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MIGRANTI IRREGOLARI

Messaggio del Papa Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale dell'Emigrazione

 

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Il fenomeno delle migrazioni, con le sue complesse problematiche, interpella oggi più che mai, la Comunità Internazionale e i singoli Stati. Questi tendono per lo più ad intervenire mediante l'inasprimento delle leggi sui migranti ed il rafforzamento dei sistemi di controllo delle frontiere e le migrazioni perdono così quella dimensione di sviluppo economico, sociale e culturale che storicamente possiedono. Si parla, infatti, sempre meno della situazione di «emigranti» nei paesi di provenienza, e sempre di più di «immigrati», con riferimento ai problemi che essi suscitano nei paesi in cui si stabiliscono.

La migrazione va assumendo i connotati di emergenza sociale, soprattutto per la crescita dei migranti irregolari, crescita che, nonostante le restrizioni in atto, appare inarrestabile. L'immigrazione irregolare è sempre esistita ed è stata spesso tollerata perché favorisce una riserva di personale da cui poter attingere a mano a mano che i migranti regolari salgono nella scala sociale e si inseriscono in modo stabile nel mondo del lavoro.

2. Oggi il fenomeno dei migranti irregolari ha assunto proporzioni rilevanti, sia perché l'offerta di manodopera straniera diventa esorbitante rispetto alle esigenze dell'economia, che già stenta ad assorbire quella interna, sia a causa del dilatarsi delle migrazioni forzate. La necessaria prudenza che la trattazione di una materia così delicata impone non può sconfinare nella reticenza o nell'elusività; anche perché a subirne le conseguenze sono migliaia di persone, vittime di situazioni che sembrano destinate ad aggravarsi, anziché a risolversi. La condizione di irregolarità legale non consente sconti sulla dignità del migrante, il quale è dotato di diritti inalienabili, che non possono essere violati né ignorati.

L'immigrazione illegale va prevenuta, ma occorre anche combattere con energia le iniziative criminali che sfruttano l'espatrio dei clandestini. La scelta più appropriata, destinata a portare frutti consistenti e duraturi a lungo termine, è quella della cooperazione internazionale, che mira a promuovere la stabilità politica e a rimuovere il sottosviluppo. L'attuale squilibrio economico e sociale, che in grande misura alimenta le correnti migratorie, non va visto come una fatalità, ma come una sfida al senso di responsabilità del genere umano.

3. La Chiesa considera il problema dei migranti irregolari nella prospettiva di Cristo, che è morto per raccogliere in unità i figli di Dio dispersi (cfr Gv 11, 52), per ricuperare gli esclusi e avvicinare i lontani, per integrare tutti in una comunione fondata non sull'appartenenza etnica, culturale e sociale, ma sulla comune volontà di accogliere la parola di Dio e di ricercare la giustizia. «Dio non ha preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a quanlunque popolo appartenga, è a Lui accetto» (At 10, 34-35).

La Chiesa agisce in continuità con la missione di Cristo. Essa si domanda in particolare come venire incontro, nel rispetto della legge, a persone cui è proibita la permanenza sul territorio nazionale si chiede, inoltre, quale sia il valore del diritto all'emigrazione senza il correlativo diritto di immigrazione; si pone il problema di come coinvolgere in questa opera di solidarietà le Comunità cristiane spesso contagiate da un'opinione pubblica talvolta ostile verso gli immigrati.

Il primo modo di aiutare queste persone è quello di ascoltarle per conoscere la loro situazione e di assicurare, qualunque sia la loro posizione giuridica di fronte all'ordinamento dello Stato, i mezzi di sussistenza necessari.

È quindi importante aiutare il migrante irregolare a svolgere le pratiche amministrative per ottenere il permesso di soggiorno. Le istituzioni a carattere sociale e caritativo possono prendere contatto con le autorità per cercare, nel rispetto della legalità, le opportune soluzioni ai vari casi.

Uno sforzo di questo tipo va fatto soprattutto a favore di coloro che, dopo una lunga permanenza, si sono radicati nella società locale a tal punto che un ritorno al paese di origine equivarrebbe ad una forma di emigrazione a ritroso, con gravi conseguenze specie per i figli.

4. Allorché non si intraveda alcuna soluzione, quelle stesse istituzioni dovrebbero orientare i loro assistiti, eventualmente anche fornendo un aiuto materiale, o a cercare accoglienza in altri paesi o a riprendere la strada del ritorno in patria.

Quello delle migrazioni in generale, e dei migranti irregolari in particolare, è un problema per la cui soluzione gioca un ruolo rilevante l'atteggiamento della società di arrivo. In questa prospettiva è molto importante che l'opinione pubblica sia ben informata sulla reale condizione in cui versa il paese di origine dei migranti, sui drammi in cui essi sono coinvolti e sui rischi che comporta il ritornarvi. La miseria e la sventura da cui sono colpiti costituiscono un motivo in più per venire generosamente incontro agli immigrati.

È necessario vigilare contro l'insorgere di forme di neorazzismo o di comportamento xenofobo, che tentano di fare di questi nostri fratelli dei capri espiatori di eventuali difficili situazioni locali.

Per le notevoli proporzioni che il fenomeno dei migranti irregolari ha assunto, occorre che le legislazioni dei paesi interessati vengano, per quanto è possibile, armonizzate, anche allo scopo di meglio distribuire i pesi di una soluzione equilibrata. Occorre evitare di ricorrere all'uso di regolamenti amministrativi, intesi a restringere il criterio dell'appartenenza familiare, con la conseguenza di spingere ingiustificatamente fuori dalla legalità persone, a cui nessuna legge può negare il diritto alla convivenza familiare.

Adeguata protezione va assicurata a coloro che, se pur fuggiti dai loro paesi per motivi non previsti dalle Convenzioni Internazionali, di fatto potrebbero correre un serio pericolo per la loro vita qualora fossero costretti a ritornare in patria.

5. Esorto le Chiese particolari a stimolare la riflessione, a dare direttive e a fornire informazioni per aiutare gli operatori pastorali e sociali ad agire con discernimento in una materia tanto delicata e complessa.

Quando la comprensione del problema è condizionata da pregiudizi ed atteggiamenti xenofobi, la Chiesa non deve mancare di far sentire la voce della fraternità, accompagnandola con gesti che attestino il primato della carità.

Il grande rilievo che in tale situazione di precarietà assumono gli aspetti assistenziali non deve far passare in secondo piano il fatto che anche fra i migranti irregolari molti sono cristiani cattolici che spesso, in nome della stessa fede, cercano pastori d'anime e luoghi in cui pregare, ascoltare la parola di Dio e celebrare i misteri del Signore. È dovere delle diocesi venire incontro a queste attese.

Nella Chiesa nessuno è straniero, e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e in nessun luogo. In quanto sacramento di unità, e quindi segno e forza aggregante di tutto il genere umano, la Chiesa è il luogo in cui anche gli immigrati illegali sono riconosciuti ed accolti come fratelli. E compito delle diverse diocesi mobilitarsi perché queste persone, costrette a vivere fuori dalla rete di protezione della società civile, trovino un senso di fraternità nella comunità cristiana.

La solidarietà è assunzione di responsabilità nei confronti di chi è in difficoltà. Per il cristiano il migrante non è semplicemente un individuo da rispettare secondo le norme fissate dalla legge, ma una persona la cui presenza lo interpella e le cui necessità diventano un impegno per la sua responsabilità. «Che ne hai fatto di tuo fratello?» (cfr Gv 4, 9). La risposta non va data entro i limiti imposti dalla legge, ma nello stile della solidarietà.

6. L'uomo, specie se debole, indifeso, respinto ai margini della società, è sacramento della presenza di Cristo (cfr Mt 25, 40.45). «Questa gente che non conosce la legge è maledetta» (Gv 7, 49), avevano sentenziato i farisei riferendosi a coloro che Gesù soccorreva anche oltre i limiti stabiliti dalle loro prescrizioni. Egli, infatti, è venuto a cercare e a salvare chi era perduto (cfr Lc 19, 10), a recuperare l'escluso, l'abbandonato, il rifiutato dalla società.

«Ero forestiero e mi avete ospitato» ( Mt 25, 35). È compito della Chiesa non solo riproporre ininterrottamente questo insegnamento di fede del Signore, ma anche indicarne l'appropriata applicazione alle diverse situazioni che il variare dei tempi continua a suscitare. Oggi il migrante irregolare ci si presenta come quel «forestiero» nel quale Gesù chiede di essere riconosciuto. Accoglierlo ed essere solidali con lui è dovere di ospitalità e fedeltà alla propria identità di cristiani.

Con questi voti imparto a quanti sono impegnati nel campo delle migrazioni la Benedizione Apostolica, in pegno di abbondanti ricompense celesti.

Dal Vaticano, 25 Luglio 1995, diciassettesimo anno di Pontificato.



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