affidato “la sua pace” sulla terra.

Di fronte alla parola del Maestro divino non è possibile non domandarsi: facciamo abbastanza per questa pace? preghiamo abbastanza insieme? Di questo infatti c’è soprattutto bisogno: di una grande preghiera comune, affinché “laddove ha abbondato il peccato sovrabbondi la grazia” (cf. Rm 5, 20). La pace è grazia, è dono di Dio: con essa bisogna collaborare senza stancarsi.

La sofferenza per la guerra che da tanti mesi dilania una larga zona dei Balcani fa elevare più insistente la nostra preghiera a Colui che “ci dona la pace” (Gv 14, 27) affinché liberi i cuori dall’odio e dalla violenza e li disponga a pensieri di reciproca tolleranza e di condivisione.

Nei territori della ex Jugoslavia vivono popoli di antica tradizione e cultura: ci sono cristiani sia cattolici che ortodossi, ci sono musulmani, ci sono ebrei. Le differenze esistenti tra loro non devono costituire stimolo all’odio e alla vendetta, ma semmai occasione di reciproco arricchimento. Il passato ha offerto la prova che i rapporti di buon vicinato erano possibili. Tali rapporti erano favoriti dal vivo senso di patriottismo, che portava ciascun cittadino, nonostante la differente confessione religiosa, a riconoscersi parte integrante della medesima nazione. Il patriottismo è infatti il retto e giusto amore della propria identità quale membro di una determinata comunità nazionale. Negazione del patriottismo è il nazionalismo: mentre il patriottismo, amando ciò che è proprio, stima anche ciò che è altrui, il nazionalismo disprezza tutto ciò che non e proprio. Ciò che è altrui, se non riesce a distruggerlo, cerca di appropriarselo.

La nostra preghiera per la pace nei Balcani deve oggi concentrarsi su questa dimensione più profonda del conflitto, che ha la sua sede nel cuore umano. È dal cuore che procedono i sentimenti di odio, di vendetta, di sopraffazione che stanno all’origine delle iniziative belliche. Supplichiamo il Signore per la trasformazione dei cuori, per il superamento dell’odio, per il rispetto dei diritti dell’uomo e delle nazioni, che nelle loro diversità manifestano l’inesauribile ricchezza dell’“umano”, nella varietà delle sue espressioni culturali, sociali, storiche. La storia ci dice che gli autentici valori umani, se possono essere provvisoriamente calpestati e sopraffatti, alla fine prevalgono: il bene ha in definitiva la meglio sul male, l’amore sull’odio, la saggezza sulla follia dei conflitti.

Tutta la Chiesa – particolarmente quella che testimonia la sua fede in Cristo sul territorio del vecchio Continente – eleva a Dio ferventi preghiere affinché torni presto la Pace tra le popolazioni della Bosnia-Erzegovina, tra la Serbia e la Croazia, tra quanti sono chiamati, nei Balcani, a costruire assieme un futuro di benessere e di prosperità.

Raccomandiamo una così nobile ed urgente causa alla Madre di Cristo, Regina della Pace. A Lei vogliamo rivolgere, nella recita del Santo Rosario durante il prossimo mese di ottobre, la nostra insistente preghiera affinché, tra quelle popolazioni tanto provate, ritorni finalmente la gioia di una rinnovata intesa per un cammino di operosa concordia e di pace.

Invochiamo in nostro aiuto tutti i Santi che hanno recato un Particolare contributo alla storia della salvezza nei Balcani: i santi fratelli Cirillo e Metodio Apostoli dei popoli slavi; san Sava, padre della Chiesa ortodossa serba, san Nikola Tavelìc e il beato Agostino Kazotic, venerati dalla Chiesa di Croazia e, più vicini a noi, i numerosi martiri che, in tutta l’Europa centrale, hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo sotto la persecuzione della recente dittatura ateistica.

Nonostante le gravi difficoltà dell’ora presente, noi non perdiamo la fiducia nell’uomo, perché riponiamo la nostra speranza in Dio, che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16), Gesù Cristo Nostro Signore, “che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo” (Ef 2, 14): Egli è “la nostra pace” (ibid).

Su di Lei, venerato fratello, e su quanti si riuniranno costì in preghiera per implorare il dono della pace, invoco la benedizione di Dio onnipotente e misericordioso.

Dal Vaticano, 29 settembre 1993.  

IOANNES PAULUS PP. II

 

© Copyright 1993 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana