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LETTERA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
AL NUNZIO APOSTOLICO IN POLONIA
IN OCCASIONE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE
SU "CONFLICT OF INTEREST AND ITS SIGNIFICANCE
IN SCIENCE AND MEDICINE"*

 

Al Rev.mo Józef Kowalczyk
Nunzio Apostolico in Polonia

Sono lieto di apprendere che lei parteciperà alla Conferenza internazionale che si terrà a Varsavia il 5 e 6 aprile 2002 sul tema "Conflitto di interessi e suo significato nella scienza e nella medicina", e le chiedo di volere gentilmente trasmettere i miei cordiali e migliori auguri agli organizzatori e ai partecipanti. Il tema della Conferenza merita di essere portato all'attenzione della società in generale. Infatti si tratta di una questione che non riguarda solo la programmazione e lo sviluppo della ricerca medica e della scienza, ma anche il benessere dei popoli e la dignità e il prestigio stessi della conoscenza scientifica. Di recente la questione è emersa come uno dei problemi etici più gravi di fronte ai quali si trova la comunità internazionale.

Nelle società progredite la ricerca, e specialmente la ricerca biomedica, è uno dei campi più estesi e dinamici dell'innovazione e del progresso, attirando investimenti da parte sia degli enti pubblici sia dai gruppi privati, spesso di carattere multinazionale.

Sebbene sia certamente giusto che un'azienda nel campo della ricerca biomedica o farmaceutica cerchi un lecito profitto sugli investimenti, talvolta accade che gli interessi economici prevalenti portino a decisioni contrarie ai valori umani autentici e alle esigenze di giustizia, esigenze che non possono essere scisse dal fine stesso della ricerca. Il risultato può essere un conflitto tra gli interessi economici da una parte e la medicina e l'assistenza sanitaria dall'altra. La ricerca in questo ambito deve essere svolta per il bene di tutti, compresi coloro che sono privi di mezzi.

In altre parole, esiste il rischio che le attività a sfondo scientifico e le strutture per l'assistenza sanitaria possano nascere non per offrire la migliore assistenza possibile alle persone conformemente alla loro dignità umana, bensì per massimizzare i profitti e far aumentare gli affari, con un prevedibile abbassamento della qualità del servizio per coloro che non possono pagare.
In questo modo, nel campo della scienza e della medicina si crea un conflitto d'interessi tra la ricerca e il trattamento corretto delle malattie - che è ciò di cui si occupa la ricerca scientifica e medica - e l'obiettivo economico di trarre profitto.

Oggi questo conflitto appare evidente in molti modi specifici. Prima di tutto, può essere osservato nella scelta dei programmi di ricerca, laddove i programmi che promettono un rapido profitto sono spesso preferiti ad altre ricerche che comportano costi più alti e un maggiore investimento di tempo perché rispettano le esigenze dell'etica e della giustizia. Spinta dalla ricerca del profitto e provvedendo a quella che potrebbe essere definita "la medicina dei desideri", l'industria farmaceutica ha favorito una ricerca che ha già collocato sul mercato mondiale prodotti contrari al bene morale, inclusi quelli che non rispettano la procreazione e addirittura sopprimono la vita umana già concepita.

Mentre la ricerca biomedica continua a perfezionare metodi di fecondazione artificiale umana, sono pochi i fondi e le ricerche destinati alla prevenzione e al trattamento dell'infertilità. La decisione recente in alcuni Paesi di utilizzare gli embrioni umani, o addirittura di produrli, per clonarli così da ottenere cellule staminali per fini terapeutici, è sostenuta da grandi investitori. Tuttavia, i programmi eticamente accettabili e scientificamente validi che utilizzano le cellule adulte per le stesse terapie, con non minore successo, attirano meno sostegni poiché promettono profitti minori.

Un altro esempio di tale conflitto d'interessi è il modo in cui vengono stabilite le priorità per la ricerca farmaceutica. Nei Paesi industrializzati, per esempio, si spendono grandi somme per produrre medicine che servono a fini edonistici o per immettere sul mercato marche diverse di medicine già esistenti e altrettanto efficaci; mentre nelle aree più povere del mondo non vi sono medicine per il trattamento di malattie devastanti e mortali. In questi Paesi è quasi impossibile accedere anche alle medicine essenziali perché manca il movente del profitto. Allo stesso modo, nel caso di alcune malattie rare, l'industria non offre sostegni finanziari per la ricerca e la produzione dei medicinali perché non vi sono prospettive di profitto:  si tratta delle cosiddette "medicine orfane".

L'etica stessa della ricerca può essere minata dal conflitto d'interessi di cui stiamo parlando, come quando, per esempio, i gruppi finanziari affermano il proprio diritto di permettere la pubblicazione dei dati di ricerca a seconda che tali dati siano o meno nell'interesse dei gruppi stessi.

Anche l'assistenza medica negli ospedali è sempre più soggetta agli imperativi del contenimento dei costi. Sebbene sia giusto evitare sprechi nel fornire l'assistenza sanitaria e i trattamenti, non è giusto negare cure adeguate o permettere che il livello del trattamento venga abbassato per ottenere maggiori profitti economici.

L'elenco di tali conflitti senza alcun dubbio si allungherà se si permetterà che l'approccio utilitaristico prevalga sull'autentica ricerca della conoscenza. Questo è ciò che accade quando, per esempio, i mezzi di comunicazione, spesso finanziati dagli stessi interessi economici, suscitano aspettative esagerate e generano una specie di consumismo farmacologico. Al contempo essi tendono a passare sotto silenzio quei mezzi atti a tutelare la salute che esigono che le persone agiscano in modo responsabile e con autodisciplina.

Affinché la scienza conservi la sua autentica indipendenza e i ricercatori la loro libertà, occorre dare la priorità ai valori etici. Assoggettare qualsiasi cosa al profitto significa una vera perdita di libertà per lo scienziato. E coloro che vorrebbero sostenere la libertà scientifica appellandosi a una "scienza libera dai valori" spianano il cammino alla supremazia degli interessi economici.

In una prospettiva più ampia, la preminenza del movente del profitto nel condurre una ricerca scientifica significa, in ultima analisi, che la scienza viene privata del suo carattere epistemologico, secondo il quale il suo fine principale è la scoperta della verità. Il rischio è che quando la ricerca prende una svolta utilitaristica, la sua dimensione speculativa, che è la dinamica interiore del percorso intellettuale dell'uomo, viene ridotta o soffocata.

Perché alla ricerca scientifica in campo biomedico venga restituita la sua piena dignità, i ricercatori stessi devono impegnarsi a fondo. Spetta soprattutto a loro custodire gelosamente e, se necessario, reclamare il significato essenziale di quella padronanza e di quel dominio sul mondo visibile che il Creatore ha affidato all'uomo come compito e dovere. Come ho scritto nella mia prima Lettera Enciclica Redemptor hominis, tale significato "consiste nella priorità dell'etica sulla tecnica, nel primato della persona sulle cose, nella superiorità dello spirito sulla materia" (n. 16). Perciò, ho aggiunto, "bisogna seguire attentamente tutte le fasi del progresso odierno:  bisogna, per così dire, fare la radiografia delle sue singole tappe proprio da questo punto di vista" (ibidem).

Anche le autorità pubbliche, quali custodi del bene comune, devono svolgere un ruolo nell'assicurare che la ricerca sia diretta al bene delle persone e della società e nel moderare e conciliare le pressioni di interessi divergenti. Pubblicando linee guida e destinando fondi pubblici in conformità ai principi della sussidiarietà, esse devono sostenere attivamente quei campi della ricerca che non vengono finanziati dagli interessi privati. Devono essere pronte a impedire la ricerca che lede la vita e la dignità umana o che ignora i bisogni dei popoli più poveri del mondo, che in genere sono meno bene attrezzati per la ricerca scientifica.

Nel porgere i miei migliori auguri per il successo di questa importante Conferenza, desidero ribadire che la Chiesa guarda agli scienziati e ai ricercatori con speranza e fiducia. In tal senso rinnovo l'invito che ho rivolto agli intellettuali cattolici nella mia Lettera Enciclica Evangelium vitae, e lo estendo a tutti i ricercatori di buona volontà:  possiate voi rendervi "attivamente presenti nelle sedi privilegiate dell'elaborazione culturale, nel mondo della scuola e delle università, negli ambienti della ricerca scientifica e tecnica", profondamente impegnati a essere "a servizio di una nuova cultura della vita con la produzione di contributi seri, documentati e capaci di imporsi per i loro pregi al rispetto e all'interesse di tutti" (n. 98). È in virtù di questa ampia visione dell'impegno a favore della verità e del bene comune che la ricerca e la conoscenza medica hanno scritto pagine di autentico progresso, meritando il riconoscimento e la gratitudine dell'umanità.

Con queste riflessioni invoco l'assistenza di Dio Onnipotente sul lavoro della Conferenza e imparto di cuore la mia benedizione a tutti coloro che vi partecipano.

Dal Vaticano, 25 marzo 2002

GIOVANNI PAOLO PP. II


*L'Osservatore Romano 12.4.2002 p.7.

 

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